Ordinanza n. 188/2001

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ORDINANZA N.188

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente         

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 76, 122 e 100 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 29 novembre 1999 dal Tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di S. L. ed altro, iscritta al n. 823 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di intervento della S.I.A.E. nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 aprile 2001 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che il Tribunale di Milano, con ordinanza emessa il 29 novembre 1999 e pervenuta a questa Corte il 13 dicembre 2000, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 76, 122 e 100 del codice di procedura penale, nella parte in cui prevedono che "la procura speciale per la costituzione di parte civile debba essere fatta per atto pubblico o scrittura privata autenticata, senza dare possibilità al difensore di certificare la genuinità della sottoscrizione dell’avente diritto, quando apposta in calce o a lato di un medesimo atto contenente sia la procura ad actum - nomina di un procuratore che si costituisca parte civile in nome e per conto del rappresentato - sia il conferimento della procura ad litem al difensore stesso";

che a tal proposito il giudice rimettente ha premesso, in fatto, che, nel corso di un procedimento per reati previsti dalla legge n. 633 del 1941, una delle parti offese si costituiva parte civile, con atto sottoscritto dal difensore ed in calce al quale era stata apposta la nomina di due avvocati quali procuratori e difensori dell’ente costituendo, con sottoscrizione del legale rappresentante autenticata da uno dei due difensori;

che, accogliendo l’eccezione formulata dalle altre parti, il Tribunale rimettente dichiarava inammissibile tale costituzione di parte civile, in quanto - sottolinea il giudice a quo - mentre il mandato alle liti può essere autenticato dal difensore, tale potere non può essergli riconosciuto in relazione alla procura ad actum, posto che l’art. 122 del codice di rito espressamente richiede, a pena di inammissibilità, che tale procura sia rilasciata per atto pubblico o scrittura privata autenticata;

che alla stregua di tali rilievi, le norme impugnate si porrebbero, dunque, in contrasto:

·  con l’art. 3 Cost., in quanto si determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti titolari di un diritto risarcitorio, a seconda che tale diritto sia fatto valere in sede civile o in sede penale, sede, quest’ultima, ove maggiori sono gli oneri e le difficoltà per ottenere il ristoro dei danni patiti;

·  con l’art. 24 Cost., giacchè i maggiori oneri imposti dalle norme processuali penali rispetto a quelle civili (obbligo di comparire personalmente all’udienza, o, in alternativa, di nominare un procuratore speciale mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata), "limitano ingiustificatamente il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, che il danneggiato troverebbe se invece di adire il giudice civile scegliesse di adire il giudice penale mediante costituzione di parte civile";

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo disporsi la restituzione degli atti al Tribunale rimettente per ius superveniens, ovvero, in subordine, dichiararsi infondata la proposta questione;

che ha altresì spiegato atto di intervento l’ente la cui dichiarazione di costituzione di parte civile nel procedimento a quo é stata dichiarata inammissibile.

Considerato che, a prescindere dal mutamento del quadro normativo intervenuto dopo la pronuncia della ordinanza di rimessione, la questione proposta é palesemente inammissibile per difetto del requisito della rilevanza, giacchè il giudice a quo – avendo espressamente affermato che non v’é più alcuno "spazio per un ulteriore esame della costituzione di parte civile, già necessariamente dichiarata inammissibile", ma che si ritiene tuttavia "importante" sottoporre il quesito al vaglio di questa Corte - per questa via attesta di aver già fatto definitiva applicazione proprio delle norme della cui legittimità costituzionale ora dubita;

che gli accennati rilievi consentono di ritenere superato anche il problema relativo alla legittimazione all’intervento, spiegato nel presente giudizio, dall’ente non ammesso a rivestire la qualità di parte privata nel procedimento a quo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 76, 122 e 100 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Milano con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in Cancelleria l'8 giugno 2001.