Sentenza n. 209/2001

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SENTENZA N. 209

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI         

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 1, e 13-bis, comma 1, della legge regionale dell’Umbria 13 marzo 1995, n. 10 (Norme per il trasporto pubblico locale), e dell’art. 7, comma 1, della legge regionale dell’Umbria 5 dicembre 1997, n. 42 (Modificazioni ed ulteriori integrazioni della legge regionale 13 marzo 1995, n. 10 – Norme per il trasporto pubblico locale – e modificazione della legge regionale 14 giugno 1994, n. 17 – Norme per l’attuazione della legge 15 gennaio 1992, n. 21 in materia di trasporto di persone mediante mezzi di trasporto pubblici non di linea), promosso con ordinanza emessa il 16 giugno 1999 dal T.A.R. dell’Umbria, iscritta al n. 500 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 1999.

  Visti gli atti di costituzione della SULGA s.r.l., della Società Spoletina di Imprese Trasporti s.p.a. e della Provincia di Perugia nonchè l’atto di intervento della Regione Umbria;

  udito nell’udienza pubblica del 20 marzo 2001 il Giudice relatore Valerio Onida;

  uditi gli avvocati Stefano Goretti e Fausto Buccellato per la SULGA s.r.l., Maurizio Pedetta per la Società Spoletina di Imprese Trasporti s.p.a., Massimo Minciaroni per la Provincia di Perugia e Giovanni Tarantini per la Regione Umbria.

Ritenuto in fatto

 

1. – Nel corso di un giudizio amministrativo, promosso da una società concessionaria di autolinee di trasporto pubblico locale per l’impugnazione di atti di diniego di sovvenzioni da parte della Provincia di Perugia, il Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria, con ordinanza emessa il 16 giugno 1999, pervenuta a questa Corte il 30 agosto 1999, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 13, comma 1, della legge regionale dell’Umbria 13 marzo 1995, n. 10 (Norme per il trasporto pubblico locale), "nella parte in cui dispone che per l’anno 1995 e fino all’istituzione dell’Osservatorio della mobilità di cui all’art. 10, la ripartizione dei contributi di esercizio tra le imprese aventi titolo avviene sulla base della stessa incidenza percentuale dei contributi erogati per l’anno 1991"; dell’art. 13-bis, comma 1, della predetta legge regionale dell’Umbria n. 10 del 1995, introdotto dall’art. 1 della legge regionale dell’Umbria 15 gennaio 1997, n. 2 (Integrazione della legge regionale 13 marzo 1995, n. 10 – Norme per il trasporto pubblico locale), "nella parte in cui dispone che le risorse finanziarie sono ripartite per il 1997 fra le aziende aventi titolo, in modo proporzionale all’entità dei contributi di esercizio erogati alle medesime per il 1995"; dell’art. 7, comma 1, della legge regionale dell’Umbria 5 dicembre 1997, n. 42 (Modificazioni ed ulteriori integrazioni della legge regionale 13 marzo 1995, n. 10 – Norme per il trasporto pubblico locale – e modificazione della legge regionale 14 giugno 1994, n. 17 – Norme per l’attuazione della legge 15 gennaio 1992, n. 21 in materia di trasporto di persone mediante mezzi di trasporto pubblici non di linea), "nella parte in cui dispone che i contributi di esercizio destinati alle aziende di trasporto pubblico locale per l’anno 1998 sono ripartiti in conformità alle disposizioni della legge regionale 15 gennaio 1997, n. 2".

Il remittente premette di poter "dare per incontroverso" che nel sistema della legislazione regionale umbra i contributi pubblici di esercizio alle imprese di autotrasporto di linea debbono essere ripartiti annualmente dalle Province in proporzione alle percorrenze effettuate nell’anno da ciascuna impresa; e afferma che le disposizioni impugnate debbono essere interpretate nel senso che esse, per gli anni considerati, escludono che nel calcolo dei contributi si possa tener conto delle maggiori percorrenze effettuate dalle imprese dopo il 1991, e dunque, nella specie, delle maggiori percorrenze che la società ricorrente ha effettuato, a partire dal 1997, sulla base di autorizzazioni della Provincia.

