Sentenza n. 110/2001

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SENTENZA N. 110

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente         

- Massimo VARI         

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK        

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto legislativo 30 marzo 1999, n. 96 (Intervento sostitutivo del Governo per la ripartizione di funzioni amministrative tra Regioni ed enti locali a norma dell’articolo 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni), promosso con ricorso della Regione Veneto, notificato il 18 maggio 1999, depositato in Cancelleria il 26 successivo ed iscritto al n. 17 del registro ricorsi 1999.

  Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell’udienza pubblica del 16 gennaio 2001 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

  uditi gli avvocati Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso notificato il 18 maggio 1999 e depositato il successivo 26 maggio, la Regione Veneto ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 76, 115, 117, 118, 119, 121, 122 e 123 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale del decreto legislativo 30 marzo 1999, n. 96 (Intervento sostitutivo del Governo per la ripartizione di funzioni amministrative tra Regioni ed enti locali a norma dell’articolo 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59).

1.1. - Precisato di aver prontamente predisposto un disegno di legge di attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) – il quale, a seguito della delega contenuta nella legge n. 59 del 1997 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), ha inteso operare una serie di "conferimenti" di funzioni e compiti agli enti locali –, pur non riuscendo a concludere il procedimento legislativo entro il termine previsto dall’art. 4, comma 5, della legge n. 59 del 1997, la ricorrente censura il decreto legislativo sostitutivo per violazione del principio di leale collaborazione e dell’art. 76 della Costituzione, in quanto nel procedimento di adozione del decreto essa non sarebbe stata sentita, in contrasto con la prescrizione contenuta nella legge di delega. Secondo la Regione, avrebbe dovuto esserle sottoposto almeno lo schema dell’atto ed essa avrebbe dovuto poter rappresentare le ragioni del suo presunto inadempimento; ma ciò non é avvenuto, benchè nel preambolo del decreto si affermi espressamente che il medesimo é stato adottato "sentite le Regioni inadempienti". In particolare, non potrebbe essere considerata quale forma di adempimento dell’obbligo di consultazione la lettera che il Ministro per gli affari regionali ha inviato al Presidente della Regione il 24 marzo 1999, limitandosi a comunicare l’intendimento del Governo di procedere alla sostituzione. Nè la consultazione della singola Regione inadempiente potrebbe essere surrogata da una qualche consultazione della Conferenza Stato-Regioni, sia perchè la legge di delega distingue chiaramente, nelle diverse ipotesi, i due pareri, sia perchè il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali), che disciplina le funzioni della Conferenza, non prevede affatto che questa sia chiamata a pronunciarsi nell’ambito di tale procedimento sostitutivo, che non riguarda tutte le Regioni ma solo quelle che si ritiene non abbiano attuato i trasferimenti previsti dalla legge. In ordine alla mancata consultazione, nel ricorso si chiede alla Corte costituzionale di fare uso dei propri poteri istruttori, al fine di accertare lo svolgimento dei fatti.

Su un piano sostanziale, il decreto legislativo contrasterebbe con i principi e criteri stabiliti dalla legge di delega, con conseguente violazione, oltre che dell’art. 76, anche degli artt. 3 e 119 della Costituzione. Innanzitutto, trattando tutti gli enti autonomi allo stesso modo, sia all’interno della Regione, sia in Regioni diverse, esso si porrebbe in contrasto con il principio di "differenziazione" nell’allocazione delle funzioni, nonchè con il principio di adeguatezza in relazione alla idoneità organizzativa dell’amministrazione ricevente. Sarebbe violato il principio della copertura finanziaria e patrimoniale dei costi per l’esercizio delle funzioni amministrative conferite, di cui all’art. 4, comma 3, lettera i), della legge n. 59 del 1997, in quanto il decreto legislativo attribuisce alle Regioni funzioni e compiti, stabilendo, all’art. 49, che le sue disposizioni si applicano a decorrere dal 1° luglio 1999, mentre esso non opera alcuna attribuzione di risorse, non essendo stati ancora adottati i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri previsti dall’art. 7 della legge n. 59 del 1997.

