ORDINANZA N. 355
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Fernando SANTOSUOSSO Presidente
- Massimo VARI Giudice
- Riccardo CHIEPPA "
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 37, comma 3, della legge della Regione Marche 17 luglio 1996, n.26 (Riordino del servizio sanitario regionale), promosso con ordinanza emessa il 26 maggio 1999 dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche sul ricorso proposto da Vera Serroni Laboratorio Analisi s.r.l. contro l'ASL n. 11 Regione Marche ed altra, iscritta al 204 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 2000.
Visti l'atto di costituzione di Serroni Vera Laboratorio Analisi s.r.l. nonchè l'atto di intervento della Regione Marche;
udito nell'udienza pubblica del 25 settembre 2001 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;
udito l'avvocato Stefano Grassi per la Regione Marche.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per le Marche, adíto da un laboratorio di analisi cliniche, nella qualità di struttura sanitaria accreditata dal Servizio sanitario nazionale, per ottenere l'annullamento dell'atto con il quale la competente Azienda sanitaria locale aveva stabilito di ammettere al rimborso "solo quelle impegnative debitamente autorizzate dagli uffici competenti", con ordinanza emessa il 26 maggio 1999, depositata il 27 gennaio 2000, ha sollevato questione di costituzionalità dell'art. 37, comma 3, della legge della Regione Marche 17 luglio 1996, n. 26 (Riordino del servizio sanitario regionale), in relazione agli articoli 97 e 117 della Costituzione;
che l'Azienda sanitaria locale, secondo quanto espone il giudice a quo, a seguito del mancato raggiungimento dell'accordo con il laboratorio di analisi ricorrente sull'importo delle prestazioni da rendere al Servizio sanitario regionale, ha applicato la disposizione regionale impugnata sul punto in cui questa rinvia, "fino alla definizione degli accordi previsti dall'articolo 5, comma 4" della stessa legge regionale n. 26 del 1996, all'art. 19 della legge statale 11 marzo 1988, n. 67, ed al connesso sistema del convenzionamento del Servizio sanitario nazionale con le strutture sanitarie private, che prevede la necessità per gli assistiti di munirsi di provvedimento autorizzatorio per la fruizione delle prestazioni dei presidî sanitari privati;
che, ad avviso del Tar per le Marche, la disposizione regionale, "reintroducendo, ancorchè in via provvisoria (...) l'obbligo del rilascio di un'autorizzazione per accedere alla struttura privata", si pone in contrasto con l'art. 117 della Costituzione, in quanto viola i principi dettati dalla legislazione statale nella materia dei rapporti fra presidî sanitari pubblici e privati, desumibili in particolare dall'art. 8, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), che ha sostituito alle precedenti convenzioni con le strutture private il sistema dei rapporti di accreditamento, caratterizzato, a suo avviso, dalla posizione di parità delle strutture sanitarie private e pubbliche e dal principio di libera scelta fra di esse dell'assistito;
che l'art. 6 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, abrogando espressamente il principio del carattere soltanto integrativo dell'intervento delle strutture sanitarie private nel sistema, avrebbe, secondo il rimettente, eliminato ogni residuo limite al principio di parità fra strutture pubbliche e private, e che anche l'art. 2, comma 8, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, introducendo la necessità di una contrattazione con le strutture private al fine di stabilire la quantità presunta e la tipologia delle prestazioni sanitarie erogabili, avrebbe comunque mantenuto ferma la "facoltà di libera scelta", indipendente e preliminare rispetto al perfezionamento degli accordi stessi;
che la stessa disciplina impugnata violerebbe altresì l'art. 97 della Costituzione, disponendo un "filtro all'accesso di strutture già accreditate", che "costituisce in mano all'Amministrazione sanitaria un'arma per imporre alle strutture private le condizioni contrattuali che vorrà determinare a suo piacimento", con violazione dei principi di imparzialità e di buon andamento dell'amministrazione;
che si é costituita la Regione Marche, deducendo l'infondatezza della questione, poichè il rimettente non avrebbe considerato la nuova disciplina dell'accreditamento introdotta dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'art. 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419) nell'ambito di un sistema articolato di autorizzazione e di accreditamento dei presidî sanitari e di negoziazione fra di essi ed il Servizio sanitario nazionale, da cui deriverebbe il principio che "il diritto alla libera scelta da parte dell'utente non é (...) automatico ed incondizionato, ma é subordinato al duplice requisito che le strutture che erogano le prestazioni siano da un lato "accreditate" e dall'altro abbiano stipulato gli "accordi contrattuali" previsti ";
che, ad avviso della Regione, il principio della libera scelta dell'utente va comunque commisurato all'interesse al contenimento della spesa pubblica, poichè non esisterebbe un "principio fondamentale" che assicuri l'assoluta prevalenza del diritto di libertà di scelta del privato sull'interesse dell'Amministrazione a ridurre, in maniera logica e responsabile, le spese sanitarie, e che inoltre la norma costituirebbe esercizio dell'autonomia legislativa della Regione nell'ambito dell'organizzazione del servizio sanitario e di definizione dei criteri di finanziamento delle strutture;
che si é costituita la società ricorrente nel giudizio principale, considerando che il sistema dell'accreditamento, introdotto dal decreto legislativo n. 502 del 1992, sarebbe "divenuto senza limitazioni" a seguito della soppressione, ad opera dell'art. 6 della legge n. 724 del 1994, del carattere meramente integrativo delle strutture private rispetto a quelle pubbliche, e che di conseguenza la "reviviscenza" del sistema anteriore, con l'imposizione di un "filtro" all'accesso di strutture già accreditate, si porrebbe in contrasto con gli articoli 97 e 117 della Costituzione.
Considerato che, successivamente all'ordinanza di rimessione, é entrata in vigore la legge della Regione Marche 16 marzo 2000, n. 20 (Disciplina in materia di autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio, accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private), la quale ha dettato una nuova disciplina sia del sistema dell'autorizzazione e dell'accreditamento istituzionale dei presidî sanitari regionali, sia degli accordi contrattuali che questi debbono stipulare per definire "la tipologia e la quantità delle prestazioni erogabili agli utenti del servizio sanitario regionale, nonchè la relativa remunerazione a carico del servizio sanitario medesimo nell'ambito di livelli di spesa determinati in corrispondenza delle scelte della programmazione regionale" (art. 2, comma 3);
che detta disciplina regionale sopravviene a quella recata dall'art. 5, comma 4, della legge regionale n. 26 del 1996, alla cui mancata applicazione la norma impugnata condiziona espressamente il rinvio, sia pure in via transitoria, all'art. 19 della legge statale n. 67 del 1988 ed al connesso sistema del convenzionamento del Servizio sanitario nazionale con le strutture sanitarie private;
che il giudice rimettente non ha potuto considerare tali modificazioni della disciplina regionale in materia di accreditamento istituzionale e di accordi contrattuali con le istituzioni sanitarie accreditate, cosicchè si rende necessario restituirgli gli atti del processo perchè possa valutare la permanenza della rilevanza della questione nel giudizio principale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per le Marche.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2001.
Fernando SANTOSUOSSO, Presidente
Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2001.