Ciò premesso, il giudice a quo afferma che il legislatore regionale, nel dettare i criteri per la ripartizione dei contributi, gode di una certa discrezionalità, potendo anche abbandonare il criterio della ripartizione proporzionale alle percorrenze, ovvero, all’interno di questo, ragionevolmente introdurre dei criteri di differenziazione; ma che, una volta scelto il criterio della ripartizione puramente e semplicemente proporzionale alle percorrenze, non vi sarebbe ragione per ripartire i contributi del 1997 e del 1998 – come dispongono le norme impugnate – in proporzione alle percorrenze effettuate nel 1991 o nel 1995, anzichè nell’anno di riferimento. Secondo il remittente, il fatto che determinati servizi siano stati istituiti dopo il 1991 o dopo il 1995 non parrebbe di per sè sufficiente a far ritenere che essi rivestano un minore interesse per la popolazione o per l’economia regionale e che pertanto siano meno meritevoli dei contributi pubblici: tanto più – aggiunge – che ammettere tali servizi al contributo non significherebbe aggravare la spesa pubblica, ma soltanto ripartirla diversamente fra le aziende aventi titolo.

Le norme impugnate, ad avviso del giudice a quo, introdurrebbero, senza alcuna giustificazione, una discriminazione fra le aziende che concorrono alla ripartizione potendo far valere tutte le percorrenze effettuate, e altre che potrebbero invece farne valere solo una parte. Pertanto esse sarebbero in contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

2. – Si é costituita, depositando altresì alcuni documenti, la società SULGA, ricorrente nel giudizio a quo, la quale chiede, in via principale, di accogliere l’interpretazione delle norme impugnate da essa sostenuta nel giudizio principale, secondo cui i contributi andrebbero ripartiti in proporzione alle effettive percorrenze effettuate, comprese quelle aggiuntesi dopo il 1991; in subordine, essa aderisce alla prospettazione della questione di legittimità costituzionale, come formulata dal Tribunale remittente.

3. – Si é costituita la Provincia di Perugia, parte resistente nel giudizio a quo, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata. La questione sarebbe inammissibile per irrilevanza, in quanto dall’eventuale accoglimento della stessa, secondo la parte, deriverebbe un vuoto normativo, stante la perdurante impossibilità di applicare i criteri di ripartizione previsti, a regime, dall’art. 7 della legge regionale n. 10 del 1995.

4. – Si é costituita altresì la società SSIT, parte controinteressata nel giudizio a quo, concludendo anch’essa per la inammissibilità o comunque per la infondatezza della questione. Essa sarebbe inammissibile per la stessa ragione indicata dalla Provincia di Perugia: d’altro canto, ad avviso di questa parte, non sarebbe ipotizzabile che da un’eventuale pronuncia di illegittimità costituzionale possa venire l’indicazione di una norma, da osservare in via transitoria, diversa da quelle dettate dal legislatore regionale.

5. – E’ intervenuta nel giudizio, depositando alcuni documenti, la Regione Umbria, la quale conclude chiedendo di dichiarare l’inammissibilità della questione, o di restituire gli atti al giudice a quo, relativamente all’art. 13, comma 1, della legge regionale n. 10 del 1995, in quanto abrogato dall’art. 35 della legge regionale n. 37 del 1998; e di dichiarare l’infondatezza della stessa, per quanto riguarda l’art. 13-bis della legge regionale n. 10 del 1995 e l’art. 7 della legge regionale n. 42 del 1997.

L’interveniente ricorda l’evoluzione della legislazione regionale in materia, dalla legge regionale n. 4 del 1984, che adottava, per l’erogazione dei contributi di esercizio, il sistema del computo del "costo standardizzato" dei servizi, alla legge regionale n. 10 del 1995, che prevedeva nuovi criteri di riparto dei finanziamenti, la istituzione dell’"Osservatorio della mobilità", e la ripartizione dei contributi fra le imprese ad opera delle Province, dopo avere acquisito le indicazioni dei piani di bacino e dei piani urbani del traffico, e con il parere del predetto Osservatorio della mobilità.

L’art. 13 della legge regionale n. 10 del 1995 si poneva come norma transitoria in attesa di potere applicare i nuovi criteri. Il riferimento, in questo ambito, all’anno 1991 era dovuto, secondo l’interveniente, al fatto che dopo il 1990 molte aziende avevano applicato i piani di risanamento, con riduzione dei contributi, e in molti casi erano state autorizzate maggiori percorrenze solo a favore di alcune aziende: tale riferimento, ricorda la Regione, era stato suggerito dalle stesse aziende in sede di incontro con la commissione consiliare che esaminò il progetto poi sfociato nella legge regionale n. 10 del 1995.

