ORDINANZA N.119
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8, quarto comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), promosso con ordinanza emessa il 2 maggio 2000 dal Tribunale di Reggio Emilia nel procedimento civile vertente tra Carpanoni Francesco e Khalikane Miloudi, iscritta al n. 460 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 marzo 2001 il Giudice relatore Annibale Marini.
Ritenuto che con ordinanza emessa il 2 maggio 2000 il Tribunale di Reggio Emilia, nel corso di un procedimento per convalida di sfratto, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, quarto comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), il quale prevede che, in caso di assenza del destinatario di una notificazione a mezzo posta (e di rifiuto, mancanza, inidoneità o assenza delle altre persone abilitate a ricevere l’atto), la notificazione si abbia per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di deposito del piego presso l’ufficio postale;
che, per quanto riguarda il parametro di cui all’art. 3 Cost., il rimettente ritiene che a seguito della sentenza n. 346 del 1998 - con la quale questa Corte ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale del terzo comma del medesimo art. 8 della legge n. 890 del 1982, nella parte in cui disponeva che il piego, decorso il ricordato termine di dieci giorni dal deposito senza che ne fosse stato curato il ritiro, dovesse essere restituito al mittente – risulterebbe allo stato incerto, in mancanza di un intervento del legislatore, "il lasso di tempo decorso il quale la notifica può intendersi validamente effettuata", con la possibilità che il vuoto legislativo venutosi a determinare sia colmato in via interpretativa in modo differente violandosi, in tal modo, l’art. 3 Cost.;
che, sotto altro aspetto, e con riferimento al parametro di cui all’art. 24 Cost., dovrebbe altresì dubitarsi, ad avviso del rimettente, che il termine di dieci giorni dalla data del deposito del piego presso l’ufficio postale, decorso il quale l’atto si ha per notificato, "possa tuttora rappresentare lasso di tempo necessario e sufficiente al perfezionamento della notifica";
che il medesimo rimettente, nella sola parte motiva dell’ordinanza, ha altresì sollevato, in riferimento all’art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale del quinto e sesto comma dello stesso art. 8, i quali prevedono che, nel caso in cui il destinatario o un suo incaricato ritirino il piego presso l’ufficio postale, la notificazione si ha per eseguita alla data di ritiro del piego;
che anche tali norme comporterebbero una illegittima disparità di trattamento derivante dalla possibilità di differenti soluzioni interpretative, essendo, ad avviso del rimettente, compatibile con il loro tenore letterale un’interpretazione secondo la quale il ritiro del piego possa avvenire, e dunque la notificazione perfezionarsi, pur dopo il decimo giorno dal deposito;
che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di infondatezza della questione;
che, ad avviso dell’Avvocatura, l’art. 8 della legge n. 890 del 1982 avrebbe ormai – dopo la sentenza di questa Corte n. 346 del 1998 – un contenuto precettivo tale da assicurare (attraverso l’avviso del deposito e la conservazione del piego presso l’ufficio postale) una effettiva possibilità, per il destinatario, di venire a conoscenza dell’esistenza e del contenuto dell’atto notificatogli, cosicchè qualsiasi ulteriore rafforzamento delle garanzie di difesa del destinatario della notificazione finirebbe per squilibrare, in danno del notificante, il bilanciamento degli interessi in conflitto, lasciando il notificante stesso in balia del comportamento della controparte.
Considerato che la questione, sollevata solamente nella parte motiva dell’ordinanza, riguardante l’art. 8, quinto e sesto comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), deve ritenersi priva di rilevanza nel giudizio a quo, e va perciò dichiarata manifestamente inammissibile, non risultando dall’ordinanza stessa che il convenuto, rimasto contumace, abbia provveduto al ritiro del piego presso l’ufficio postale;
che, per quanto riguarda la questione riferita al quarto comma del medesimo art. 8, sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza, pur a prescindere da ogni altra considerazione, l’asserito vuoto normativo derivante dalla sentenza n. 346 del 1998 riguarderebbe, non già il momento perfezionativo della notificazione, ma semmai la data di restituzione del piego ai sensi del terzo comma dell’art. 8; per cui anche tale questione va dichiarata manifestamente inammissibile, siccome attinente a norma diversa da quella denunciata;
che il termine di dieci giorni necessario ai fini del perfezionamento della notificazione a mezzo posta, in caso di assenza del destinatario (e di rifiuto, mancanza, inidoneità o assenza delle altre persone abilitate a ricevere l’atto), non si pone in contrasto con il diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost., risultando detto termine espressione non irragionevole del bilanciamento, discrezionalmente operato dal legislatore, tra l’interesse del notificante al compimento della notificazione e l’interesse del destinatario all’effettiva conoscenza dell’atto notificato (v. ordinanza n. 591 del 1989);
che il richiamo alla sentenza n. 346 del 1998 appare d’altro canto non pertinente, non riguardando essa – come già osservato - il momento di perfezionamento della notificazione, di cui al citato quarto comma dell’art. 8 (dieci giorni dal deposito, ed anzi – a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale del secondo comma dello stesso art. 8 – dalla comunicazione al destinatario del compimento delle formalità ivi previste e del deposito del piego), bensì il termine, anch’esso peraltro di dieci giorni, originariamente previsto dal terzo comma dell’art. 8 al diverso fine della restituzione al mittente del piego depositato presso l’ufficio postale, e ritenuto lesivo, con la succitata sentenza, del diritto di difesa del destinatario della notificazione, in quanto ostacolava irragionevolmente l’effettiva possibilità di conoscenza dell’atto, dopo il perfezionamento della notificazione, senza che alla brevità del termine stesso corrispondesse alcun interesse giuridicamente apprezzabile in capo al notificante;
che quest’ultima questione va pertanto dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8, quarto, quinto e sesto comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), sollevate, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Reggio Emilia con l’ordinanza in epigrafe;
b) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, quarto comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), sollevata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, dal Tribunale di Reggio Emilia con la medesima ordinanza.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Annibale MARINI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2001.