SENTENZA N. 231
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 7 della legge 15 gennaio 1994, n. 64 (Ratifica ed esecuzione della convenzione europea sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell’affidamento, aperta alla firma a Lussemburgo il 20 maggio 1980, e della convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, aperta alla firma a L’Aja il 25 ottobre 1980; norme di attuazione delle predette convenzioni, nonché della convenzione in materia di protezione dei minori, aperta alla firma a L’Aja il 5 ottobre 1961, e della convenzione in materia di rimpatrio dei minori, aperta alla firma a L’Aja il 28 maggio 1970), promosso con ordinanza emessa il 31 agosto 2000 dal Tribunale per i minorenni di Catanzaro sull’istanza proposta da M. P., iscritta al n. 746 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Udito nella camera di consiglio del 6 giugno 2001 il Giudice relatore Annibale Marini.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza emessa il 31 agosto 2000, il Tribunale per i minorenni di Catanzaro ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 11 e 31 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 7 della legge 15 gennaio 1994, n. 64 (Ratifica ed esecuzione della convenzione europea sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell’affidamento, aperta alla firma a Lussemburgo il 20 maggio 1980, e della convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, aperta alla firma a L’Aja il 25 ottobre 1980; norme di attuazione delle predette convenzioni, nonché della convenzione in materia di protezione dei minori, aperta alla firma a L’Aja il 5 ottobre 1961, e della convenzione in materia di rimpatrio dei minori, aperta alla firma a L’Aja il 28 maggio 1970), nella parte in cui non prevedono che l’art. 13, secondo comma, della convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 «possa essere applicato dal Tribunale per i minorenni anche d’ufficio, e pure in un momento successivo all’emanazione dell’ordine di restituzione del minore».
Il rimettente - premesso di avere ordinato, con decreto emesso in data 9-12 maggio 2000, ai sensi dell’art. 7, comma 3, della legge n. 64 del 1994, l’immediato ritorno in Svizzera di una minore (dell’età di sei anni), ivi residente, illecitamente trasferita in Italia dal padre, e di avere poi respinto due istanze di revoca del provvedimento avanzate dallo stesso genitore – espone, quanto alla rilevanza della questione, di doversi ora pronunciare su una istanza «di sospensione» del provvedimento, nel frattempo gravato anche di ricorso per cassazione.
Afferma il giudice a quo che in tale istanza il padre della minore riferisce una circostanza del tutto nuova, rappresentata dall’opposizione della stessa minore al ritorno in Svizzera, e che è, inoltre, nelle more, intervenuto, nel procedimento per separazione personale dei coniugi pendente dinanzi al Tribunale di Catanzaro, un provvedimento presidenziale di temporaneo affidamento della minore al padre «per tutto il tempo necessario all’espletamento della consulenza sociale e psicologica fino ai provvedimenti presidenziali definitivi».
Entrambi i fatti sopravvenuti appaiono al rimettente meritevoli di considerazione, in quanto del provvedimento presidenziale dovrebbe a suo avviso tenersi conto, ai sensi dell’art. 14 della citata convenzione dell’Aja, nella valutazione relativa all’illiceità del trasferimento o del mancato ritorno, mentre l’opposizione della minore, la cui genuinità si dice accertata anche mediante una consulenza tecnica d’ufficio disposta dallo stesso Tribunale per i minorenni, costituisce una circostanza che, secondo l’art. 13 della convenzione, avrebbe giustificato – qualora fosse emersa prima dell’adozione del provvedimento - il rifiuto dell’ordine di restituzione.
Le norme impugnate, nel recepire lo stesso art. 13 della convenzione, susciterebbero tuttavia – ad avviso del giudice a quo – precisi dubbi di legittimità costituzionale, proprio nella parte in cui non prevedono che l’opposizione del minore al ritorno, prevista dal secondo comma quale circostanza ostativa alla adozione dell’ordine di rientro, possa essere fatta valere in ogni momento, anche dopo l’emissione del provvedimento stesso ed anche, eventualmente, d’ufficio.
Tale mancata previsione violerebbe innanzitutto l’art. 2 Cost., che tutela i diritti inviolabili dell’uomo e quindi, a maggior ragione, del soggetto in età evolutiva. Si porrebbe, inoltre, in contrasto con l’art. 3 Cost. per la disparità di trattamento tra i minori cui si applica la convenzione ed i minori italiani, che riceverebbero, nel processo minorile, «ben altra tutela ed altra considerazione», nonché con l’art. 11 Cost. in relazione alle convenzioni internazionali generalmente riconosciute, con particolare riferimento alla convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176. Violerebbe, infine, l’art. 31 Cost., che prevede la protezione dell’infanzia e della gioventù e favorisce gli istituti necessari a tale scopo.
Considerato in diritto
1.- Il Tribunale per i minorenni di Catanzaro dubita, in riferimento agli artt. 2, 3, 11 e 31 della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 7 della legge 15 gennaio 1994, n. 64 (Ratifica ed esecuzione della convenzione europea sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell’affidamento, aperta alla firma a Lussemburgo il 20 maggio 1980, e della convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, aperta alla firma a L’Aja il 25 ottobre 1980; norme di attuazione delle predette convenzioni, nonché della convenzione in materia di protezione dei minori, aperta alla firma a L’Aja il 5 ottobre 1961, e della convenzione in materia di rimpatrio dei minori, aperta alla firma a L’Aja il 28 maggio 1970), nella parte in cui non consentono al giudice che ha emesso l’ordine, previsto dall’art. 12 della convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, di ritorno immediato del minore illecitamente trasferito o trattenuto, di revocare – anche, eventualmente, d’ufficio - il suddetto provvedimento qualora successivamente risulti la sussistenza della opposizione del minore al ritorno che, ai sensi dell’art. 13, secondo comma, della convenzione, avrebbe potuto giustificare il rifiuto di emissione dell’ordine stesso.
