SENTENZA N. 111
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 7, 8, 9, 12, 16, 17, 18 e 19 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), promossi con ricorsi delle Regioni Puglia e Lombardia, notificati il 9 gennaio 1998, depositati in cancelleria il 16 successivo e iscritti ai nn. 8 e 9 del registro ricorsi 1998.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 16 gennaio 2001 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;
uditi l’avvocato Beniamino Caravita di Toritto per le Regioni Puglia e Lombardia e l’avvocato dello Stato Ignazio F. Caramazza per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – La Regione Puglia, con ricorso regolarmente notificato e depositato il 16 gennaio 1998 (reg. ric. n. 8 del 1998), ha sollevato questione di legittimità costituzionale in via principale degli artt. 1, 2, 7, comma 2, 16, 18 e 19 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), per violazione degli artt. 3, 5, 76, 117, 118, 119 e 128 della Costituzione.
Richiamato un proprio precedente ricorso avverso alcune disposizioni contenute nella legge di delega 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), e sottolineato che le censure allora sollevate possono nuovamente essere ripetute in ordine a corrispondenti previsioni del decreto legislativo (artt. 1, 2 e 7, comma 2, relativamente al richiamo al principio di sussidiarietà), la ricorrente si sofferma su alcune specifiche disposizioni di quest’ultimo.
L’art. 18 configurerebbe una elusione dell’art. 4, comma 4, della legge n. 59 del 1997 che, nel prevedere una delega al Governo, disponeva che questi affidasse alle regioni i compiti di generale riordino del trasporto regionale e locale, nella espressa prospettiva del superamento degli assetti monopolistici della gestione dei trasporti, assetti che invece il decreto legislativo consoliderebbe, in violazione dunque dell’art. 76 della Costituzione e altresì in contrasto con i principi in tema di concorrenza tra imprese sanciti dalla normativa europea e con il principio di uguaglianza: l’art. 18 del decreto legislativo n. 422 del 1997 esclude infatti da ogni confronto concorrenziale le gestioni dirette degli enti locali e quelle svolte tramite loro aziende speciali (comma 2, lettere b e c), prevedendo unicamente per tali forme di gestione un divieto di ampliamento dei bacini di servizio, conseguendone "soltanto una indefinita previsione di affidamento facoltativo di quote di servizi mediante procedure concorrenziali", incompatibile con la normativa comunitaria. Una ulteriore forma gestionale di carattere monopolistico, mediante società per azioni, già disciplinata dall’art. 22, comma 3, lettera c), della legge n. 142 del 1990 (Ordinamento delle autonomie locali), é esclusa da ogni previsione di superamento. Incongrua sarebbe altresì la previsione dell’art. 18, comma 3, secondo il quale l’affidamento diretto della gestione si protrae per cinque anni nei casi in cui l’esercizio venga proseguito da società o cooperative derivanti dalla trasformazione disciplinata dalla medesima norma. Alle regioni, in definitiva, sarebbe impedito il riordino del settore, sia per il regime differenziato stabilito direttamente dal decreto legislativo, sia per il ruolo che gli enti locali mantengono, in mancanza dell’abrogazione dell’art. 22 della legge n. 142 del 1990.
L’art. 16 del decreto legislativo n. 422 viene impugnato in ragione della "impropria formulazione" delle modalità secondo le quali deve verificarsi l’intesa tra regioni ed enti locali in tema di definizione dei servizi minimi i cui costi sono a carico del bilancio delle regioni, sotto il profilo del ruolo marginale assegnato alla legge regionale nella definizione di tali modalità.
Infine, l’art. 19 é censurato in quanto esso sarebbe oscuro, risultando incomprensibile, secondo la ricorrente, la corrispondenza da questo fissata tra oneri per i servizi e risorse disponibili al netto dei proventi tariffari: solo la determinazione di un rapporto tra oneri per i servizi e risorse disponibili al lordo dei proventi tariffari potrebbe evitare "assurde" pretese di ripiani integrali dei disavanzi di gestione da parte delle imprese di trasporto nei confronti della regione.
2. – Nel giudizio così instaurato si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.
