SENTENZA N.246
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito delle deliberazioni del 20, 21, 26 e 27 gennaio 1999 della Camera dei deputati, relative alla insindacabilità delle opinioni espresse dall'on. Vittorio Sgarbi nei confronti del dott. Antonio Di Pietro, promosso con ricorso del Tribunale di Bergamo, sezione seconda penale, notificato il 28 dicembre 1999, depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2000 ed iscritto al n. 4 del registro conflitti 2000.
Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
udito nella camera di consiglio del 26 aprile 2001 il Giudice relatore Massimo Vari.
Ritenuto in fatto
1. Nel corso di un giudizio penale a carico del deputato Vittorio Sgarbi, il Tribunale di Bergamo, sezione seconda penale, con ordinanza del 13 maggio 1999, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alle deliberazioni adottate dalla Assemblea nelle sedute del 20, 21, 26 e 27 gennaio 1999 (atti Camera, doc. IV-quater, n. 46, n. 47, n. 48 e n. 49), che hanno ritenuto che i fatti per i quali é pendente il procedimento penale innanzi al medesimo Tribunale concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, con conseguente insindacabilità, a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
Il Tribunale ricorrente rammenta che l’imputazione per la quale é stato citato a giudizio il deputato Sgarbi ¾ in ordine al reato di cui agli artt. 595, primo, secondo e terzo comma, 61, numero 10, del codice penale, 30, quarto e quinto comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223, in relazione all'art. 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 ¾ si riferisce a frasi, ritenute offensive della reputazione del dott. Antonio Di Pietro, che il medesimo deputato avrebbe pronunciato nel corso di più trasmissioni, irradiate dalla rete televisiva "Canale 5" (nelle date: 28 ottobre, 5, 11 e 14 novembre 1996), del programma "Sgarbi quotidiani".
Ricostruiti la finalità ed il contenuto della prerogativa dell’insindacabilità, il ricorrente sostiene che la Camera avrebbe fatto un uso distorto del potere attribuitole, perchè "le opinioni espresse dal deputato Sgarbi nei riguardi del dott. Antonio Di Pietro appaiono totalmente prive di alcuna riferibilità alle funzioni parlamentari, trattandosi non già di espressioni divulgative di una scelta o di un'attività politico-parlamentare, bensì di meri apprezzamenti personali, espressi alla stregua di un qualunque privato cittadino".
Il ricorrente ritiene, pertanto, che le delibere della Camera, in quanto fondate su un’erronea valutazione dei presupposti richiesti dall’art. 68, primo comma, della Costituzione, sarebbero lesive delle attribuzioni di esso organo giurisdizionale e chiede perciò che venga dichiarato che non spetta alla Camera dei deputati affermare l'insindacabilità, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall'on. Vittorio Sgarbi, secondo quanto deliberato dall'Assemblea nelle sedute del 20, 21, 26 e 27 gennaio 1999, con conseguente annullamento di tali atti.
2. Il conflitto é stato dichiarato ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, con ordinanza di questa Corte n. 447 del 1° dicembre del 1999.
Il Tribunale di Bergamo ha notificato in data 28 dicembre 1999 il ricorso e l’ordinanza alla Camera dei deputati, depositandoli poi, con la prova dell'avvenuta notificazione, nella cancelleria della Corte costituzionale in data 24 gennaio 2000.
3. Si é costituita la Camera dei deputati, eccependo, preliminarmente, l'inammissibilità del conflitto, per esser stato introdotto con la forma dell'ordinanza e non con ricorso.
In subordine e nel merito, la memoria conclude per una declaratoria di spettanza alla stessa Camera del potere di dichiarare l'insindacabilità, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’on. Vittorio Sgarbi, svolgendo ampie argomentazioni sulla riconducibilità delle opinioni medesime all’esercizio delle sue funzioni di parlamentare.
Nella memoria illustrativa successivamente depositata la Camera dei deputati, rilevata la tardività del deposito del ricorso e dell'ordinanza ammissiva del conflitto rispetto al termine perentorio fissato dall'art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, ha eccepito "l'inammissibilità" del conflitto stesso, alla luce del consolidato orientamento in tal senso della giurisprudenza costituzionale.
Considerato in diritto
1. Il Tribunale di Bergamo, sezione seconda penale, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alle deliberazioni adottate dalla Assemblea nelle sedute del 20, 21, 26 e 27 gennaio 1999, con le quali si é ritenuto che i fatti addebitati al deputato Vittorio Sgarbi, nel procedimento penale pendente innanzi al medesimo tribunale, costituiscono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari, sì da essere, pertanto, insindacabili a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
Il ricorrente sostiene che le predette deliberazioni della Camera sarebbero lesive delle attribuzioni riservate alla giurisdizione, in quanto fondate su un’erronea valutazione dei presupposti richiesti dal menzionato art. 68 della Costituzione, giacché nelle opinioni ritenute insindacabili non risulta, invero, alcun nesso di collegamento con l'esercizio delle funzioni parlamentari.
2. Il ricorso, unitamente all’ordinanza n. 447 del 1999, con la quale questa Corte lo ha dichiarato ammissibile, é stato notificato alla Camera dei deputati, a cura del ricorrente, in data 28 dicembre 1999.
Il ricorso e l’ordinanza, con la prova dell’avvenuta notificazione, sono stati, quindi, depositati presso la cancelleria della Corte costituzionale in data 24 gennaio 2000.
3. La Camera dei deputati, dopo aver sostenuto, nel costituirsi in giudizio, l'inammissibilità del conflitto, e, comunque, la sua infondatezza, ha evidenziato, con successiva memoria, la tardività del deposito del ricorso e della ordinanza di ammissibilità, eccependo, quindi, "l'inammissibilità" del conflitto stesso.
4. Tale ultima eccezione, da qualificarsi di improcedibilità, é fondata.
Deve, infatti, rammentarsi che il giudizio per conflitto di attribuzione é articolato in due fasi autonome e distinte, entrambe rimesse all’iniziativa della parte interessata; la prima é destinata a concludersi con una sommaria delibazione sulla ammissibilità del conflitto, mentre la seconda con una decisione definitiva sul merito, oltre che sull’ammissibilità.
All’esito della prima fase, il ricorrente ha l’onere di provvedere, nei termini previsti, non solo alla notificazione del ricorso e dell’ordinanza che ammette il conflitto, ma anche, successivamente alla notificazione, al loro deposito, presso la cancelleria della Corte, nel termine ¾ fissato dall’art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte stessa ¾ di venti giorni dall’ultima notificazione.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, il ricordato deposito nel termine indicato costituisce un necessario adempimento affinchè si possa dar luogo alla seconda fase del conflitto, relativa alla decisione sul merito; tale termine va, inoltre, ritenuto perentorio, in quanto da esso decorre l’intera catena degli ulteriori termini fissati per la prosecuzione del giudizio (tra le altre, sentenze n. 203, n. 50 e n. 35 del 1999).
Nel caso all'esame, il ricorso e l’ordinanza, pur tempestivamente notificati in data 28 dicembre 1999, risultano depositati presso la cancelleria di questa Corte il 24 gennaio 2000 e, dunque, successivamente alla scadenza del termine di venti giorni.
Sicchè, il mancato rispetto dell’anzidetto termine perentorio per il deposito non consente di procedere allo svolgimento dell’ulteriore fase del giudizio.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara improcedibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Bergamo, sezione seconda penale, nei confronti della Camera dei deputati, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2001.