ORDINANZA N. 351
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente
- Massimo VARI
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli art. 4, commi quinto, sesto e settimo (recte: comma ottavo) della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), nel testo modificato dall’art. 8 della legge 6 marzo 1987, n. 74 nonchè degli articoli 115, 116, 166 e 167 del codice di procedura civile promosso con ordinanza emessa il 29 settembre 1999 dal Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Bagnasco Nadia e Malpeli Rolando, iscritta al n. 109 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 settembre 2001 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.
Ritenuto che, a seguito di separazione consensuale, era stato promosso nel 1997 giudizio per ottenere la pronunzia di cessazione degli effetti civili del matrimonio;
che, fissata l’udienza presidenziale del 26 novembre 1997, il relativo decreto veniva notificato alla residenza in Kenya del coniuge convenuto;
che il Presidente del Tribunale, in presenza della sola parte attrice, aveva nominato il giudice istruttore, fissando l’udienza di comparizione davanti a questo, con termine per la notifica del verbale al convenuto;
che successivamente, all’udienza del 20 luglio 1999, avendo la parte ricorrente dedotto che tale notifica non era prevista dalla legge, la medesima era stata ammessa a precisare le conclusioni e la causa trattenuta in decisione;
che il Tribunale di Genova ha sollevato, in riferimento agli articoli 2, 3, 24 e 29 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4, commi quinto, sesto e settimo (recte: comma ottavo) della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), nel testo modificato dall’art. 8 della legge 6 marzo 1987, n. 74, nonchè degli articoli 115, 116, 166 e 167 del codice di procedura civile;
che il rimettente rileva di aver sempre seguito la tesi tradizionale della struttura bifasica del procedimento di divorzio, secondo cui al coniuge non comparso all’udienza presidenziale deve essere notificato il provvedimento che fissa l’udienza di comparizione davanti al giudice istruttore, dovendosi ritenere che solo tale udienza segni l’inizio della vera e propria fase di cognizione, con la completezza delle domande e delle richieste istruttorie e relative decadenze; da tanto consegue che il convenuto deve costituirsi venti giorni prima di detta udienza davanti all’istruttore (il solo a poterne dichiarare la contumacia); ed in questa seconda fase non sono utilizzabili gli elementi e le dichiarazioni rese nel corso dell’udienza presidenziale;
che tuttavia il rimettente osserva come – a seguito di due sentenze della Corte di cassazione (28 ottobre 1995, n. 11315 e 27 novembre 1998, n. 12040) che hanno ritenuto la non applicabilità dell’art. 709 cod. proc. civ. (in forza del nuovo testo dell’art. 4 della legge n. 898 del 1970, introdotto dalla legge 6 marzo 1987, n. 74, e della riforma del processo civile di cui alla legge 26 novembre 1990, n. 353, e successive modifiche) – sia "doveroso" accedere alla conclusione secondo cui la notifica al convenuto del provvedimento presidenziale di fissazione dell’udienza davanti al giudice istruttore non sia più necessaria, sicchè il convenuto avrebbe l’onere di costituirsi venti giorni prima dell’udienza presidenziale (artt. 166 e 167 cod. proc. civ.), con tutte le conseguenze in ordine alle domande ed alle preclusioni;
che tale interpretazione appare però al giudice a quo in contrasto con gli invocati parametri costituzionali;
che infatti, se l’art. 709 cod. proc. civ. non si applica al giudizio di divorzio perchè dettato in riferimento al solo giudizio di separazione, trattandosi di procedure in tutto simili, deriverebbe un’irragionevole disparità di trattamento in rapporto al diritto di difesa del convenuto, con violazione degli artt. 3 e 24 Cost.; inoltre tale interpretazione sarebbe in contrasto con l’art. 29 Cost., imponendosi al convenuto l’onere di costituirsi fin dalla delicata fase presidenziale, e ad entrambe le parti di prendere completa posizione sul merito della vicenda, avanzando a pena di decadenza tutti gli elementi probatori e le eventuali domande riconvenzionali; sicchè il tentativo di conciliazione del presidente del tribunale, che é l’obiettivo principale della relativa udienza, risulterebbe prevedibilmente inefficace o compromesso, con pregiudizio dell’unità familiare;
che palese sarebbe, infine, la violazione degli artt. 2 e 24 della Carta fondamentale, derivante dall’accoglimento dell’interpretazione di cui sopra, perchè tutto il materiale probatorio acquisito dal presidente nel corso del libero interrogatorio, svolto con peculiari modalità, diverse da quelle di cui all’art. 183 cod. proc. civ., potrebbe essere utilizzabile nel prosieguo del giudizio;
che pertanto il Tribunale di Genova chiede la declaratoria di illegittimità costituzionale delle norme impugnate siccome interpretate nel senso che il convenuto debba costituirsi venti giorni prima dell’udienza presidenziale e che le dichiarazioni rese dai coniugi davanti al presidente, senza l’assistenza dei difensori, siano poi utilizzabili nella fase successiva del giudizio contenzioso davanti al giudice istruttore;
che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata.
Considerato che il giudice rimettente premette di aderire alla concezione tradizionale secondo cui il procedimento di divorzio é caratterizzato da una struttura bifasica, nella quale vi é una netta differenza – di forma e di contenuto – tra la prima udienza, tenuta davanti al presidente del tribunale, e quelle successive davanti al giudice istruttore;
che l’adesione a tale orientamento giurisprudenziale si giustifica, secondo lo stesso rimettente, anche per una maggiore conformità allo spirito dei principi costituzionali;
che tuttavia il Tribunale di Genova – traendo spunto dall’omesso richiamo all’art. 709 cod. proc. civ. da parte dell’attuale testo dell’art. 4, comma ottavo, della legge 1° dicembre 1970, n. 898, così come interpretato da alcune pronunce della Corte di cassazione – contraddittoriamente dichiara di "dover" prestare adesione al diverso orientamento giurisprudenziale, affermatosi in qualche tribunale italiano, secondo cui il procedimento sarebbe unitario con tutte le ordinarie implicazioni e conseguenze;
che l’interpretazione ora richiamata, della quale il giudice a quo censura la presunta illegittimità costituzionale, non viene presentata come l’unica possibile (come dimostra la successiva sentenza n. 1332 del 2000 della Corte di cassazione, di diverso orientamento), bensì come un approdo ermeneutico non condiviso, a tal punto da ritenerne il contrasto con numerosi parametri costituzionali;
che la questione di legittimità costituzionale, perciò, non é stata sollevata per la sua necessaria pregiudizialità ai fini della decisione della controversia pendente, quanto piuttosto allo scopo di ottenere da questa Corte un avallo dell’opzione interpretativa ritenuta preferibile, con ciò utilizzando il giudizio di costituzionalità per un fine ad esso estraneo (v., tra le altre, le ordinanze n. 233 e n. 158 del 2000);
che, pertanto, la presente questione deve ritenersi manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4, comma ottavo, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), nel testo modificato dall’art. 8 della legge 6 marzo 1987, n. 74, nonchè degli articoli 115, 116, 166 e 167 del codice di procedura civile sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3, 24 e 29 della Costituzione, dal Tribunale di Genova con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 novembre 2001.
Fernando SANTOSUOSSO, Presidente e Redattore
Depositata in Cancelleria il 6 novembre 2001.