2.- La questione è infondata.
2.1.- La convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori persegue – come risulta dallo stesso preambolo – la finalità di «proteggere il minore, a livello internazionale, contro gli effetti nocivi derivanti da un suo trasferimento o mancato rientro illecito, e stabilire procedure tese ad assicurare l’immediato rientro del minore nel proprio Stato di residenza abituale».
A tale scopo, secondo quanto previsto dall’art. 11 della convenzione, le competenti Autorità giudiziarie o amministrative di ciascuno Stato contraente, in presenza di una domanda diretta ad ottenere assistenza per assicurare il ritorno di un minore illecitamente trasferito o trattenuto, «devono procedere d’urgenza» e qualora non abbiano deliberato «entro un termine di sei settimane dalla data d’inizio del procedimento» possono essere chiamate a rendere una dichiarazione in cui siano esposti i motivi del ritardo.
Il successivo art. 12 dispone che sulla suddetta domanda, che sia presentata entro il termine di un anno dalla data dell’illecito trasferimento o mancato rientro del minore, l’Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato ove si trova il minore «ordina il suo ritorno immediato», mentre, quando la domanda sia presentata dopo la scadenza dell’anno, «deve ordinare il ritorno del minore, a meno che non sia dimostrato che il minore si è integrato nel suo nuovo ambiente». Ai sensi dell’art. 7, comma 4, della legge di ratifica, il decreto mediante il quale è emanato l’ordine di ritorno è immediatamente esecutivo e contro di esso può essere proposto solo ricorso per cassazione, la cui presentazione non ha tuttavia efficacia sospensiva.
L’art. 13 della convenzione indica poi, in modo tassativo, le circostanze che possono giustificare il rifiuto di emissione dell’ordine di ritorno immediato del minore, mentre il successivo art. 16 fa divieto alle Autorità dello Stato nel quale il minore è stato illecitamente trasferito o è trattenuto, di «deliberare per quanto riguarda il merito dei diritti di affidamento, fino a quando non sia stabilito che le condizioni della presente Convenzione, relativa al ritorno del minore sono soddisfatte».
L’art. 20, infine, prevede che il ritorno del minore possa essere rifiutato quando non sia «consentito dai principi fondamentali dello Stato richiesto relativi alla protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali».
2.2.- Alla stregua di tale, pur sintetica, esposizione della disciplina essenziale dettata dalla convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 appare evidente che l’art. 12 della suddetta Convenzione configura l’ordine di ritorno come provvedimento urgente, da adottarsi in tempi brevissimi, fondato sulla ragionevole presunzione che, in caso di illecita sottrazione internazionale di minore, l’interesse del minore stesso vada innanzitutto tutelato mediante il ripristino immediato della situazione quo ante, salvo che nell’immediatezza emerga taluna delle circostanze ostative all’emissione dell’ordine indicate all’art. 13 ovvero la richiesta di rientro sia in contrasto con i principi relativi alla protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Risulta, pertanto, del tutto coerente con la ratio dell’istituto l’esclusione di qualsiasi possibilità di riesame del provvedimento, d’ufficio o su istanza di parte, in capo al medesimo giudice che lo ha emesso, riesame che sarebbe del resto difficilmente compatibile con la stessa previsione di immediata esecutività del decreto, non oggetto di specifica censura da parte del rimettente.
La disciplina dettata dalla convenzione d’altro canto non pregiudica in alcun modo i provvedimenti di merito in materia di affidamento, ma semplicemente postula che tali provvedimenti vengano adottati – qualora la giurisdizione appartenga alle Autorità dello Stato nel quale il minore è stato illecitamente trasferito o trattenuto - dopo la cessazione della condotta illecita, anche, evidentemente, al fine di impedire che l’autore dell’illecito possa trarre vantaggio dal suo comportamento nel giudizio di merito grazie al consolidarsi della situazione di fatto in tal modo creata.
Qualsiasi circostanza sopravvenuta, o comunque non conosciuta al momento dell’emissione dell’ordine, potrà pertanto essere valutata non già in una fase di (inammissibile) riesame del provvedimento di carattere urgente bensì nella sede di un eventuale giudizio sull’affidamento del minore.
La normativa denunciata risulta in definitiva finalizzata alla più efficace tutela dei minori, mediante la previsione di una procedura d’urgenza, aggiuntiva agli ordinari mezzi di tutela previsti dagli ordinamenti degli Stati contraenti, e non contrasta perciò né con l’art. 2 Cost., posto a presidio dei diritti fondamentali dell’uomo, né con l’art. 31 Cost., che impone la protezione dell’infanzia e della gioventù, né con l’art. 11 Cost., evocato dal rimettente in riferimento alla convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176. Deve d’altra parte escludersi la denunciata violazione del principio di eguaglianza, di cui all’art. 3 Cost., attesa l’inesistenza di qualsiasi discriminazione tra minori italiani e stranieri, dal momento che la convenzione si applica, ricorrendone i presupposti, agli uni ed agli altri con identiche modalità.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 7 della legge 15 gennaio 1994, n. 64 (Ratifica ed esecuzione della convenzione europea sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell’affidamento, aperta alla firma a Lussemburgo il 20 maggio 1980, e della convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, aperta alla firma a L’Aja il 25 ottobre 1980; norme di attuazione delle predette convenzioni, nonché della convenzione in materia di protezione dei minori, aperta alla firma a L’Aja il 5 ottobre 1961, e della convenzione in materia di rimpatrio dei minori, aperta alla firma a L’Aja il 28 maggio 1970), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 11 e 31 della Costituzione, dal Tribunale per i minorenni di Catanzaro con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Annibale MARINI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2001.