Mancherebbe poi, secondo la ricorrente, il presupposto stesso per la sostituzione, cioé l’inadempimento: l’obbligo per la Regione sorgerebbe infatti soltanto in presenza di un decreto legislativo che, in conformità della legge di delega, ponga tutte le condizioni per poter essere tradotto nell’ordinamento regionale, mentre il decreto legislativo n. 112 del 1998 subordina l’effettività dei conferimenti di funzioni al trasferimento delle risorse, con la conseguenza che la mancanza delle risorse determinerebbe anche l’illegittimità dell’intervento sostitutivo. La Regione, ai sensi dell’art. 4, comma 3, lettera i), della legge n. 59 del 1997 é tenuta a operare il conferimento di funzioni agli enti locali rispettando il principio della copertura finanziaria e patrimoniale dei relativi costi, e lo stesso art. 3, comma 3, del decreto legislativo n. 112 del 1998 dispone che contestualmente al conferimento delle funzioni si attribuiscano agli enti locali le risorse umane, finanziarie, organizzative e strumentali in misura tale da garantire la congrua copertura degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni e dei compiti trasferiti. L’art. 55, primo comma, dello statuto della Regione Veneto impone analoga contestualità. In assenza dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, la Regione si trova nella impossibilità di osservare tali principi, e lo stesso disegno di legge regionale attuativo del decreto legislativo n. 112 del 1998 subordina l’esercizio delle funzioni conferite alla individuazione delle risorse finanziarie necessarie (art. 13, comma 1, del disegno di legge n. 462): neppure l’approvazione di tale progetto avrebbe potuto impedire l’intervento sostitutivo, in quanto con esso non si ripartiscono tra Regione ed enti locali funzioni attualmente esercitabili; nè esso riuscirà a sostituire le disposizioni cedevoli del decreto legislativo n. 96 del 1999, se quest’ultimo é da intendere come effettivo riparto di compiti.

Sarebbe inoltre violato, a detta della ricorrente, il carattere politico-rappresentativo dell’autonomia regionale (e, quindi, gli artt. 115, 117, 118, 121, 122 e 123 della Costituzione): un intervento sostitutivo di così ampia portata inciderebbe sul rapporto di rappresentanza politica, "inducendo nel corpo elettorale veneto la convinzione dell’inadempimento della Regione". A ritenere che il decreto legislativo n. 96 del 1999 non operi alcuna concreta attribuzione di compiti e funzioni, tale attribuzione essendo subordinata al trasferimento delle risorse, ancora più chiara risulterebbe la finalità del decreto di voler imputare alla Regione la mancata realizzazione del processo di decentramento amministrativo.

L’art. 49 del decreto legislativo n. 96 del 1999, poi, stabilendo che le disposizioni contenute nel decreto medesimo si applicano a decorrere dal 1° luglio 1999, configurerebbe un eccesso di delega, in quanto non spetterebbe a un decreto legislativo disciplinare la propria entrata in vigore e la decorrenza dei propri termini, in assenza di una specifica disposizione abilitante: a ritenere il contrario, si consentirebbe al Governo di eludere il termine previsto. Tale illegittimità si estenderebbe al decreto legislativo nella sua interezza.

