Ordinanza n. 255/2001

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 255

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 2, terzo comma, della legge 12 giugno 1984, n. 222 (Revisione della disciplina della invalidità pensionabile), 5, undicesimo comma, del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726 (Misure urgenti a sostegno ed incremento dei livelli occupazionali), convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 1984, n. 863, nonché 1, commi 15 e 17, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), promosso con ordinanza emessa il 27 settembre 1999 dal Tribunale di Bologna nel procedimento civile vertente tra P. P. M. contro INPS, iscritta al n. 705 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visti gli atti di costituzione di P. P. M. e dell’INPS;

udito nell’udienza pubblica dell’8 maggio 2001 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

udito l’avv. Carlo De Angelis per l’INPS.

Ritenuto che, nel corso di una controversia previdenziale promossa contro l’Istituto nazionale della previdenza sociale, il Tribunale di Bologna ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 38 della Costituzione, degli articoli 2, terzo comma, della legge 12 giugno 1984, n. 222 (Revisione della disciplina della invalidità pensionabile), 5, undicesimo comma, del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726 (Misure urgenti a sostegno ed incremento dei livelli occupazionali), convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 1984, n. 863, nonché 1, commi 15 e 17, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare);

che nel giudizio a quo P. P. M. ha proposto ricorso contro l’INPS, in data 14 aprile 1998, facendo presente di aver inoltrato domanda amministrativa, in data 21 novembre 1995, per il riconoscimento della pensione di inabilità e che, a seguito del rigetto della domanda, egli aveva trasformato il proprio contratto di lavoro, a decorrere dal 1° settembre 1996, da tempo pieno a tempo parziale;

che successivamente l’ente previdenziale aveva riconosciuto il suo diritto alla pensione di inabilità, liquidandola a partire dal 1° marzo 1997, ma calcolando l’ammontare della stessa sulla base della ridotta retribuzione percepita negli ultimi mesi a causa della menzionata adozione del modulo del part-time;

che, instauratosi il giudizio per la contestazione sulla determinazione del quantum pensionistico, il Tribunale precisa di aver già emesso una sentenza non definitiva, in data 22 dicembre 1998, con la quale ha riconosciuto il diritto del ricorrente alla pensione di inabilità a partire dal 1° dicembre 1995, con corresponsione della stessa a decorrere dal 1° marzo 1997 (data effettiva di cessazione del lavoro), contestualmente disponendo la prosecuzione del giudizio per la determinazione dell’esatto ammontare del trattamento pensionistico;

che il giudice a quo rileva come allo stato non sia possibile procedere alla definizione del ricorso senza che venga prima decisa la presente questione di legittimità costituzionale, perché il sistema attuale non consente all’interessato, nel caso in esame, di rinunciare in tutto o in parte al calcolo delle retribuzioni percepite per il lavoro a tempo parziale prestato dal 1° settembre 1996 al 28 febbraio 1997, pur traducendosi tale rinuncia in una più vantaggiosa determinazione della pensione;

che l’art. 2, terzo comma, della legge n. 222 del 1984 stabilisce che la pensione di inabilità venga calcolata assumendo come base l’assegno di invalidità non integrato al minimo, ed operando sul medesimo una maggiorazione pari alla differenza tra l’assegno di invalidità e quello che sarebbe spettato al lavoratore sulla base della retribuzione pensionabile, «considerata per il calcolo dell’assegno medesimo con una anzianità contributiva aumentata di un periodo pari a quello compreso tra la data di decorrenza della pensione di inabilità e la data di compimento dell’età pensionabile», ossia conteggiando a favore del soggetto inabile una fittizia anzianità contributiva rapportata al periodo di tempo che va dalla data di decorrenza della pensione a quella in cui l’avente diritto raggiungerebbe l’età pensionabile;

che il sistema di calcolo di questa maggiorazione – da interpretare alla luce delle modifiche introdotte dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e dall’art. 1, commi 15 e 17, della legge 8 agosto 1995, n. 335 – comporta che, avendo il ricorrente svolto il proprio lavoro, negli ultimi mesi, col modulo del part-time, le ridotte retribuzioni da lui percepite in tale periodo sono state conteggiate a fini pensionistici, determinando un peggioramento del trattamento che l’INPS ha poi concesso; e tale meccanismo è conforme al disposto dell’art. 5, undicesimo comma, del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, secondo cui, in caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, a fini pensionistici «si computa per intero l’anzianità relativa ai periodi di lavoro a tempo pieno e proporzionalmente all’orario effettivamente svolto l’anzianità inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale»;