Secondo l’Avvocatura, la censura relativa all’art. 18 sarebbe infondata: nella legge delega il superamento degli assetti monopolistici appare delineato non come risultato da realizzare già con il decreto legislativo, ma come mera finalità da incentivare in quella sede. L’autonomia delle regioni, poi, non sarebbe intaccata, ben potendo esse nella propria legislazione andare oltre rispetto al livello minimo disposto dal medesimo art. 18.
Quanto alla dedotta oscurità degli artt. 16 e 19, da questa non deriverebbe comunque alcuna lesione dell’autonomia regionale costituzionalmente garantita.
3. – La Regione Lombardia, con ricorso regolarmente notificato e depositato il 16 gennaio 1998 (reg. ric. n. 9 del 1998), ha sollevato anch’essa questioni di legittimità costituzionale di alcune disposizioni del decreto legislativo n. 422 del 1997, e in particolare degli artt. 2, 3, 7, 8, 9, 12, 16, 17, 18 e 19, assumendo la violazione degli artt. 3, 76, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, secondo i profili di seguito sintetizzati.
L’art. 2, che definisce la nozione di "conferimento", sarebbe incostituzionale in quanto comprende in tale voce sia la delega, sia il trasferimento, sia l’attribuzione di funzioni e compiti, tanto alle regioni quanto agli enti locali, confondendo in tal modo nozioni che sono da tenere distinte in base agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione.
L’art. 3, che definisce i servizi pubblici di trasporto "di interesse nazionale", senza ispirarsi ad un univoco criterio, si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 117 e 118 della Costituzione: se dalla lettera f) parrebbe ricavarsi il criterio del carattere internazionale o anche nazionale dei servizi, purchè a percorrenza medio-lunga, viceversa questo non vale per la lettera c), che definisce di interesse nazionale anche le linee interregionali che collegano più di due regioni, mentre risulterebbe incongruente, nello specifico contesto geografico italiano, l’esclusione dai servizi di interesse nazionale di trasporto aereo dei soli collegamenti che si svolgono esclusivamente nell’ambito di una regione.
L’art. 7, comma 3, secondo periodo, che riprende il dettato dell’art. 4, comma 5, della legge n. 59 del 1997, relativamente al potere sostitutivo statale nei confronti delle regioni che non conferiscano entro il termine previsto le funzioni agli enti locali, nel precisare l’an e il quando della sostituzione sarebbe incostituzionale: da un lato, tenterebbe di porre rimedio alla indeterminatezza della norma di delega cui fa richiamo, dall’altro configurerebbe un tentativo del Governo di fornire a se stesso una nuova ulteriore delega, assolutamente extra ordinem.
L’art. 12, nell’attribuire al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di effettuare direttamente i conferimenti e la distribuzione delle risorse agli enti locali, lederebbe le competenze regionali, violando al contempo i principi della legge di delega e quindi gli artt. 3, 76, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione: la ripartizione tra regioni ed enti locali delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative, in quanto misure accessorie e strumentali al riparto di funzioni tra regioni ed enti locali, dovrebbe avvenire dopo (e non prima) che tale riparto sia stato definito dalle regioni, ai sensi dell’art. 7 del decreto legislativo n. 422 del 1997 in questione.
L’art. 16, relativo alla determinazione dei servizi minimi, violerebbe gli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, in quanto non terrebbe nel dovuto conto, nel disciplinare la partecipazione degli enti locali a tale operazione, delle competenze attribuite in materia alle regioni, anche sulla base della legge delega. L’art. 4, comma 4, lettera a), della legge n. 59 del 1997 stabilisce infatti che il Governo provvede ad attribuire alle regioni il compito di definire, d’intesa con gli enti locali, i servizi minimi da porre a carico dei bilanci regionali. Soltanto la previsione, chiara, di una "intesa debole" con gli enti locali, le cui modalità siano disciplinate con legge regionale, sarebbe rispettosa dell’autonomia regionale, ma questo non é dato desumere dalla disposizione impugnata.
L’art. 18, comma 2, limitandosi a stabilire, per il caso di gestione diretta o affidamento diretto dei servizi da parte degli enti locali a propri consorzi o aziende speciali, il solo criterio dell’ampliamento dei bacini di servizio (lettera b), e l’obbligo di affidamento da parte degli enti locali di quote di servizio tramite procedure concorsuali (lettera c), senza prevedere il divieto o comunque una limitazione dell’esercizio dei servizi di trasporto pubblico sotto tali forme, nonchè in quanto non abroga l’art. 22 della legge n. 142 del 1990, si porrebbe in contrasto con la finalità di superamento degli assetti monopolistici, violando i principi in tema di concorrenza tra imprese sanciti dalla normativa europea, il principio di uguaglianza e l’art. 4, comma 4, lettera b), della legge delega n. 59 del 1997, con rilevanti conseguenze anche sul bilancio regionale.