Infine, la ricorrente ritiene che altri motivi di illegittimità costituzionale del decreto legislativo n. 96 del 1999 derivino dalla incostituzionalità della delega contenuta nell’art. 4, comma 5, della legge n. 59 del 1997, per cui chiede che la Corte sollevi di fronte a se stessa questione incidentale di costituzionalità: la Regione censura la stessa previsione di un potere sostitutivo statale in materia di conferimento di funzioni agli enti locali, ritenendo che il riferimento all’art. 118, primo e terzo comma, della Costituzione, non sia giustificazione sufficiente per una norma che comporta un grave vulnus all’autonomia politica regionale. In particolare, come la Corte costituzionale ha evidenziato nella sentenza n. 408 del 1998, la sostituzione dovrebbe essere circoscritta alle funzioni "di interesse esclusivamente locale", mentre l’art. 4, comma 5, menzionato, consentirebbe la sostituzione anche per funzioni diverse, con conseguente violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione. L’illegittimità della delega si estenderebbe a tutte quelle disposizioni del decreto legislativo che toccano materie regionali ai sensi dell’art. 117 della Costituzione (con esclusione degli artt. 4-10), spettando in tali materie alla Regione il compito di individuare quali funzioni, escluse quelle di interesse esclusivamente locale, debbano per loro natura essere esercitate a livello regionale, e quali invece vadano svolte per mezzo di delega.

Il carattere cedevole del decreto impugnato non escluderebbe, secondo la Regione Veneto, un interesse regionale a ricorrere. Innanzitutto il decreto legislativo, presupponendo una omissione in realtà insussistente, sarebbe idoneo a incidere sull’autonomia politico-rappresentativa della Regione. Inoltre, se il decreto comportasse, come dovrebbe, una vera e propria attribuzione di funzioni, la Regione non sarebbe in condizione di rimuoverlo, perchè la riallocazione reale ed efficace delle funzioni presuppone una disponibilità di risorse ancora mancante.

1.2. - Nel giudizio si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.

Con una successiva memoria l’Avvocatura dello Stato osserva che non sussiste, ai sensi dell’art. 4, comma 5, della legge n. 59 del 1997, alcun dovere per lo Stato di instaurare il contraddittorio con le Regioni inadempienti prima di utilizzare il potere sostitutivo, non essendo, ad esempio, prevista la previa diffida. Quanto alla violazione dei principi e criteri della delega, per la mancata differenziazione delle funzioni, la memoria rileva che spetta alla Regione tener conto della diversità delle situazioni; riguardo alla mancata adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’art. 7 della legge n. 59 del 1997, si afferma che "l’esatta individuazione della provvista finanziaria necessaria per l’esercizio delle funzioni conferite é operazione assai complessa", che "deve essere effettuata a Costituzione invariata, tenendo conto dei principi costituzionali di cui all’art. 81 della Costituzione". Secondo l’Avvocatura, l’adozione del decreto legislativo sostitutivo costituisce l’ineludibile adempimento di un obbligo legislativamente disciplinato e non già una indebita lesione dell’autonomia costituzionalmente garantita alle Regioni. Nè l’art. 49 del decreto legislativo n. 96 del 1999 violerebbe l’art. 76 della Costituzione, essendo il decreto legislativo stato adottato in virtù delle modifiche apportate all’art. 4, comma 5, della legge n. 59 del 1997, dall’art. 1 della legge 16 giugno 1998, n. 191, e dall’art. 9 della legge 8 marzo 1999, n. 50. Infine, le censure rivolte contro la legge delega sarebbero inammissibili perchè formulate in modo generico.

1.3. - Nel giudizio ha depositato, in data 22 ottobre 1999, atto di intervento la Provincia di Vicenza, sostenendo l’infondatezza delle questioni. La Provincia, che si ritiene "vittima da anni del centralismo regionale", sostiene di essere titolare di un interesse qualificato a intervenire in giudizio per difendere le funzioni che finalmente lo Stato le ha assegnato con il decreto legislativo impugnato.

1.4. – La Regione Veneto, in prossimità dell’udienza del 4 aprile 2000, ha depositato una memoria, ribadendo la necessità che, ai fini dell’adozione del decreto legislativo n. 96 del 1999, fossero sentite le Regioni inadempienti, e chiedendo alla Corte di svolgere il controllo di costituzionalità sulla corretta formazione del decreto legislativo, indipendentemente dall’attestazione, contenuta nel preambolo del medesimo, secondo la quale tale obbligo é stato adempiuto.