che la scelta del lavoratore di optare per il lavoro a tempo parziale è stata dettata, invece, soltanto dalla necessità di continuare a provvedere al proprio mantenimento nell’attesa che il diritto a pensione venisse riconosciuto, mentre è evidente che essa si è tradotta in un sostanziale depauperamento della pensione di inabilità cui egli aveva diritto – come gli è stato riconosciuto – fin dal momento di presentazione della domanda;

che è palese, perciò, la violazione dell’art. 3 della Costituzione, per l’irragionevolezza del sistema delineato dalle norme impugnate, le quali non contemplano le conseguenze di una situazione come quella che si è verificata, e vìolano anche il principio di adeguatezza della tutela previdenziale di cui all’art. 38 della medesima Carta;

che il Tribunale di Bologna, quindi, chiede che le norme impugnate vengano dichiarate costituzionalmente illegittime «in quanto non consentono che la pensione di inabilità del lavoratore considerato totalmente inabile al lavoro, il quale aveva acquisito il diritto alla pensione negata dall’INPS, e che aveva svolto lavoro a tempo parziale, possa essere calcolata senza il computo proporzionato al tempo parziale della maggiorazione della anzianità contributiva fittizia e della retribuzione percepita in tale periodo»;

che nel presente giudizio si è costituita la parte privata, con memoria depositata fuori termine, sollecitando l’accoglimento della prospettata questione;

che si è costituito in giudizio anche l’INPS, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata.

Considerato che, successivamente alla proposizione della presente questione di legittimità costituzionale, l’art. 5 del d.l. n. 726 del 1984 è stato abrogato dall’art. 11 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61 (Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all’accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES), nel cui art. 9, comma 4, è stata contestualmente trasfusa, senza modifiche, la norma precedente, impugnata in questa sede;

che, pertanto, sebbene collocata in una sede diversa, la norma fatta oggetto delle censure da parte del giudice rimettente continua a vivere nell’ordinamento, sicché il presente giudizio incidentale di legittimità costituzionale deve essere deciso con riferimento alla norma di cui al d. lgs. n. 61 del 2000, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (v., fra le altre, le sentenze n. 376 del 2000 e n. 454 del 1998);

che, nel caso in esame, il Tribunale di Bologna ha già riconosciuto, con sentenza non definitiva, la spettanza in favore del ricorrente della pensione di inabilità a partire dal 1° dicembre 1995, mentre la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale è avvenuta soltanto a decorrere dal 1° settembre 1996;

che, in considerazione della mancanza di contestazione in ordine all’an del diritto alla pensione di inabilità, le vicende del rapporto di lavoro intervenute in epoca successiva al riconoscimento di tale diritto debbono ritenersi ininfluenti ai fini del computo della retribuzione pensionabile, costituendo la prosecuzione del rapporto di lavoro un profilo di mero fatto che non può riflettersi sulla determinazione del quantum pensionistico spettante e, perciò, non può costituire violazione degli invocati parametri costituzionali;

che il giudice rimettente, al contrario, muove dall’erroneo presupposto interpretativo secondo cui le norme impugnate dovrebbero determinare la riduzione del trattamento pensionistico spettante all’odierno ricorrente;

che la questione incidentale riguardante gli articoli 2, terzo comma, della legge 12 giugno 1984, n. 222, e 5, undicesimo comma, del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, deve perciò ritenersi manifestamente infondata, poiché i dubbi in essa prospettati avrebbero potuto trovare diversa soluzione nell’esatto inquadramento della concreta fattispecie all’esame del rimettente;

che per quanto riguarda, invece, il dubbio di legittimità costituzionale relativo all’art. 1, commi 15 e 17, della legge 8 agosto 1995, n. 335, la questione è da ritenersi manifestamente inammissibile perché tali norme, riguardando le sole pensioni liquidate col sistema contributivo, non sono applicabili nel giudizio a quo, in cui la pensione è stata liquidata al ricorrente integralmente col sistema retributivo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 2, terzo comma, della legge 12 giugno 1984, n. 222 (Revisione della disciplina della invalidità pensionabile), e 5, undicesimo comma, del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726 (Misure urgenti a sostegno ed incremento dei livelli occupazionali), convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 1984, n. 863, quest’ultimo comma ora trasfuso nell’art. 9, comma 4, del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61 (Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all’accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 38 della Costituzione, dal Tribunale di Bologna con l’ordinanza di cui in epigrafe;

2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 15 e 17, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 38 della Costituzione, dal Tribunale di Bologna con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 17 luglio 2001.