L’art. 8, comma 5, in materia di servizi ferroviari di interesse regionale e locale non in concessione alle Ferrovie dello Stato, fissando un preciso rapporto tra ricavi e costi senza prevedere alcuna forma di garanzia della copertura finanziaria, si porrebbe anch’esso in contrasto con l’art. 4, comma 4, lettera b), della legge n. 59 del 1997 (secondo il quale i contratti di servizio pubblico dovranno avere le caratteristiche della certezza finanziaria e della copertura di bilancio), con conseguente violazione degli artt. 76, 117, 118 e 119 della Costituzione. Nè potrebbe valere in senso contrario il comma 6 del medesimo articolo, secondo il quale si provvede, con successivi provvedimenti legislativi, alla copertura dei disavanzi maturati alla data del conferimento delle funzioni.
Censure analoghe a quelle relative all’art. 8 vengono avanzate riguardo all’art. 9, che detta la disciplina dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale in concessione alle Ferrovie dello Stato, rinviando anch’esso ai contratti di servizio di cui all’art. 19 del decreto legislativo.
L’art. 17, nel prevedere per le regioni l’obbligo di contemplare nei contratti di servizio compensazioni economiche alle aziende esercenti i servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale, conterrebbe un incostituzionale trasferimento di "oneri a secco" a carico della regione, in violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione. E analoga censura viene avanzata riguardo all’art. 19, comma 1, del quale si rileva altresì l’incongruenza, analogamente al ricorso della Regione Puglia.
4. – Nel giudizio si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o infondate e riservandosi di illustrare le proprie argomentazioni in una successiva memoria.
5. – In prossimità dell’udienza hanno depositato memorie sia l’Avvocatura dello Stato, per il Presidente del Consiglio dei ministri, sia le due Regioni ricorrenti.
6. – L’Avvocatura dello Stato, nella memoria relativa al ricorso della Regione Lombardia, rilevato che le censure relative agli artt. 2 e 7 hanno ormai trovato risposta nella sentenza n. 408 del 1998 della Corte costituzionale, si sofferma sulle rimanenti.
Riguardo all’art. 3 del decreto legislativo n. 422 del 1997, l’Avvocatura afferma che nella individuazione dei trasporti qualificabili "di interesse nazionale" nulla imponeva la scelta di un unico criterio ispiratore, peraltro esistente, e costituito da un criterio misto, a un tempo qualitativo e quantitativo, ancorato sia alla dimensione territoriale del collegamento che alla sua tipologia; quanto ai servizi aerei di interesse interregionale, la riserva statale, oltre a rientrare nella discrezionalità del legislatore, appare comunque ragionevole; mentre, rispetto alle competenze già attribuite in precedenza alle regioni, la nuova disciplina non determinerebbe alcuna riappropriazione da parte dello Stato, non risultando sottratto alla competenza regionale alcun collegamento fra regioni finitime che non sia di nuova attribuzione.
La censura rivolta all’art. 12 sarebbe fondata su una errata lettura della norma, in quanto il Presidente del Consiglio dei ministri può ripartire le risorse tra regioni ed enti locali solo se sia intervenuta una previa intesa, quindi solo se il conferimento sia già avvenuto o sia stato concordato.
Su una errata lettura si baserebbe anche la questione sull’art. 16, in quanto spetta alla legge regionale la disciplina dell’intesa con gli enti locali sui "servizi minimi".
Quanto all’art. 18, la doglianza relativa alla violazione dei principi di concorrenza tra imprese posti dalla normativa europea sarebbe inammissibile, perchè essa non potrebbe comunque ridondare in lesione dell’autonomia regionale, mentre quella relativa all’eccesso di delega sarebbe infondata, in quanto il principio direttivo posto dal legislatore delegante sarebbe quello dell’incentivazione del superamento degli assetti monopolistici, costituendo l’art. 18 solo un minimo che ben può essere superato dalle regioni.
