Ordinanza n. 422/2001

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ORDINANZA N. 422

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE                                         

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI                                 

- Annibale MARINI

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK                                        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 574 e 593, comma 3, come modificato dall’art. 18 della legge 24 novembre 1999, n. 468, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 9 gennaio 2001 dalla Corte di appello di Bologna nel procedimento penale a carico di M. E., iscritta al n. 261 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 novembre 2001 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che la Corte di appello di Bologna ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 574 e 593, comma 3, cod. proc. pen. – quest’ultimo nel testo sostituito ad opera dell’art. 18 della legge 24 novembre 1999, n. 468 – nella parte in cui non consente all’imputato di proporre appello nemmeno per gli interessi civili avverso la sentenza di condanna a reati, per i quali é stata applicata la sola pena pecuniaria;

che a parere del giudice rimettente l’impugnata disciplina si porrebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza, giacchè la possibilità per l’imputato di giovarsi di un secondo grado di giudizio di merito, quanto alle statuizioni sugli interessi civili, verrebbe fatta dipendere non dalla natura del fatto illecito o dalla entità del danno, ma unicamente dalla scelta del giudice circa il tipo di pena da irrogare;

che, dopo aver diffusamente analizzato la "irrazionale casualità del complessivo regime delle impugnazioni creato dal terzo comma dell’art. 593 cod. proc. pen., in sè e nel coordinamento con altri articoli, come il 574, il 575 e il 576", il giudice a quo denuncia, fra l’altro, l’irragionevole disparità che caratterizza, nella fattispecie dedotta, l’impugnazione dei capi civili a seconda che l’azione di danno sia stata esercitata in sede propria – ove all’imputato danneggiante, convenuto in sede civile, é assicurato un doppio grado di merito – ovvero in sede penale attraverso la costituzione di parte civile, ove invece un simile diritto é precluso dalla normativa oggetto di impugnazione;

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Considerato che, dopo la pronuncia della ordinanza di rimessione, l’art. 13 della legge 26 marzo 2001, n. 128 (Interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini) ha nuovamente modificato il comma 3 dell’art. 593 del codice di procedura penale, sancendo la inappellabilità delle sentenze di condanna "per le quali é stata applicata la sola pena dell’ammenda";

che pertanto alla luce di tale mutamento legislativo, riguardante la specifica disposizione attinta dal dubbio di legittimità costituzionale, si impone la restituzione degli atti al giudice rimettente perchè verifichi se la questione proposta risulti o meno tuttora rilevante.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti alla Corte di appello di Bologna.

  Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in Cancelleria il 21 dicembre 2001.