ORDINANZA N.425
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 438 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 27 della legge 16 dicembre 1999, n. 479 (Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice penale e all'ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennità spettanti ai giudici di pace e di esercizio della professione forense), promossi, nell'ambito di diversi procedimenti penali, dal Tribunale di Saluzzo con ordinanze emesse il 15 dicembre 2000 e il 16 febbraio 2001, rispettivamente iscritte ai nn. 110 e 474 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 8 e 25, prima serie speciale, dell'anno 2001.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 5 dicembre 2001 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che con due ordinanze di identico contenuto (r.o. nn. 110 e 474 del 2001) il Tribunale di Saluzzo, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97, 101 e 111 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 438 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede il potere del pubblico ministero di interloquire sulla richiesta di rito abbreviato formulata dall'imputato esprimendo consenso o dissenso motivato e la facoltà di chiedere una autonoma integrazione probatoria, nonchè nella parte in cui non prevede il potere del giudice di decidere sulla ammissibilità della richiesta;
che il rimettente premette che gli imputati hanno chiesto il giudizio abbreviato e che il pubblico ministero ha eccepito la illegittimità costituzionale dell'art. 438 cod. proc. pen., deducendo la violazione degli artt. 101 e 111 Cost.;
che, nel condividere le osservazioni del pubblico ministero, il giudice a quo rileva che l'art. 111 Cost., prevedendo che ogni processo si deve svolgere nel contraddittorio delle parti ed in condizioni di parità davanti ad un giudice terzo e imparziale, imporrebbe che anche al pubblico ministero sia riconosciuto il potere di interloquire in merito alla richiesta dell’imputato di giudizio abbreviato;
che l'art. 111 Cost. sarebbe altresì violato in quanto alla perdita da parte del pubblico ministero del potere di interloquire sulla scelta del rito dovrebbe accompagnarsi la facoltà di chiedere una autonoma integrazione probatoria;
che la disciplina del rito abbreviato risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479 sarebbe altresì in contrasto con l'art. 101 Cost., "rendendo il giudice soggetto alla volontà di una sola parte processuale" e così trasformando il diritto dell'imputato alla scelta del rito in un "diritto soggettivo assoluto a conseguire in via automatica il beneficio della riduzione di pena";
che la attribuzione agli imputati di vantaggi significativi e del tutto ingiustificati violerebbe il principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione;
che, infatti, la ratio del rito speciale, pur sempre rinvenibile nella abbreviazione dei tempi processuali per il mancato svolgimento dell'istruttoria dibattimentale, non sarebbe più ravvisabile ove la riduzione della pena venga applicata anche nelle ipotesi in cui il giudice deve procedere ad una "lunga e dispendiosa attività di integrazione probatoria";
che il rimettente ritiene infine violato l'art.3 Cost. per la irragionevole equiparazione di situazioni affatto diverse riguardanti, da un lato, gli imputati che hanno chiesto il giudizio abbreviato ex art. 438, comma 1, cod. proc. pen. e che hanno in tal modo consentito una effettiva riduzione dei tempi processuali e, dall'altro, gli imputati che, richiedendo una attività di integrazione probatoria, hanno dilatato la durata del processo;
che nel giudizio relativo all'ordinanza r.o. n. 474 del 2001 é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, richiamando la sentenza n. 115 del 2001, con la quale analoga questione é stata dichiarata non fondata.
Considerato che le due ordinanze del Tribunale di Saluzzo hanno identico contenuto e che pertanto va disposta la riunione dei relativi giudizi;
che con sentenza n. 115 del 2001 la Corte ha dichiarato infondate le medesime questioni di legittimità costituzionale dell'art. 438 cod. proc. pen., sollevate in riferimento agli stessi parametri e sulla base di argomentazioni sostanzialmente analoghe a quelle prospettate dall'attuale rimettente;
che, non essendovi motivi per discostarsi dalle considerazioni svolte e dalle conclusioni raggiunte nella menzionata sentenza, le questioni vanno dichiarate manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 438 del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 97, 101 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Saluzzo, in composizione monocratica, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Guido NEPPI MODONA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 21 dicembre 2001.