La necessità di protrarre poi ulteriormente l’applicazione della disciplina transitoria, secondo l’interveniente, era derivata dal mancato compimento dei presupposti e delle condizioni richiesti per l’applicazione dei nuovi criteri, e successivamente anche dal fatto che, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 422 del 1997, di conferimento di funzioni a Regioni ed enti locali in materia di trasporti, si rendeva necessario varare una nuova legge regionale (che sarebbe poi stata la legge regionale n. 37 del 1998), nelle more della cui approvazione si sarebbe resa opportuna una ulteriore normativa transitoria.

In definitiva, secondo la Regione, la disciplina impugnata sarebbe ragionevolmente giustificata, e la questione sollevata dal remittente si risolverebbe in una inammissibile censura di merito all’apprezzamento politico del legislatore regionale.

6. – In vista dell’udienza hanno depositato memorie la Provincia di Perugia, allegando alcuni documenti, la società SSIT e la Regione Umbria. Tutte le memorie riprendono ed approfondiscono gli argomenti già svolti negli atti di costituzione e di intervento, insistendo nelle medesime conclusioni già formulate.

Considerato in diritto

 

1. – La questione sollevata investe tre disposizioni di leggi regionali dell’Umbria, le quali stabiliscono che le somme attribuite dalla Regione alle Province per l’erogazione dei contributi di esercizio a favore delle imprese che esercitano autolinee in concessione di trasporto pubblico locale siano, in via transitoria, ripartite fra le imprese aventi titolo nella stessa proporzione delle assegnazioni relative all’anno 1991, e quindi senza tenere conto delle percorrenze autorizzate ed effettuate dopo il 1991.

Secondo il TAR dell’Umbria, tali disposizioni sarebbero costituzionalmente illegittime perchè in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, in quanto – una volta assunto il criterio di attribuzione dei contributi fondato sulla proporzione con le percorrenze effettuate – non sarebbe giustificato tenere conto delle percorrenze di un anno precedente anzichè di quelle dell’anno di riferimento; e in quanto dette norme opererebbero una discriminazione ingiustificata fra le imprese che possono far valere tutte le percorrenze effettuate, e quelle che ne potrebbero far valere solo una parte, in quanto un’altra parte delle percorrenze sono state autorizzate ed effettuate solo dopo il 1991.

2. – Non può essere accolta l’eccezione di inammissibilità della questione, sollevata dalla Provincia di Perugia e dalla società controinteressata nel giudizio a quo e fatta propria dalla memoria della Regione, sull’assunto che essa risulterebbe priva di rilevanza in quanto dal suo eventuale accoglimento non deriverebbe la possibilità di applicare un diverso criterio di ripartizione dei contributi, ma solo una situazione di vuoto normativo.

Ai fini della rilevanza, é sufficiente infatti la dimostrazione, che il Tribunale remittente ha plausibilmente offerto, della necessità di applicare le norme denunciate per definire la controversia, senza che sia necessario stabilire quale diversa normativa risulterebbe applicabile nel caso di accoglimento della questione.

Parimenti non può essere condivisa l’eccezione di inammissibilità della questione sollevata, per quanto riguarda l’art. 13, comma 1, della legge regionale n. 10 del 1995, dalla Regione Umbria, motivata dalla intervenuta abrogazione della norma stessa ad opera dell’art. 35 della legge regionale n. 37 del 1998. Nel giudizio a quo, che concerne i contributi di esercizio per gli anni 1997 e 1998, l’art. 13, comma 1, della legge regionale n. 10 del 1995 viene, infatti, in considerazione indirettamente, in quanto é ad esso che risale il "congelamento" dei criteri di riparto dei contributi alla situazione del 1991, "congelamento" poi confermato per gli anni 1997 e 1998 dalle altre due disposizioni censurate, che rinviano, la prima (art. 13-bis della legge regionale n. 10 del 1995, aggiunto dall’art. 1 della legge regionale n. 2 del 1997), ai criteri di riparto seguiti nel 1995, la seconda (art. 7 della legge regionale n. 42 del 1997) alle disposizioni della predetta legge regionale n. 2 del 1997.