La Regione si sofferma poi ampiamente sulle censure relative al mancato trasferimento delle risorse e all’art. 49 del decreto legislativo n. 96 del 1999, affermando che la legge di delega non abilitava il Governo a prevedere una decorrenza della disciplina diversa dalla normale vacatio legis. La memoria infine riafferma la illegittimità del decreto legislativo n. 96 del 1999 derivante dalla illegittimità della disposizione di delega, nella parte in cui questa non si limita a consentire la sostituzione alla Regione nel compito di trasferire le sole funzioni di interesse esclusivamente locale (come sarebbe costituzionalmente imposto dall’art. 118 della Costituzione), ma configura un potere sostitutivo relativo alla generalità dei compiti che non richiedono l’unitario esercizio a livello regionale.

1.5. - In prossimità dell’udienza del 4 aprile 2000, la difesa della Provincia di Vicenza ha depositato una lettera con la quale il Presidente della stessa rinuncia "al ricorso radicato innanzi alla Corte costituzionale".

2. - A seguito dell’udienza pubblica del 4 aprile 2000, questa Corte ha adottato ordinanza istruttoria 18 aprile-3 maggio 2000, chiedendo al Presidente del Consiglio dei ministri e alla Regione di produrre tutta la documentazione in loro possesso sulla consultazione della ricorrente.

2.1. - La Regione Veneto, a seguito dell’ordinanza istruttoria, ha depositato copia del verbale della seduta della Conferenza Stato-Regioni del 4 marzo 1999, affermando di non essere in grado di produrre documenti più pertinenti, in quanto lo Stato non ha assolto in alcun modo all’obbligo di sentirla in vista della emanazione del decreto legislativo n. 96 del 1999. In tale seduta della Conferenza, rileva la Regione, il Ministro per gli affari regionali ha informato le Regioni sullo stato di attuazione del decreto legislativo n. 112 del 1998, senza far cenno dell'uso del potere sostitutivo. Peraltro, la Conferenza era convocata su un diverso ordine del giorno, e la Regione Veneto non era presente. L’audizione di una Regione che si suppone inadempiente non potrebbe comunque - a detta della ricorrente - essere surrogata da una qualche posizione che essa abbia assunto nell’ambito di un organo collegiale, anche se non é escluso che, eventualmente, la Regione venga sentita "in occasione" della riunione dello stesso organo, visto che la legge n. 59 del 1997 non stabilisce una forma particolare per il parere regionale. Pur muovendo da questo presupposto, il verbale prodotto mostra come la Regione non sia stata sentita in alcun modo.

2.2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato anch’esso copia del verbale della seduta del 4 marzo 1999 della Conferenza Stato-Regioni e della lettera indirizzata dal Ministro per gli affari regionali al Presidente della Regione Veneto il 24 marzo 1999.

3. - In prossimità dell’udienza pubblica del 16 gennaio 2001, hanno depositato memorie sia la Regione Veneto che l’Avvocatura dello Stato.

3.1. - La Regione Veneto, riguardo al denunciato vizio formale, ribadisce di non essere stata sentita: la lettera del Ministro per gli affari regionali del 24 marzo 1999 si limitava, come già rilevato, ad affermare l’intenzione del Governo di procedere alla sostituzione, senza chiedere alcun parere alla Regione.

Riguardo alla censura relativa alla violazione dell’art. 119 della Costituzione, in quanto al conferimento di funzioni non si accompagnerebbe il trasferimento di risorse, la Regione rileva che nessuna influenza riveste l’art. 52 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001), che prevede il trasferimento di risorse alle Regioni e agli enti locali per lo svolgimento delle funzioni di cui al decreto legislativo n. 112 del 1998, trattandosi di stanziamenti destinati a valere solo per il futuro e non potendo comunque sanare i vizi del decreto legislativo n. 96 del 1999. Lo stesso art. 52 della legge n. 388 del 2000 prende atto del permanere dell’inadempimento statale quanto al trasferimento delle risorse: a fronte di ciò – ribadisce la Regione - era impossibile pretendere, invece, l’adempimento regionale.

