Ordinanza n. 438 del 2001

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ORDINANZA N.438

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 449 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 7 dicembre 2000 dal Tribunale di Siena nel procedimento penale a carico di J. E. H., iscritta al n. 138 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 ottobre 2001 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.

Ritenuto che il Tribunale di Siena, con ordinanza del 7 dicembre 2000, ha sollevato, in riferimento al "principio di ragionevolezza della norma penale" e al principio di necessaria proporzione tra reato e sanzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 449 del codice penale (Delitti colposi di danno), relativamente all’ipotesi di incendio colposo;

che il giudice rimettente osserva che la fattispecie colposa del reato di incendio, oggetto del giudizio penale principale, é equiparata, quanto alla pena stabilita dall’impugnato art. 449 cod. pen. [reclusione da uno a cinque anni], a una serie di altre ipotesi di disastro – tra le quali il giudice a quo enumera i reati di strage, di disastro ferroviario o aviatorio, di naufragio - che, nella loro forma dolosa, sono invece punite assai più severamente dell’incendio doloso;

che, ritenendo corretta "giuridicamente e nella sostanza" la differenziazione tra l’incendio e gli altri delitti sopra detti se realizzati nella loro forma dolosa, il rimettente si duole della assimilazione dei medesimi fatti se realizzati nella forma colposa, sollevando pertanto il dubbio di costituzionalità della norma incriminatrice da cui detta parificazione deriverebbe, sotto il profilo della violazione del principio di ragionevolezza della legge penale, quale espresso dalla giurisprudenza costituzionale in tema di necessario bilanciamento tra disvalore del fatto e sanzione;

che – prosegue il giudice rimettente - la sproporzione tra il fatto (il reato di incendio colposo) e la sanzione per esso prevista apparirebbe in modo ancor più evidente, "per esempio", alla luce del raffronto tra la pena minima stabilita per l’ipotesi colposa di reato in esame (un anno di reclusione) e quella, anch’essa minima, stabilita per il reato di omicidio colposo (sei mesi di reclusione), nonostante che quest’ultimo sia un reato contro la persona che, secondo il Tribunale, appare ictu oculi di maggiore gravità rispetto all’incendio colposo, reato di pericolo contro l’incolumità pubblica;

che per le anzidette argomentazioni il giudice rimettente ritiene che il bilanciamento tra interessi da tutelare e disvalore dei fatti "impone un’operazione di riesame sotto il profilo della gravità della pena" per il reato di incendio colposo, in modo da consentire di adeguare in concreto la pena al fatto e così di rispettare il principio di ragionevolezza, secondo il medesimo criterio adottato per la dichiarazione di incostituzionalità della previsione del minimo edittale per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, appunto perchè non proporzionato rispetto ad altre fattispecie, più gravi e tuttavia sanzionate più lievemente;

che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l’infondatezza della questione sollevata.

Considerato che il Tribunale di Siena chiede a questa Corte una pronuncia di incostituzionalità dell’art. 449 cod. pen., relativamente alla sola ipotesi di incendio colposo che esso considera nel suo primo comma, assumendo la violazione dell’art. 3 della Costituzione - sotto il profilo del principio di ragionevolezza della legge e della ingiustificata equiparazione, quanto alla pena prevista, ad altre più gravi ipotesi di reato - e altresì la violazione dell’art. 27 della Costituzione [così dovendosi implicitamente intendere il duplice richiamo (a) all’esigenza della proporzionalità tra fatto e sanzione e (b) alla pronuncia – sentenza n. 341 del 1994 di questa Corte, resa per l’appunto in riferimento a entrambi gli anzidetti parametri costituzionali - con la quale é stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della previsione della pena minima allora stabilita per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale];