3. – Nel merito, la questione non é fondata.

La legislazione regionale dell’Umbria, anteriore alla legge regionale n. 10 del 1995, fondava i criteri per la corresponsione dei contributi di esercizio, intesi, secondo i principi della legge statale 10 aprile 1981, n. 151 (Legge quadro per l'ordinamento, la ristrutturazione ed il potenziamento dei trasporti pubblici locali. Istituzione del Fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio e per gli investimenti nel settore), a conseguire l’equilibrio economico dei bilanci delle aziende, sul calcolo del costo "standardizzato" del servizio e dei ricavi del traffico, prevedendo che si stabilisse, per differenza fra i due fattori, il contributo chilometrico per ciascuna impresa e si moltiplicasse la misura del contributo chilometrico riferito a ciascun tipo di servizio per il numero di autobus-chilometro rispettivamente ammissibile (artt. 1, 2 e 3 della legge regionale 23 gennaio 1984, n. 4, recante "Determinazione dei costi e dei ricavi dei servizi di trasporto pubblico di interesse regionale"). Il sistema dei contributi non era dunque basato esclusivamente sulle percorrenze, ma su complessi criteri di calcolo in cui venivano in rilievo, insieme agli altri elementi, le percorrenze "ammissibili".

La legge regionale 13 marzo 1995, n. 10 (Norme per il trasporto pubblico locale), modificò interamente il sistema, prevedendo un riparto delle somme disponibili fra le Province (con criteri che nulla hanno a che fare con le percorrenze di fatto attivate, ma piuttosto con fattori oggettivi di fabbisogno, collegati alla popolazione e alla superficie territoriale: art. 7, comma 2), e attribuendo alle Province stesse il compito di individuare "le priorità fra le linee e corse maggiormente rispondenti all’interesse pubblico da soddisfare", sulla base dei piani di bacino e dei piani urbani del traffico, e di ripartire le risorse assegnate proporzionalmente ai chilometri delle linee e corse così individuate (art. 7, comma 5). L’art. 10 prevede a sua volta l’istituzione di un "Osservatorio della mobilità", con il compito di fornire il supporto tecnico per la pianificazione, programmazione e gestione del trasporto, di elaborare i dati, e di fornire pareri alle Province, fra l’altro, ai fini della individuazione delle priorità (art. 7, comma 5, lettera a).

L’art. 13 della stessa legge dettava la normativa transitoria, stabilendo che per il 1995 e fino all’istituzione dell’Osservatorio della mobilità la ripartizione dei contributi di esercizio fra i bacini di traffico e fra le imprese avvenisse "sulla base della stessa incidenza percentuale dei contributi erogati per l’anno 1991": la scelta di tale anno di riferimento fu effettuata, a quanto risulta dai lavori preparatori della legge, considerando questo l’ultimo anno in cui "le aziende pubbliche si sono trovate in una posizione di equilibrio rispetto alle percorrenze effettuate" (così la relazione della Giunta regionale all’emendamento al progetto di legge, volto a sostituire il 1991 al 1994 come anno di riferimento: delibera della Giunta regionale 25 novembre 1994, n. 9536, pag. 3).

Lo stesso criterio di riparto, utilizzato per il 1995 e il 1996, venne confermato per il 1997 dall’art. 13-bis, comma 1, della legge regionale n. 10 del 1995, aggiunto dall’art. 1 della legge regionale 15 gennaio 1997, n. 2, e per il 1998 dall’art. 7 della legge regionale 5 dicembre 1997, n. 42, in carenza di una completa attuazione dei procedimenti e degli istituti previsti, a regime, dalla legge regionale n. 10 del 1995. Si può aggiungere – ancorchè ciò resti al di fuori dell’ambito del presente giudizio – che, in seguito, la legge regionale 18 novembre 1998, n. 37 (Norme in materia di trasporto pubblico locale in attuazione del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422), ha disciplinato ex novo interamente la materia del trasporto pubblico locale, abrogando fra l’altro la legge regionale n. 10 del 1995, salve alcune disposizioni, fra le quali l’art. 10 concernente l’"Osservatorio della mobilità" (art. 35, comma 1, lettera c, modificata dall’art. 3, comma 1, della legge regionale 22 dicembre 2000, n. 42), ma prorogando ulteriormente a sua volta, in via transitoria, i precedenti criteri di riparto dei contributi (art. 34, comma 3).

