ORDINANZA N.166
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge della Regione Toscana 12 novembre 1993, n. 85 (Disposizioni per l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie), promossi con le ordinanze emesse il 4 giugno 1999 dalla Corte di cassazione, sul ricorso proposto da Stefani Onesto ed altri contro la Regione Toscana, e il 15 febbraio 1999 dal Pretore di Firenze, sui ricorsi proposti da Barducci Silvia ed altri contro la Regione Toscana, iscritte, rispettivamente, al n. 699 del registro ordinanze 1999 e al n. 470 del registro ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell'anno 1999, e n. 37, prima serie speciale, dell'anno 2000.
Visti gli atti di costituzione della Regione Toscana;
udito nell'udienza pubblica del 20 marzo 2001 il Giudice relatore Massimo Vari;
udito l'avvocato Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana.
Ritenuto che la Corte di cassazione, con ordinanza del 4 giugno 1999, ha sollevato, in riferimento agli artt. 117 della Costituzione e 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 della legge della Regione Toscana 12 novembre 1993, n. 85 (Disposizioni per l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie), secondo il quale "nel caso in cui la norma che prevede la sanzione non indichi il minimo edittale, il pagamento in misura ridotta é pari alla terza parte del massimo edittale stabilito per la violazione";
che il rimettente osserva che, alla luce di quanto ritenuto anche da questa Corte (sentenza n. 152 del 1995), l’art. 16 della legge n. 689 del 1981 ha valore di norma di principio, suscettibile di vincolare il legislatore regionale, nella parte in cui statuisce che le sanzioni amministrative possono essere estinte mediante il pagamento di una somma pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole, al doppio del minimo della sanzione edittale, ricavato, se la disposizione sanzionatoria non lo indica espressamente, dal "minimo desumibile in via generale dalla disciplina relativa al tipo di sanzione applicata";
che, ad avviso del giudice a quo, da ciò discende che, pur in assenza di un minimo specificamente sanzionato, la Regione non può sottrarre, a chi sia interessato al pagamento in misura ridotta, la possibilità di ottemperare al proprio obbligo scegliendo la "misura più favorevole" tra quelle indicate dal predetto art. 16 della legge n. 689 del 1981;
che, alla luce di quanto detto, il rimettente ritiene non manifestamente infondata la sollevata questione, anche in ragione della "somiglianza di contenuto" tra la disposizione denunciata e l’art. 6 della legge della Regione Abruzzo n. 47 del 1984, sul quale la Corte costituzionale si é pronunziata con la menzionata sentenza n. 152 del 1995;
che si é costituita in giudizio la Regione Toscana, concludendo per l'improcedibilità, inammissibilità e infondatezza della questione;
che la disposizione dell'art. 7 della legge della Regione Toscana n. 85 del 1993 é stata denunciata anche dal Pretore di Firenze, con ordinanza del 15 febbraio del 1999 (pervenuta alla Corte il 30 giugno 2000);
che il rimettente ¾ nel richiamare il consolidato orientamento della Cassazione, secondo il quale il minimo della sanzione edittale cui fa riferimento l’art. 16 della legge n. 689 del 1981, al fine di consentire il pagamento in misura ridotta della pena pecuniaria per la commissione di illeciti amministrativi, ove non sia previsto nella disposizione sanzionatoria speciale, va individuato in quello fissato in via generale dall’art. 10 della legge n. 689 del 1981 o dall’art. 26 del codice penale, a seconda che si tratti, rispettivamente, di sanzioni originariamente amministrative o di sanzioni amministrative per reati depenalizzati ¾ ritiene che la disposizione denunciata, secondo quanto é dato evincere anche dalle sentenze della Corte costituzionale n. 152 del 1995 e n. 187 del 1996, si ponga in contrasto con il già citato art. 16 della legge n. 689 del 1981 e, conseguentemente, con l’art. 117 della Costituzione;
che pure in questo giudizio si é costituita la Regione Toscana, concludendo per l'infondatezza della questione;
che, in prossimità dell’udienza, la Regione stessa ha depositato, in entrambi i giudizi, memorie difensive dello stesso tenore, nelle quali, richiamando la più recente giurisprudenza della Cassazione, osserva che il rimettente non ha tenuto conto della modifica legislativa dell'art. 16 della legge n. 689 del 1981, operata dall'art. 52 del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, allo scopo di impedire che ¾ per effetto della interpretazione giurisprudenziale, secondo la quale, in mancanza di un minimo edittale, quest'ultimo deve ritenersi quello di lire 4.000 ¾ la sanzione perda ogni efficacia dissuasiva.
Considerato che le ordinanze sollevano analoghe questioni di costituzionalità, sicchè i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia;
che l'art. 16 della legge n. 689 del 1981 é stato modificato dall'art. 52 del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213 (Disposizioni per l'introduzione dell'EURO nell’ordinamento nazionale, a norma dell’art. 1, comma 1, della legge 17 dicembre 1997, n. 433), il quale ha ammesso il pagamento in misura ridotta "pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo";
che i rimettenti, tralasciando di formulare qualsiasi valutazione in merito all’influenza che potrebbe avere, sulla definizione del giudizio principale, l'accennata modifica legislativa, non hanno assolto all’obbligo di dare congrua ed esauriente motivazione, sulla base del complessivo quadro normativo vigente in materia, in ordine alla rilevanza della prospettata questione;
che tale carente ponderazione, non colmabile attraverso un riscontro interpretativo da parte di questa Corte, costituisce motivo di manifesta inammissibilità della questione (ordinanza n. 452 del 2000).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 della legge della Regione Toscana 12 novembre 1993, n. 85 (Disposizioni per l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie), sollevata, con riferimento all’art. 117 della Costituzione, in relazione all’art. 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), dalla Corte di cassazione e dal Pretore di Firenze, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 28 maggio 2001.