Riguardo agli artt. 8 e 9, l’Avvocatura afferma che in sede di determinazione delle risorse finanziarie da trasferire alle regioni, ai sensi dell’art. 20 del medesimo decreto, potrà tenersi conto degli oneri conseguenti a tali disposizioni.
Infine, infondata sarebbe la censura relativa agli artt. 17 e 19, comma 1, in quanto le "risorse disponibili" che devono coprire l’eventuale disavanzo sono quelle di cui all’art. 20 del decreto legislativo.
7. – La difesa della Regione Puglia, nella memoria, rileva che il fatto di aver dato attuazione con propria normativa al decreto legislativo impugnato non fa venire meno l’interesse regionale al ricorso: l’attuazione é dovuta unicamente alla necessità di evitare l’intervento sostitutivo statale. Nè il sopravvenire del decreto legislativo 20 settembre 1999, n. 400 (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, recante conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale), che ha modificato alcune delle disposizioni impugnate, inciderebbe sul giudizio. In particolare, anche se l’art. 18 sembra essere stato modificato proprio nella parte oggetto del ricorso, con l’abrogazione del comma 2, lettere b) e c), la normativa censurata é stata tuttavia riprodotta nella nuova formulazione del comma 3 e nel comma 3-bis, risultando ulteriormente disattesi i principi della delega in ordine al superamento degli assetti monopolistici per tutto il periodo transitorio, ed almeno fino al 1° gennaio 2004. Nè, secondo la Regione, potrebbe condividersi l’impostazione dell’Avvocatura dello Stato nella lettura del criterio direttivo, in quanto la delega non prevede solo la mera incentivazione del superamento degli assetti monopolistici, ma prescriverebbe l’introduzione di regole di concorrenzialità.
Superati paiono invece alla ricorrente i dubbi relativi all’art. 16, anche alla luce della legge regionale di attuazione, mentre altrettanto non può dirsi dell’art. 19, a meno che le "risorse disponibili" di cui all’art. 19, comma 1, che devono coprire l’eventuale disavanzo, siano quelle di cui all’art. 20, quelle cioé trasferite dallo Stato alle regioni.
8. – Anche la difesa della Regione Lombardia, nella memoria, ha ribadito il permanere dell’interesse regionale all’impugnativa, pur in presenza della legge regionale di attuazione del decreto legislativo n. 422 del 1997.
Quanto al sopravvenire del decreto legislativo n. 400 del 1999, correttivo del precedente, la Regione ritiene necessaria l’estensione dei motivi di illegittimità costituzionale sollevati nel ricorso alla disciplina risultante dalle modifiche apportate con il citato decreto legislativo n. 400. Infatti, secondo la Regione, "nel caso di esercizio da parte del governo di poteri correttivi, i motivi di illegittimità costituzionale si estendono necessariamente alle nuove norme emanate dal governo, laddove tale intervento non muti la precedente disciplina, ma finisca per riproporre, solo con una diversa collocazione, gli stessi principi oggetto di censura".
In ordine alle censure relative agli artt. 2 e 7, la difesa della Regione Lombardia prende atto del sopravvenire della sentenza n. 408 del 1998, mentre ribadisce quelle sull’art. 3: in particolare si sottolinea ancora una volta che i criteri usati nella individuazione dei servizi di interesse nazionale sono contraddittori, avendo rilievo in alcuni casi l’elemento quantitativo, in altri quello qualitativo; che il trasporto aereo regionale non ha alcuna rilevanza in un contesto come quello italiano; e che, quanto ai servizi di trasporto pubblico interregionali che collegano più di due regioni, la nuova disciplina risulta deteriore rispetto a quella già contenuta nel d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382).
Riguardo all’art. 12, si afferma che solo una volta che sia intervenuta la ridistribuzione delle funzioni tra regioni ed enti locali il Governo può essere in grado di ripartire le risorse: pertanto per superare l’incostituzionalità della norma é necessario ritenere che l’intesa debba perfezionarsi a conferimento già avvenuto. Il nodo interpretativo relativo all’art. 16 sarebbe stato sciolto invece dalla sopravvenuta legge regionale della Lombardia. Quanto all’art. 18, la Regione Lombardia utilizza argomentazioni analoghe a quelle contenute nella memoria della Regione Puglia.
