ORDINANZA N.147
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO Giudice
- Massimo VARI "
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 220 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n.51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), promossi con ordinanze emesse il 12 aprile 2000 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale militare di Cagliari nel procedimento penale a carico di G. L. ed altri, iscritta al n. 463 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2000 e il 21 gennaio 2000 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Imperia nel procedimento penale a carico di P. C., iscritta al n. 499 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 marzo 2001 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che con ordinanza emessa il 21 gennaio 2000 (r.o. n. 499 del 2000) il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Imperia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 220 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), nella parte in cui prevede che le udienze preliminari fissate o in corso alla data indicata dall’art. 247, comma 2-bis, del medesimo decreto (ossia al 2 gennaio 2000), per reati attribuiti alla cognizione del tribunale in composizione monocratica, siano tenute con l’applicazione delle disposizioni anteriormente vigenti;
che il giudice a quo — premesso di essere investito, in sede di udienza preliminare, della richiesta dell’imputato di giudizio abbreviato — assume che la disposizione denunciata avrebbe determinato una irragionevole disparità di trattamento, in rapporto alla nuova disciplina processuale introdotta dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, fra i procedimenti attribuiti alla cognizione del tribunale in composizione monocratica (nei quali, ove l’udienza preliminare sia fissata o in corso al 2 gennaio 2000, continuano a valere le vecchie disposizioni) e i procedimenti sui quali il tribunale giudica in composizione collegiale (nei quali si applicano, invece, le nuove norme);
che tale disparità di trattamento — integrativa, secondo il rimettente, di una "macroscopica iniquità" — emergerebbe in modo evidente proprio qualora l’imputato intenda accedere, come nella specie, al giudizio abbreviato: giacchè nel primo caso (reati attribuiti al giudice monocratico) l’ammissione al rito alternativo resterebbe tuttora subordinata, secondo le vecchie regole, al consenso del pubblico ministero; mentre nel secondo (reati a cognizione collegiale), alla luce della nuova formulazione dell’art. 438 cod. proc. pen. (come sostituito dall’art. 27 della legge n. 479 del 1999), non soltanto si prescinderebbe da detto consenso, ma il giudice sarebbe tenuto senz’altro ad ammettere il rito richiesto;
che analoga questione di legittimità costituzionale é stata sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale militare di Cagliari con ordinanza emessa il 12 aprile 2000 (r.o. n. 463 del 2000);
che il rimettente muove dalla premessa per cui la disposizione dell’art. 220 del decreto legislativo n. 51 del 1998 dovrebbe ritenersi valevole anche nei procedimenti penali militari relativi — come quello a quo — a reati puniti con la pena della reclusione non superiore a dieci anni (limite generale della cognizione del tribunale monocratico, a mente degli artt. 33-bis e 33-ter cod. proc. pen.): e ciò in base al principio di "fungibilità" tra reclusione ordinaria e reclusione militare ai fini dell’applicabilità, nel rito militare, delle norme del codice di procedura penale che fanno generico riferimento alla pena della reclusione;
che, ad avviso del giudice a quo, peraltro, la disposizione in parola — nella misura in cui impedisce di applicare nei procedimenti da essa considerati le nuove e "più garantiste" regole dell’udienza preliminare introdotte dalla legge n. 479 del 1999 (in particolare, gli artt. 421-bis, 422, 425, 430 e 431 cod. proc. pen.) — contrasterebbe con l’art. 3 della Costituzione, determinando una disparità di trattamento fra gli imputati nei procedimenti in corso correlata ad un dato puramente "accidentale", quale la circostanza che l’udienza preliminare sia stata fissata o meno entro il 2 gennaio 2000;
che la denunciata violazione del principio di uguaglianza ridonderebbe anche in una lesione del diritto di difesa e del principio del "giusto processo", di cui agli artt. 24 e 111 della Costituzione, in quanto la situazione processuale evidenziata comprometterebbe la parità tra le parti ed impedirebbe all’imputato di fruire delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa;
che per quanto attiene, infine, alla rilevanza della questione, essa si connetterebbe all’esigenza di stabilire se — anche in riferimento a richieste istruttorie della difesa non concepibili nella cornice della normativa previgente — le nuove regole innanzi ricordate siano o meno valevoli nel procedimento a quo;
che nel secondo dei giudizi di costituzionalità é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per la declaratoria di inammissibilità o infondatezza della questione.
