Ordinanza n. 301/2001

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ORDINANZA N. 301

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 8, 9 e 10 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi), in connessione con gli articoli 11, 12, 13 e 14 del medesimo d.P.R., promosso con ordinanza emessa il 5 luglio 2000 dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria - sezione staccata di Reggio Calabria, iscritta al n. 754 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 20 giugno 2001 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto che, nel corso del giudizio introdotto dal Comune di Reggio Calabria con atto di opposizione a ricorso straordinario, il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria - sezione staccata di Reggio Calabria, con ordinanza emessa il 5 luglio 2000, ha sollevato, in riferimento agli articoli 76, 77, primo comma, e 87 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articoli 8, 9 e 10 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi), in connessione con gli articoli 11, 12, 13 e 14 del medesimo d.P.R.;

che il remittente, respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso straordinario proposte dall’amministrazione comunale, prospetta in primo luogo la violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione, sia sotto il profilo della mancanza nell’articolo 4 della legge 18 marzo 1968, n. 249 (Delega al Governo per il riordinamento dell’Amministrazione dello Stato, per il decentramento delle funzioni e per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti statali), come sostituito dall’articolo 6 della legge 28 ottobre 1970, n. 775 (Modifiche ed integrazioni alla legge 18 marzo 1968, n. 249), di una specifica disposizione volta a delegare il Governo a dettare una nuova disciplina dei ricorsi amministrativi, sia sotto il profilo della assoluta carenza di principî e criteri direttivi nella legge di delegazione in relazione, in particolare, alle linee della disciplina del ricorso straordinario e ai poteri del Consiglio di Stato nel procedimento che ha preceduto l’emanazione del d.P.R. n. 1199 del 1971;

che, ad avviso del remittente, le medesime disposizioni violerebbero l’articolo 87 della Costituzione, posto che attribuirebbero al Presidente della Repubblica una competenza ulteriore rispetto a quelle previste in Costituzione;

che, in via subordinata, il giudice a quo rileva che, quand’anche si volesse ritenere che nell’oggetto della delega contenuta nell’articolo 4 della legge n. 249 del 1968, come sostituito dall’articolo 6 della legge n. 775 del 1970, fosse incluso il potere di disciplinare il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, la normativa del d.P.R. n. 1199 del 1971 contrasterebbe ugualmente con l’articolo 76 della Costituzione;

che infatti, prosegue il remittente, il citato articolo 4, nel conferire al Governo la delega per disciplinare i singoli procedimenti amministrativi nei vari settori, aveva dettato i seguenti principî e criteri: "si dovrà sempre tendere alla semplificazione e allo snellimento delle procedure, in modo da rendere quanto più sollecita ed economica l’azione amministrativa, e a tal fine dovrà realizzarsi, tra l’altro, l’eliminazione delle duplicazioni di competenza, dei concerti non necessari e dei pareri […] che non siano essenziali per una adeguata valutazione del pubblico interesse o per la consistente tutela degli interessi dei cittadini";

che il d.P.R. n. 1199 del 1971, secondo il giudice a quo, non si sarebbe attenuto, quanto alla disciplina del ricorso straordinario, ai principî e criteri imposti dalla delega per diversi aspetti: il termine per la proposizione del ricorso straordinario sarebbe più ampio di quello previsto per gli altri ricorsi amministrativi; termini sovrabbondanti sarebbero previsti per l’istruttoria del ricorso; il termine finale del procedimento sarebbe del tutto incerto; in tale procedimento non sarebbe applicabile la normativa [art. 17, comma 27, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo)], che consente di provvedere, scaduto un termine congruo, anche senza attendere il parere del Consiglio di Stato; il Ministro competente potrebbe chiedere al Consiglio di Stato un nuovo avviso in revisione; il Ministro che intende proporre una decisione difforme dal parere del Consiglio di Stato deve sottoporre l’affare alla deliberazione del Consiglio dei ministri, quale che ne sia la materia o il valore; l’inottemperanza alle decisioni sul ricorso straordinario comporterebbe la necessità, per l’interessato, di rivolgersi al giudice amministrativo con il rito ordinario;

che, ad avviso del remittente, anche il criterio della economicità sarebbe violato dalla disciplina posta dal d.P.R. n. 1199 del 1971, oltre che per l’esuberanza procedimentale già rilevata, anche per le seguenti altre ragioni: il ricorso straordinario attiva i vertici dei Ministeri per l’istruttoria e talvolta il Ministro stesso, un collegio di cinque magistrati del Consiglio di Stato per la formulazione del parere, il Ministro per la controfirma del decreto presidenziale, il Capo dello Stato per la firma del decreto; il costo del procedimento sarebbe, per i soggetti che di tale strumento intendono avvalersi, tutt’altro che economico; la alternatività del ricorso straordinario sarebbe configurabile solo in riferimento al giudizio amministrativo e non anche rispetto al giudizio ordinario;

che il giudice a quo afferma la rilevanza della questione in quanto il giudizio principale potrebbe proseguire solo se venisse affermata la legittimità delle disposizioni censurate;

che é intervenuto nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata o, in subordine, infondata.

Considerato che il Tribunale amministrativo per la Calabria - sezione staccata di Reggio Calabria, dubita, in riferimento agli articoli 76, 77, primo comma, e 87 della Costituzione, della legittimità costituzionale degli articoli 8, 9 e 10 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi), in connessione con gli articoli 11, 12, 13 e 14 del medesimo d.P.R.;

che questa Corte, con ordinanza n. 56 del 2001, ha dichiarato la manifesta infondatezza di una identica questione di legittimità costituzionale sollevata dal medesimo remittente;

che, poichè non risultano addotte argomentazioni differenti ed ulteriori rispetto a quelle prese in esame nella citata ordinanza, anche la questione oggetto del presente giudizio deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 8, 9 e 10 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi), in connessione con gli articoli 11, 12, 13 e 14 del medesimo d.P.R., sollevata, in riferimento agli articoli 76, 77, primo comma, e 87 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria - sezione staccata di Reggio Calabria, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2001.