Immutate, infine, resterebbero anche le censure relative all’art. 8, commi 5 e 6, e all’art. 9, e quelle riguardanti gli artt. 17 e 19, comma 1, a meno di non ritenere, come fa la difesa del resistente, che gli oneri derivanti da tali previsioni debbano ritenersi a carico dello Stato.
Considerato in diritto
1. – La Regione Puglia e la Regione Lombardia sollevano questione di legittimità costituzionale di diverse disposizioni del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), in riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97, 117, 118, 119 e 128 della Costituzione.
In particolare: (a) gli artt. 1 e 2, comprendendo nella nozione di "conferimento" funzioni sia delegate che trasferite tanto alle regioni quanto agli enti locali, produrrebbero confusione tra nozioni che hanno da essere tenute distinte, alla stregua degli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione; (b) l’art. 3, nel definire i servizi pubblici di trasporto di interesse nazionale, si ispirerebbe a criteri non omogenei, violando gli artt. 3, 117 e 118 della Costituzione; (c) l’art. 7, comma 2, sul trasferimento di funzioni e compiti in materia di trasporto da parte delle regioni alle province, ai comuni e agli altri enti locali, facendo riferimento al criterio della sussidiarietà, sarebbe del tutto generico e il medesimo articolo, al comma 3, disciplinando il potere sostitutivo statale nei confronti delle regioni che non abbiano provveduto nel termine previsto al conferimento delle funzioni agli enti locali, tenterebbe, in violazione dell’art. 76 della Costituzione, di precisare le condizioni della sostituzione - per ovviare all’asserita incostituzionalità dello stesso art. 4, comma 5, della legge delega n. 59 del 1997 – e conferirebbe al governo un’ulteriore delega, ciò che esula dai poteri propri del legislatore delegato; (d) l’art. 8, commi 5 e 6, in materia di servizi ferroviari di interesse regionale e locale non in concessione alle Ferrovie dello Stato e l’art. 9, in materia di servizi ferroviari in concessione a queste, stabilendo un rapporto tra ricavi e costi senza garanzia della copertura finanziaria di eventuali squilibri di bilancio delle imprese, i cui oneri ricadrebbero sulla finanza regionale, contrasterebbe con l’art. 76 della Costituzione, violando l’art. 4, comma 4, lettera b), della legge di delega n. 59 del 1997 che prevede che i contratti di servizio pubblico devono garantire la certezza finanziaria e la copertura di bilancio; (e) l’art. 12, attribuendo al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di effettuare direttamente i conferimenti e la distribuzione delle risorse agli enti locali, anche prima del conferimento a essi delle funzioni da parte delle regioni, lederebbe le competenze di queste e contrasterebbe con l’art. 76 della Costituzione, violando i principi della legge delega dai quali risulterebbe che la ripartizione tra regioni ed enti locali delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative debba avvenire dopo; (f) l’art. 16, disciplinando tramite lo strumento dell’intesa la partecipazione degli enti locali alla determinazione dei servizi di trasporto minimi, disconoscerebbe le competenze e i compiti regionali in materia, con violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione; (g) l’art. 17, stabilendo l’obbligo per le regioni di contemplare nei contratti di servizio compensazioni economiche alle imprese esercenti i servizi pubblici di interesse regionale e locale, prevederebbe un onere finanziario, senza contropartite, a carico del bilancio regionale, con violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione; (h) l’art. 18, commi 2 e 3, in materia di gestione diretta e di affidamento diretto dei servizi di trasporto da parte degli enti locali, non realizzerebbe l’obbiettivo del superamento degli assetti monopolistici esistenti nel settore, violando i principi in tema di concorrenza tra imprese sanciti dalla normativa europea, il principio di uguaglianza e l’art. 76 della Costituzione, tramite la violazione dell’art. 4, comma 4, lettera b), della legge n. 59 del 1997; (i) l’art. 19, stabilendo il principio di corrispondenza tra oneri per i servizi e risorse disponibili al netto dei proventi tariffari, oltre a essere oscuro, potrebbe determinare ingiustificate pretese di ripianamento da parte delle regioni dei disavanzi di gestione delle imprese di trasporto, con violazione dell’art. 119 della Costituzione.