Considerato che le due ordinanze di rimessione sollevano, sia pure in rapporto a parametri e con argomenti parzialmente differenziati, la medesima questione, sicchè i relativi giudizi possono venir riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
che oggetto dello scrutinio di costituzionalità é una disposizione transitoria del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), il cui titolo IV — dedicato alle "Disposizioni sul processo penale" — nell’ampliare notevolmente l’area di intervento del tribunale in composizione monocratica rispetto alla precedente competenza penale del pretore, prevedeva all’origine l’udienza preliminare nei soli procedimenti attribuiti al tribunale in composizione collegiale;
che, in tale cornice, si poneva peraltro il problema della sorte delle udienze preliminari fissate o in corso per reati che, già di competenza del tribunale nel vecchio sistema, risultavano devoluti nel nuovo al giudice monocratico;
che, al riguardo, l’art. 220 del decreto oggi impugnato stabiliva che le udienze preliminari fissate o iniziate, per reati a cognizione monocratica, alla data di efficacia della riforma — termine poi differito al 2 gennaio 2000 dal decreto-legge 24 maggio 1999, n. 145, convertito, con modificazioni, nella legge 22 luglio 1999, n. 234 — continuassero ad essere tenute "con l’applicazione delle disposizioni anteriormente vigenti" (salva, in caso di rinvio a giudizio, la citazione davanti al tribunale in composizione monocratica);
che la norma perseguiva, in tal modo, un duplice obiettivo: di "salvaguardia delle garanzie dell’imputato", tramite la conservazione di un momento di verifica della fondatezza dell’accusa sul quale egli aveva ormai riposto "affidamento" (in tal senso, la relazione illustrativa del decreto legislativo n. 51 del 1998); e al tempo stesso di economia processuale, evitando una regressione del procedimento al pubblico ministero per la citazione diretta che avrebbe comportato, il più delle volte, un allungamento dei tempi del processo;
che sopravveniva, peraltro, nelle more, la legge 16 dicembre 1999, n. 479 — entrata in vigore lo stesso 2 gennaio 2000 — la quale, senza incidere formalmente sulla norma impugnata, introduceva, per un verso, l’udienza preliminare anche in rapporto ad una parte dei reati a cognizione monocratica, e dettava, per altro verso, una disciplina sensibilmente innovativa tanto dell’udienza preliminare che del giudizio abbreviato;
che, ciò premesso — a prescindere da ogni rilievo circa la reale idoneità della norma impugnata a precludere, in deroga al principio tempus regit actum, secondo quanto postulato dai rimettenti, l’applicazione di disposizioni processuali dettate da una legge diversa e posteriore (se pur collegata), e tanto più di disposizioni concernenti un istituto distinto dall’udienza preliminare, qual é il giudizio abbreviato (istituto di cui il decreto legislativo n. 51 del 1998 si occupa in una separata norma transitoria: l’art. 223) — deve osservarsi come l’ordinanza di rimessione del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Imperia risulti totalmente carente di indicazioni in ordine alla fattispecie concreta oggetto di giudizio;
che, in particolare, il rimettente non precisa se si procede per reato attribuito alla cognizione del tribunale in composizione monocratica, e — ulteriormente — se si tratti di reato a cognizione monocratica per il quale, in base alla disciplina introdotta dalla legge n. 479 del 1999, non é più prevista l’udienza preliminare;
che tale carenza si risolve in un difetto di motivazione circa l’applicabilità della norma impugnata nel giudizio a quo: giacchè, se lo scopo di quest’ultima é — come accennato — esclusivamente quello di "far salva", per ragioni di "garanzia" e di economia processuale, l’udienza preliminare in corso o già fissata nell’ambito di procedimenti che tale udienza non prevedono più, é conseguente ritenere che, di fronte al diverso assetto delineato medio tempore dalla legge n. 479 del 1999, l’ambito applicativo della disposizione censurata resti circoscritto alla (per vero ristretta) fascia dei procedimenti — già di competenza del tribunale — che oggi, non soltanto sono attribuiti al giudice monocratico, ma per i quali si procede, altresì, con citazione diretta;
che appare senz’altro erroneo, per converso, il presupposto interpretativo da cui muove il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale militare di Cagliari, riguardo all’applicabilità della disposizione impugnata nel rito militare: tale disposizione, infatti, costituisce una mera "appendice" transitoria della nuova disciplina sulla composizione monocratica del tribunale ordinario, disciplina che — come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità — deve ritenersi non estensibile, sia sul versante ordinamentale che su quello processuale, ai procedimenti davanti ai tribunali militari, la cui composizione speciale e "mista", con la partecipazione di un membro "laico", resta disciplinata dall’art. 2 della legge 7 maggio 1981, n. 180 (v. l’ordinanza di questa Corte n. 98 del 2001);
che, pertanto, le questioni debbono essere dichiarate manifestamente inammissibili.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi;
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 220 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), sollevata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Imperia e dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale militare di Cagliari con le ordinanze e in riferimento ai parametri indicati in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Depositata in Cancelleria il 17 maggio 2001.