che, relativamente all’argomentazione del rimettente circa l’irragionevole equiparazione, quanto alla misura della pena, tra il reato di incendio colposo e altre fattispecie di "disastro" anch’esse nella forma colposa, reputate dal rimettente più gravi perchè corrispondenti dal punto di vista materiale a condotte che sono punite, se commesse a titolo di dolo, più severamente dell’incendio doloso, é da rilevare – anche indipendentemente dalla reversibilità, in linea di principio, dell’argomentazione medesima, che muove dalla differenziazione per censurare l’omologazione ma che potrebbe parimenti muovere dall’assimilazione nella forma colposa per censurare il difforme trattamento dei delitti dolosi; nonchè indipendentemente dall’inesistenza del reato di strage nella forma colposa, del quale pure il rimettente fa menzione – che essa trascura del tutto il secondo comma dello stesso art. 449 cod. pen. denunziato, il quale dispone che la pena stabilita in via generale dal primo comma per l’incendio o per un altro disastro colposo "é raddoppiata se si tratta di disastro ferroviario o di naufragio o di sommersione di una nave adibita a trasporto di persone o di caduta di un aeromobile adibito a trasporto di persone";

che per questo primo profilo, pertanto, la questione di costituzionalità é sollevata sulla base di un presupposto – l’equiparazione tra le pene previste per differenti titoli di reato, quello oggetto del giudizio principale e quelli indicati a tertia comparationis - contraddetto dalla disciplina legislativa vigente, che é nel senso della differenziazione;

che, relativamente alla ulteriore censura del rimettente circa l’irragionevolezza e la sproporzione del trattamento sanzionatorio minimo previsto per il reato di incendio colposo, formulata attraverso il confronto con la misura della pena minima – pari alla metà dell’altra - stabilita per il reato di omicidio colposo, deve osservarsi che l’eterogeneità delle due previsioni e la radicale differenza di struttura e di obiettività giuridica tra le due fattispecie (reato di pericolo contro l’incolumità pubblica l’uno, reato di evento contro la persona l’altro) impedisce che tra le medesime possa, alla stregua dell’art. 3 della Costituzione, instaurarsi utilmente il raffronto proposto dal rimettente per desumerne l’arbitrarietà della pena stabilita per una di esse;

che, ancor più in generale, la lamentata rottura dell’equilibrio tra il fatto e la pena per esso prevista, con la richiesta di una pronuncia che per via di declaratoria di incostituzionalità abiliti il giudice a modulare diversamente la pena detentiva da applicare, in particolare nel minimo (così potendosi intendere il richiamo del rimettente alla sentenza n. 341 del 1994 di questa Corte), non può trovare ingresso quale ragione fondante di una pronuncia di accoglimento da parte di questa Corte, giacchè la censura mossa alla norma costituisce una critica dell’incriminazione penale sotto il profilo quantitativo, censura che, oltre a essere difficilmente traducibile in una dimostrazione di irragionevolezza in sè della sanzione discrezionalmente stabilita dal legislatore, contrasta con il quadro normativo complessivo nel quale la previsione denunciata si inserisce;

che infatti, relativamente a quest’ultimo aspetto, il reato di incendio boschivo, sia colposo – quale risulta nel caso di specie essere l’oggetto del giudizio di merito – sia doloso, é stato reso autonomo titolo di reato, e ha ricevuto un trattamento complessivamente più severo rispetto a quanto stabilito sia dall’originaria comprensiva disposizione dell’art. 449 cod. pen. (per la forma colposa) sia dall’art. 423 cod. pen. (per la forma dolosa), con l’introduzione della nuova fattispecie di cui all’art. 423-bis cod. pen. a opera del decreto-legge 4 agosto 2000, n. 220 (Disposizioni urgenti per la repressione degli incendi boschivi), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 ottobre 2000, n. 275; un intervento di riforma secondo una valutazione di maggiore severità - poi ulteriormente ribadito dall’art. 11 della legge 21 novembre 2000, n. 353 (Legge-quadro in materia di incendi boschivi) – anteriore all’emanazione dell’ordinanza di rinvio ma non preso in considerazione dal giudice rimettente nel formulare la questione sotto il profilo della congruenza tra la gravità del fatto e la pena per esso prevista (art. 27 della Costituzione);

che, per le osservazioni che precedono, la richiesta del rimettente di modificare l’entità della pena stabilita dall’art. 449 cod. pen. non può trovare accoglimento sotto alcuno dei profili dedotti con la questione sollevata, che deve pertanto essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 449 del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal Tribunale di Siena, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in Cancelleria il 28 dicembre 2001.