2. – Stante la parziale coincidenza del ricorso della Regione Puglia con quello della Regione Lombardia, le questioni di legittimità costituzionale possono essere riunite per essere decise con unica sentenza.
3. – Le questioni sottoposte alla Corte sono in parte non fondate e in parte inammissibili.
4.1. – La questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 del decreto legislativo impugnato non é fondata. Essa, in mancanza di nuove prospettazioni, coincide con quella già esaminata e respinta dalla Corte con la sentenza n. 408 del 1998 relativamente alle corrispondenti previsioni contenute nella legge delega n. 59 del 1997, condividendone la sorte. Anche in questo caso, vale osservare che con l’espressione generica di "conferimento" di funzioni si intende semplicemente indicare in sintesi, senza confusioni, "tutta la gamma di strumenti costituzionalmente ammessi per il decentramento delle funzioni" secondo la Costituzione.
4.2. – Non fondata é anche la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 del decreto legislativo in esame, sollevata in base al rilievo che la determinazione dei servizi pubblici di trasporto di interesse nazionale non si ispirerebbe a criteri omogenei, con ciò violando gli artt. 3, 117 e 118 della Costituzione. Che il legislatore delegato si sia ispirato a una pluralità di criteri é fuori discussione. Il criterio della estensione territoriale dei servizi, ad esempio, é utilizzato in materia di trasporto aereo, marittimo, automobilistico e ferroviario. In un altro caso – il collegamento via mare fra terminali ferroviari – il carattere nazionale del trasporto viene evidentemente fatto dipendere, oltre che dall’esigenza imprescindibile di evitare il rischio di isolamento di determinati territori regionali, conseguente a eventuali contrasti tra politiche regionali, altresì dalla necessità di regolare uniformemente collegamenti che normalmente costituiscono i punti di confluenza di linee di trasporto ferroviario di rilievo internazionale. Da esigenze non frazionabili di sicurezza, infine, dipende la individuazione, quali servizi pubblici di interesse nazionale, dei servizi di trasporto di merci pericolose, nocive e inquinanti. Vi sarebbe da dubitare della razionalità delle scelte del legislatore e, eventualmente, della lesione delle competenze regionali, nel solo caso in cui i criteri impiegati fossero non diversi ma contraddittori, tali cioé, secondo logica comune, da escludersi l’uno con l’altro. Il che, all’evidenza, non si verifica nel caso in esame: conclusione valida anche per la classificazione tra quelle di interesse nazionale delle linee di trasporto automobilistico che collegano più di due regioni (lettera c); una classificazione, questa, che può ritenersi rientrare nelle scelte discrezionali del legislatore, essendo determinata, oltre che dalla lunghezza del collegamento, normalmente superiore a quelli interni a una singola regione o che uniscono località situate nel territorio di due regioni, dalle potenziali difficoltà derivanti dal necessario coinvolgimento delle competenze di plurime autorità regionali.
4.3. – Non fondata é altresì la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, relativamente alla previsione, al comma 2, della sussidiarietà quale principio per il trasferimento delle funzioni dalla regione agli enti locali e, al comma 3, dell’esercizio del potere sostitutivo statale nei confronti delle regioni che non abbiano conferito agli enti locali, nel termine previsto, le funzioni che loro spettano.
L’indicazione del principio di sussidiarietà tramite il puntuale riferimento alla definizione ch’esso trova nell’art. 4, comma 3, della legge n. 59 del 1997 non si vede in che cosa possa violare l’autonomia regionale, tanto più in quanto si sostiene dalla ricorrente Regione Puglia che esso sarebbe oggetto di un "generico richiamo", tale quindi da poter essere precisato dalla regione stessa nell’esercizio della propria autonomia legislativa.
Quanto al potere sostitutivo statale, la previsione nella norma del decreto legislativo impugnata é meramente riproduttiva della disposizione contenuta nell’art. 4, comma 5, ultimo periodo, della legge n. 59 del 1997, disposizione questa che é stata sottoposta al vaglio di costituzionalità sulla base di identici motivi, ritenuti non fondati nella già ricordata sentenza n. 408 del 1998. Poichè la disposizione del decreto legislativo impugnata non configura una nuova delega legislativa, ma si limita a richiamare una disciplina e un potere già previsti, in relazione a un’ipotesi specifica (l’eventuale mancata approvazione da parte delle regioni, nel termine stabilito, della legge di "puntuale individuazione" delle funzioni trasferite o delegate agli enti locali in materia di trasporto pubblico locale), ipotesi già compresa nella disposizione legislativa di delega, avente portata generale, non c’é ragione per discostarsi da quanto già precedentemente deciso nel senso dell’infondatezza della questione.
