ORDINANZA N. 235
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 30-bis del codice di procedura civile in relazione all'art. 11 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 3 dicembre 1999 dal Tribunale di Bologna nel procedimento civile vertente tra il Condominio "Piazza Monzoni 3" di Carrara e Federico Governatori ed altro, iscritta al n. 34 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 2000.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 aprile 2001 il Giudice relatore Franco Bile.
Ritenuto che, con ordinanza del 3 dicembre 1999, il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Bologna - nel corso di un procedimento di esecuzione forzata a carico di un magistrato in servizio nel distretto della Corte d’appello di Bologna, per espropriazione di crediti da lui vantati verso terzi - ha proposto, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 97 e 101 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 30‑bis del codice di procedura civile, introdotto dall’art. 9 della legge 2 dicembre 1998, n. 420 (Disposizioni per i procedimenti riguardanti i magistrati), ai sensi del quale, per le cause in cui sia comunque parte un magistrato in servizio nel distretto di corte d'appello comprendente l'ufficio giudiziario competente ai sensi del capo I del titolo I del libro I del codice di procedura civile, la competenza territoriale spetta all’ufficio giudiziario, ugualmente competente per materia, avente sede nel capoluogo di altro distretto, individuato ai sensi dell'art. 11 del codice di procedura penale;
che il rimettente - dato atto che il debitore ha cessato di appartenere alla magistratura, per pensionamento, in epoca successiva all’ultima notifica dell’atto di pignoramento - ritiene che <<comunque>>, in base all’art. 5 cod. proc. civ., la competenza si determina in ragione dello stato di fatto e della legge esistenti al momento della proposizione della domanda, onde, in applicazione della norma impugnata, egli sarebbe incompetente;
che, peraltro, il criterio di competenza territoriale posto dell’art. 30-bis cod. proc. civ. - nella parte in cui si applica all’esecuzione forzata, in deroga all’art. 26 cod. proc. civ. - appare al remittente in contrasto con i ricordati parametri costituzionali;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo l’inammissibilità o comunque l’infondatezza della questione.
Considerato che il giudice rimettente, da un lato rileva che il magistrato assoggettato all’esecuzione, il quale al momento della proposizione della domanda prestava servizio nello stesso distretto, ha poi cessato di appartenere alla magistratura per pensionamento, e, dall’altro, soggiunge che <<comunque>>, ex art. 5 cod. proc. civ., la competenza si determina in base allo stato di fatto ed alla legge esistenti a quel momento, onde la rilevanza della questione di legittimità costituzionale della norma impugnata, che gli sottrae una competenza altrimenti a lui spettante;
che tale motivazione sulla rilevanza è palesemente insufficiente, giacché il rimettente non spiega perché non ha tenuto conto del <<diritto vivente>> secondo cui il principio, posto dall’art. 5 cod. proc. civ., della determinazione della competenza in base allo stato di fatto ed alla legge esistenti al momento della proposizione della domanda, è inapplicabile ove un mutamento dello stato di fatto (nella specie, la cessazione del magistrato dal servizio) faccia sopravvenire la competenza del giudice adito quando competente non era;
che l’insufficiente motivazione sulla rilevanza rende la questione - secondo consolidata giurisprudenza (cfr., da ultimo, ordinanza n. 566 del 2000) – manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 30‑bis del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 97 e 101 della Costituzione, dal Giudice dell'esecuzione del Tribunale di Bologna con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Franco BILE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2001.