ORDINANZA N.390
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori Giudici:
- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente
- Massimo VARI
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), promosso con ordinanza emessa il 21 giugno 2000 dalla Corte d'appello di Palermo nel procedimento civile vertente tra il Ministero delle finanze e la Ponte Tresa Costruzioni s.r.l., iscritta al n. 755 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 2000.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 settembre 2001 il Giudice relatore Franco Bile.
Ritenuto che, con ordinanza del 21 giugno 2000, la Corte d’appello di Palermo ha sollevato - in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione - la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), nella parte in cui ha previsto che sulle somme da rimborsare per indebito versamento della tassa di iscrizione e di rinnovo dell’iscrizione delle società nel registro delle imprese, risultante a seguito dell’applicazione dei commi 1 e 2 della stessa norma, <<sono dovuti gli interessi nella misura del tasso legale vigente alla data di entrata in vigore>> di detta legge <<a decorrere dalla data di presentazione dell’istanza>>;
che la questione é stata sollevata nel corso del giudizio d’appello contro la sentenza con la quale il Tribunale di Palermo - in parziale accoglimento dell’opposizione proposta dall’Amministrazione finanziaria al decreto con cui il Presidente del Tribunale le aveva ingiunto di pagare alla s.r.l. Ponte Teresa Costruzioni una somma a titolo di rimborso di quanto indebitamente versato, per tasse di concessione governativa per il rinnovo annuale dell’iscrizione nel registro delle imprese negli anni dal 1988 al 1991 - aveva condannato l’Amministrazione al pagamento della differenza fra le somme pagate e quelle dovute e, ai fini del calcolo degli interessi legali, aveva ritenuto non applicabile l’art. 11, comma 3, della legge n. 448 del 1998, sopravvenuta nelle more del giudizio, ritenendo tale norma contrastante con il principio comunitario di equivalenza, che preclude la possibilità di differenziare i tassi di interesse sui rimborsi dovuti dagli Stati membri per imposte indebitamente pagate, secondo l’origine comunitaria o meno della norma fondante il diritto al rimborso;
che - come ricorda il giudice rimettente - l’Amministrazione ha proposto appello in ordine al capo della sentenza relativo agli interessi, sostenendo che l’art. 11, comma 3, della legge n. 448 del 1998 non viola il principio di equivalenza, e la società appellata ha chiesto il rigetto dell’appello, rilevando fra l’altro che, ove la norma si dovesse ritenere applicabile in quanto non in contrasto con le direttive comunitarie, essa sarebbe costituzionalmente illegittima per contrasto con l’art. 3 Cost.;
che, secondo la Corte rimettente, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto di poter disapplicare l’art. 11, comma 3, per contrasto con il diritto comunitario, essendo tale conclusione non praticabile, in quanto la Corte di cassazione, con sentenza 1° giugno 1999, n. 5313, avrebbe <<espressamente affermato, evidentemente escludendo la possibilità di disapplicazione della norma per contrasto con la normativa comunitaria>>, che gli interessi applicabili al credito di rimborso della tassa sulle concessioni governative sarebbero proprio quelli previsti dal sopravvenuto art. 11, comma 3, con conseguente rilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla parte appellata;
che, circa la non manifesta infondatezza, la Corte rimettente ritiene che la norma impugnata, applicandosi solo ai rimborsi di cui trattasi e con effetto retroattivo, porge una disciplina differenziata e punitiva rispetto a quella generale dei rimborsi delle altre tasse ed imposte indirette sugli affari ed anche a quella generale del codice civile;
che tale trattamento differenziato - pur prefiggendosi lo scopo del contenimento della finanza pubblica - lede il principio di eguaglianza, finendo per imporre ad una sola categoria di contribuenti, aventi diritto al rimborso di tasse ed imposte indirette sugli affari indebitamente pagate, <<il costo di un’esigenza generale senza una qualche ragionevole giustificazione della scelta operata nell’ambito di quel settore>>;
che sembra anche violato l’art. 53, avendo il legislatore indirettamente realizzato una forma di imposizione patrimoniale a carico della categoria interessata, chiamata a concorrere alla spesa pubblica, laddove, secondo la norma costituzionale, tutti sono tenuti a concorrere a tale spesa solo in ragione della propria capacità contributiva;
che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’inammissibilità e l’infondatezza della questione.
Considerato che la Corte rimettente, nel formulare il giudizio di rilevanza della sollevata questione, ha espressamente ritenuto di non poter procedere alla disapplicazione della norma impugnata per contrasto con il diritto comunitario, come invece aveva fatto il giudice di primo grado, in quanto una sentenza della Corte di cassazione avrebbe espressamente escluso tale possibilità, procedendo invece all’applicazione della norma;
che, invece, dalla sentenza citata - e da altre ad essa conformi, non menzionate dall’ordinanza di rimessione - non emerge alcuna affermazione circa l’insussistenza delle condizioni per la non-applicazione dell’art. 11, comma 3, della legge n. 448 del 1998, essendosi la Corte di cassazione sempre limitata a prendere atto della sua sopravvenienza ed a farne applicazione, quale norma regolatrice della misura degli interessi sulle somme oggetto del rimborso, senza prendere in alcun modo posizione sul problema - evidentemente ad essa non sottoposto - della compatibilità della norma con il diritto comunitario;
che a tale conclusione il giudice rimettente avrebbe potuto pervenire anche sulla base del rilievo che la Corte di cassazione - ove avesse davvero inteso affrontare siffatto tema - sarebbe stata tenuta, quale giudice di ultima istanza, a sottoporre la questione interpretativa alla Corte di giustizia europea;
che, dunque, l’ordinanza di rimessione fonda la valutazione circa l’indispensabilità della risoluzione della prospettata questione ai fini della decisione del giudizio a quo sull’erroneo presupposto che la Corte di cassazione abbia escluso il contrasto della norma denunciata con il diritto comunitario ed abbia conseguentemente precluso la possibilità di procedere alla disapplicazione della norma impugnata, al fine di ricondurre il rapporto in contestazione ad una disciplina conforme a Costituzione;
che l’implausibilità della motivazione sulla rilevanza che così si é evidenziata comporta che la questione debba essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), sollevata, in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Corte d’appello di Palermo con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2001.
Fernando SANTOSUOSSO, Presidente
Franco BILE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2001.