4.4. – Infondate sono altresì le questioni di costituzionalità sollevate su diverse disposizioni del decreto legislativo concernenti in vario modo oneri finanziari obbligatori destinati a gravare sul bilancio regionale, senza che – secondo le ricorrenti – sia previsto un corrispondente trasferimento di risorse. Si tratta in particolare delle disposizioni dell’art. 8, commi 5 e 6, e dell’art. 9, in riferimento all’art. 19, che, in materia – rispettivamente - di servizi ferroviari di interesse regionale e locale non in concessione alle Ferrovie dello Stato e di servizi ferroviari di interesse regionale e locale in concessione alle Ferrovie dello Stato, fissano, per la stipula dei contratti di servizio, un rapporto rigido tra ricavi e costi di esercizio (quanto ai servizi ferroviari non in concessione alle Ferrovie dello Stato, il rapporto di almeno 0,35 tra ricavi da traffico e costi operativi, al netto dei costi di infrastruttura; quanto ai servizi in concessione alle Ferrovie dello Stato, la completa corrispondenza fra oneri per servizi e risorse disponibili, al netto dei proventi tariffari, secondo l’art. 19 del decreto legislativo in questione).
Alle suddette esigenze finanziarie gravanti sul bilancio regionale si provvede tramite il fondo destinato ai trasporti, costituito in ogni regione in base all’art. 20, fondo alimentato sia con risorse regionali che con risorse statali trasferite a norma del secondo comma dell’art. 20 stesso, individuate e ripartite, alla stregua del comma 5 del medesimo articolo, secondo una procedura d’intesa con le regioni, e in misura tale da garantire l’attuale livello del servizio. Il che consente di escludere la fondatezza della censura basata sul preteso accollo al bilancio della regione di spese vincolate, senza la previsione di risorse finanziarie corrispondenti.
Per le stesse ragioni, deve considerarsi infondato l’analogo motivo di doglianza mosso a riguardo delle compensazioni economiche dovute alle aziende su cui gravano obblighi di servizio pubblico, secondo i relativi contratti di servizio, alla stregua dell’art. 17 del decreto legislativo in questione.
4.5. – Priva di fondamento é anche la censura rivolta contro l’art. 12 il quale - dopo avere stabilito, al comma 1, che all’attuazione dei conferimenti di funzioni e all’attribuzione delle relative risorse alle regioni provvede il Presidente del Consiglio dei ministri a norma dell’art. 7, comma 1, della legge n. 59 del 1997, previo accordo di programma tra il Ministero dei trasporti e della navigazione e la regione interessata, a norma dell’art. 4, comma 4, lettera a), della stessa legge n. 59 – prevede, al comma 2, che l’accordo di programma suddetto può disporre, previa intesa tra regione ed enti locali, la contestuale attribuzione e ripartizione fra gli enti locali delle risorse finanziarie, umane e strumentali e organizzative. La Regione Lombardia, invocando gli artt. 3, 76, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, si duole della possibilità così offerta al Presidente del Consiglio dei ministri di effettuare direttamente i conferimenti e la distribuzione delle risorse agli enti locali, senza rispettare i tempi di quella che sarebbe la scansione logica del procedimento e cioé il necessario previo riparto delle funzioni tra regione ed enti locali, a opera della legge regionale. La ripartizione delle risorse, infatti, sarebbe strumentale all’esercizio delle funzioni ripartite.
La suddetta censura, peraltro, trascura di considerare che conferimento delle funzioni e ripartizione delle risorse sono aspetti di una operazione di riorganizzazione istituzionale che si coinvolgono reciprocamente. Per tenere conto di questa implicazione, l’art. 12 impugnato prevede un procedimento basato su accordi e intese tra i soggetti interessati, idoneo a valorizzarne la presenza nelle diverse determinazioni in cui si snoda il procedimento. In particolare, l’attuazione dei conferimenti e l’attribuzione delle relative risorse alla regione avviene previo accordo con quest’ultima e l’attribuzione e la ripartizione delle risorse fra gli enti locali può avvenire contestualmente, tramite l’accordo di programma, solo ove vi sia stata l’intesa tra la regione e gli enti locali medesimi. Onde non si vede in qual modo questo procedimento, che attribuisce un ruolo così determinante alla regione, possa violarne le attribuzioni.