4. – Esula evidentemente dal presente giudizio la valutazione delle cause e delle conseguenze dei ritardi che possono essersi verificati nell’attuazione del regime voluto dal legislatore regionale, e che lo hanno indotto a protrarre l’efficacia della disciplina transitoria, secondo apprezzamenti rientranti nella discrezionalità del medesimo legislatore.

La censura del remittente si appunta in realtà sul contenuto di tale disciplina transitoria, contestandosi la scelta di non tener conto, a tali fini, delle percorrenze chilometriche autorizzate ed effettuate dopo il 1991. Ma per escludere che tale scelta compiuta dal legislatore regionale possa essere ritenuta in contrasto con l’art. 3 della Costituzione é decisiva una duplice considerazione.

In primo luogo, non é esatto l’assunto dello stesso remittente, secondo cui il sistema della legislazione regionale in materia sarebbe fondato sul criterio della attribuzione dei contributi in proporzione alle percorrenze effettuate: in realtà, come si é visto, il sistema previgente era più articolato e complesso, basandosi sul calcolo della differenza fra ricavi e costi "standard", applicato alle percorrenze ammissibili per ciascuna impresa; a sua volta, il sistema previsto, a regime, dall’art. 7 della legge regionale n. 10 del 1995 faceva sì riferimento alle percorrenze, ma con riguardo alle linee e corse individuate come prioritarie in sede di programmazione, col supporto tecnico di quell’"Osservatorio della mobilità" (art. 7, comma 5, lettera a), alla cui mancanza la norma transitoria collegava la prosecuzione del regime di riparto preesistente. Mai, dunque, il legislatore regionale ha presupposto semplicemente che i contributi dovessero essere proporzionali alle percorrenze di fatto attivate ogni anno da ogni impresa, richiedendosi invece valutazioni tecniche e scelte programmatorie a cui correlare l’impiego delle risorse.

In secondo luogo, e conseguentemente, l’autorizzazione alla effettuazione di nuove percorrenze, ulteriori rispetto a quelle di cui si era tenuto conto nel riparto dei contributi per il 1991, non dava luogo al diritto alla corresponsione di nuovi contributi, proprio perchè, in attesa delle nuove decisioni di programmazione, il legislatore aveva stabilito di tenere fermi i vecchi criteri di riparto. Infatti i provvedimenti autorizzativi rilasciati, nella specie, alla impresa ricorrente nel giudizio a quo (delibere della Giunta provinciale di Perugia n. 5055 e 5056 del 20 dicembre 1995) recavano una clausola espressa secondo la quale "il ripiano delle perdite di esercizio di cui alla istituenda linea" o "le maggiori percorrenze" sarebbero stati "a completo carico" dell’impresa concessionaria, "in attesa dell’attuazione della legge regionale n. 10 del 13 marzo 1995".

Nessuna ingiustificata discriminazione fra imprese – tutte messe in condizione di sapere che il riparto dei contributi non sarebbe stato modificato per effetto della autorizzazione di nuove percorrenze – e nessuna lesione di legittimo affidamento delle imprese concessionarie discendono dunque dalla applicazione delle norme impugnate.

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1, della legge regionale dell’Umbria 13 marzo 1995, n. 10 (Norme per il trasporto pubblico locale), dell’art. 13-bis, comma 1, della stessa legge regionale n. 10 del 1995, aggiunto dall’art. 1 della legge regionale dell’Umbria 15 gennaio 1997, n. 2 (Integrazione della legge regionale 13 marzo 1995, n. 10 – Norme per il trasporto pubblico locale), e dell’art. 7, comma 1, della legge regionale dell’Umbria 5 dicembre 1997, n. 42 (Modificazioni ed ulteriori integrazioni della legge regionale 13 marzo 1995, n. 10 – Norme per il trasporto pubblico locale – e modificazione della legge regionale 14 giugno 1994, n. 17 – Norme per l’attuazione della legge 15 gennaio 1992,

21 in materia di trasporto di persone mediante mezzi di trasporto pubblici non di linea), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 26 giugno 2001.