ORDINANZA N. 370
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 23, comma 1, del codice di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale, dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Firenze con ordinanza emessa il 7 giugno 2000, iscritta al n. 448 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 2001.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 ottobre 2001 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Firenze ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97, primo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, comma 1, del codice di procedura penale, come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 1996, nella parte in cui prevede che il giudice del dibattimento, quando dichiara con sentenza la propria incompetenza per territorio, ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente, anzichè direttamente a quest'ultimo, anche in relazione ai delitti, per i quali, ai sensi degli artt. 51, comma 3-bis, e 328, comma 1-bis, cod. proc. pen., le funzioni di pubblico ministero e di giudice per le indagini preliminari e per l'udienza preliminare sono esercitate rispettivamente dall'ufficio del pubblico ministero e da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente;
che il Tribunale di Firenze, dinanzi al quale il Giudice dell’udienza preliminare dello stesso Tribunale aveva disposto il rinvio a giudizio di un imputato per i delitti di cui agli artt. 73 e 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e 416-bis del codice penale, dichiarava la propria incompetenza per territorio e ordinava la trasmissione degli atti al Tribunale di Grosseto, il quale emetteva decreto di citazione a giudizio per l'udienza del 7 maggio 1996;
che davanti al Tribunale di Grosseto la difesa eccepiva la nullità del decreto che dispone il giudizio ritenendo che, in applicazione della regola sancita dalla sentenza n. 70 del 1996, gli atti avrebbero dovuto essere trasmessi al pubblico ministero per un nuovo esercizio dell'azione penale;
che il medesimo Tribunale respingeva l'eccezione sul presupposto che la sentenza indicata non opera nel caso di procedimenti per i delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., procedendo all'istruttoria dibattimentale ed emettendo sentenza in data 16 dicembre 1997;
che la Corte di appello di Firenze, in accoglimento dell'impugnazione proposta dal pubblico ministero e dalla difesa, dichiarava la nullità del decreto che dispone il giudizio per <<incompetenza funzionale del Tribunale di Grosseto>>, ritenendo che l'art. 23, comma 1, cod. proc. pen., come risultante a seguito della sentenza n. 70 del 1996, debba trovare applicazione anche nel caso in esame e ordinava la trasmissione degli atti alla Procura distrettuale di Firenze per l'ulteriore corso;
che in data 25 giugno 1999 la Direzione distrettuale antimafia presso il Tribunale di Firenze formulava una nuova richiesta di rinvio a giudizio al Giudice dell’udienza preliminare del medesimo Tribunale, che sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 23, comma 1, cod. proc. pen. nei termini sopra indicati;
che, quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente sottolinea come nel caso di procedimenti per i delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., essendo la competenza del giudice per le indagini preliminari e per l'udienza preliminare fissata a livello distrettuale, la regressione del procedimento imposta dalla sentenza n. 70 del 1996 si risolve in sostanza nella ripetizione di una udienza già validamente svoltasi davanti al giudice naturale e nella quale le parti hanno potuto liberamente esercitare i propri diritti;
che pertanto la disciplina censurata sarebbe non solo priva <<di valida ratio costituzionale>> ma anche contraria al buon andamento degli uffici giudiziari;
che inoltre, secondo il giudice a quo, qualunque significato si attribuisca alla nuova celebrazione dell'udienza - la si intenda, cioé, come una mera ripetizione della precedente o come svolgimento ex novo della stessa con attribuzione di pieni poteri al giudice - si vengono a determinare situazioni tali da ledere l’indipendenza del giudice, in contrasto con l'art. 101, secondo comma, Cost.;
che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata, con riserva di dedurre;
che in prossimità della camera di consiglio l'Avvocatura ha depositato memoria con cui ribadisce le richieste già formulate.
Considerato che successivamente all’ordinanza di rimessione identica questione di legittimità costituzionale é stata dichiarata non fondata con sentenza n. 104 del 2001, in quanto basata <<sull’erroneo presupposto interpretativo che, anche nei casi in cui il rinvio a giudizio é disposto da un giudice dell’udienza preliminare ritualmente investito della competenza, la declaratoria di incompetenza pronunciata dal giudice del dibattimento debba comportare, alla stregua della sentenza n. 70 del 1996, la trasmissione degli atti al pubblico ministero, anzichè direttamente al giudice competente per il giudizio>>;
che questa Corte ha chiarito come nella sentenza n. 70 del 1996 la regressione del procedimento era imposta dall’esigenza di porre l’imputato, che a seguito dell’erronea individuazione della competenza non aveva potuto accedere al giudizio abbreviato davanti al giudice naturale, in condizioni di esercitare nell’udienza preliminare le facoltà connesse al proprio diritto di difesa;
che invece <<tale esigenza non ricorre evidentemente nei casi, come quelli dei giudizi a quibus, di procedimenti per i delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., attratti alla sede distrettuale per quanto riguarda l'individuazione sia dell'ufficio del pubblico ministero incaricato delle indagini, sia del giudice dell'udienza preliminare competente ai sensi dell'art. 328, comma 1-bis, cod. proc. pen.>>, in quanto in tali procedimenti la competenza territoriale infradistrettuale acquista rilievo solo nella fase del dibattimento, mentre nelle fasi delle indagini e dell'udienza preliminare l'ufficio titolare dell'azione penale é unico per l'intero distretto e uno solo é il giudice territorialmente competente a celebrare l'udienza preliminare;
che la Corte ha concluso che <<la ratio decidendi della sentenza n. 70 del 1996 può quindi riferirsi ai procedimenti per i delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen. solo ove sia messa in discussione la stessa competenza distrettuale, cioé nell’ipotesi in cui venga ritenuto competente un giudice dell’udienza preliminare di altro distretto>>;
che la questione va pertanto dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, comma 1, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97, primo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Firenze, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Guido NEPPI MODONA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 16 novembre 2001.