4.6. – Infondata é anche la censura mossa all’art. 16, comma 2, del decreto legislativo il quale, circa la determinazione del livello dei servizi minimi di trasporto, prevede che tale determinazione avvenga a opera della regione, d’intesa con gli enti locali, secondo le modalità stabilite dalla legge regionale. La Regione Lombardia ricorrente ritiene che tale disposizione si presti a un’interpretazione che, attribuendo alla legge regionale il solo compito di determinare i contenuti dei livelli minimi dei servizi e non quello di regolare il procedimento dell’intesa, avrebbe l’effetto di deprimere – a tutto favore degli enti locali - la posizione della regione in una materia - i trasporti pubblici – in cui esiste una propria competenza legislativa e amministrativa riconosciuta costituzionalmente, in violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione; e la Regione Puglia formula – sia pure in forma dubitativa, assumendo l’oscurità della norma – analoga censura.
Ma nulla induce a tale conclusione. Il tenore testuale della disposizione impugnata é tale invece da assegnare alla legge regionale il compito di disciplinare i rapporti con gli enti locali, nel procedimento rivolto alla realizzazione dell’intesa prevista dall’art. 16 impugnato (come del resto hanno fatto, la Regione Lombardia nella legge regionale 29 ottobre 1998, n. 22, e la Regione Puglia nella legge regionale 25 marzo 1999, n. 13) e in tale disciplina hanno da trovare il loro giusto equilibrio le voci della regione e degli enti locali, conformemente al ruolo che loro spetta nella gestione della materia in questione.
5. – Inammissibili sono, infine, le questioni di legittimità costituzionale sollevate sull’art. 18 del decreto legislativo, nella parte in cui esso detta norme finalizzate a incentivare il superamento degli assetti monopolistici in atto e a introdurre regole di concorrenzialità nella gestione dei servizi di trasporto regionale e locale (comma 2) e nella parte in cui (comma 3) prevede un riassetto organizzativo dei soggetti operanti nel settore del trasporto, indirizzato alla privatizzazione e alla concorrenza. Secondo le Regioni ricorrenti, le disposizioni impugnate risulterebbero insufficienti al loro scopo dichiarato, con violazione degli artt. 3, 76, 117 e 118 della Costituzione.
La normativa contenuta nell’art. 18 impugnato é stata sostituita da altra normativa – non impugnata - dettata dall’art. 1, comma 6, del decreto legislativo 20 settembre 1999, n. 400 (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, recante conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale). Non essendo più in vigore la norma impugnata, nè risultando che essa abbia prodotto effetti lesivi delle competenze regionali, le relative questioni sono dunque divenute inammissibili.
Ad avviso delle ricorrenti, però, l’insufficienza delle modificazioni operate, in vista del superamento delle censure proposte, e dunque l’affermata perdurante incostituzionalità della normativa che é venuta a sostituire quella impugnata dovrebbe imporre il "trasferimento" della questione su tale nuova disciplina, anche in considerazione della sua natura "correttiva" alla stregua dell’art. 10 della legge n. 59 del 1997, come integrato dall’art. 9, comma 6, della legge 8 marzo 1999, n. 50. Sennonchè, tale richiesto trasferimento non é possibile nel giudizio principale, spettando comunque alla Regione l’onere di esercitare, nel termine di decadenza previsto, l’azione per l’impugnazione della nuova disposizione che é venuta a sostituire quella originariamente contestata (v. sentenza n. 429 del 1997).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 18 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 76, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Puglia e dalla Regione Lombardia con i ricorsi indicati in epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 7, 8, 9, 12, 16, 17 e 19 del medesimo decreto legislativo n. 422 del 1997, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97, 117, 118, 119 e 128 della Costituzione, dalla Regione Puglia e dalla Regione Lombardia con i ricorsi indicati in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore
Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2001.