Infine, la memoria riafferma la incostituzionalità della previsione, nella legge n. 59 del 1997, di un potere sostitutivo quale quello esercitato col decreto legislativo impugnato, nonchè la possibilità per le Regioni di invocare a parametro, nei giudizi in via principale, l’art. 76 della Costituzione.

3.2. - Anche l’Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria, sostenendo che l’obbligo, nascente dalla legge n. 59 del 1997, di sentire la Regione Veneto, inadempiente, prima di adottare il decreto legislativo sostitutivo, sarebbe stato regolarmente espletato, alla stregua sia del verbale della seduta del 4 marzo 1999 della Conferenza Stato-Regioni, sia della lettera indirizzata dal Ministro per gli affari regionali al Presidente della Regione il 24 marzo dello stesso anno.

Considerato in diritto

1. – La Regione Veneto solleva questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 30 marzo 1999, n. 96 (Intervento sostitutivo del Governo per la ripartizione di funzioni amministrative tra Regioni ed enti locali a norma dell’art. 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59), per violazione degli artt. 3, 76, 115, 117, 118, 119, 121, 122 e 123 della Costituzione.

Il decreto legislativo indicato, ad avviso della ricorrente, é viziato nella procedura e nel contenuto, costituendo inoltre un esercizio abusivo, in assenza dei presupposti, del potere legislativo delegato al Governo per far fronte all’inerzia di quelle Regioni che non avessero provveduto ad adottare, nel termine previsto, la "legge di puntuale individuazione delle funzioni trasferite o delegate agli enti locali e di quelle mantenute in capo alla regione stessa" (art. 4, comma 5, della legge n. 59 del 1997).

Quanto alla forma, sebbene il preambolo del decreto legislativo affermi il contrario – affermi cioé essere state "sentite le regioni inadempienti" -, non si sarebbe proceduto da parte del Governo alla necessaria acquisizione del parere della Regione Veneto, quale Regione ritenuta "inadempiente" alla stregua dell’art. 4, comma 5, prima proposizione, della legge n. 59 del 1997, acquisizione necessaria sulla base della norma legislativa di delegazione (art. 4, comma 5, seconda proposizione, della medesima legge n. 59 del 1997) e, in generale, del principio costituzionale di "leale collaborazione" dello Stato con le Regioni.

Quanto al contenuto, la Regione ricorrente contesta la scelta del Governo di adottare, in sostituzione delle Regioni, un testo normativo unico, contenente soluzioni organizzative uniformi, in contrasto con le ragioni della differenziazione che deriverebbero tanto dall’art. 3 della Costituzione quanto dai principi della legge n. 59 del 1997. L’operatività del decreto legislativo impugnato (stabilita dal medesimo, all’art. 49, al 1° luglio 1999: norma a sua volta impugnata per carenza di base giustificativa nella legge di delegazione) comporterebbe inoltre la violazione dell’autonomia finanziaria della Regione, e quindi dell’art. 119 della Costituzione, non essendo stati adottati, al momento, i decreti di trasferimento delle risorse, previsti dall’art. 7 della legge n. 59 del 1997.

Dall’assenza, rispetto al tempo in cui sarebbe dovuta avvenire l’approvazione della legge regionale di ripartizione delle funzioni conferite, dei decreti ministeriali di individuazione delle risorse, la Regione ricorrente trae poi motivo per sostenere l’impossibilità di tale adozione, essendo a sua volta tenuta a rispettare il principio della copertura finanziaria e patrimoniale dei costi delle funzioni allocate, come previsto dall’art. 3, comma 3, del decreto legislativo n. 112 del 1998 e dall’art. 3, comma 3, dello statuto regionale. A questa impossibilità di legiferare, corrisponderebbe l’impossibilità di essere considerata inadempiente, venendo così a mancare il presupposto per l’esercizio del potere governativo di sostituzione.

Quest’ultimo potere, poi, in mancanza del presupposto inadempimento della Regione, si tradurrebbe in una sua delegittimazione, inducendo nella popolazione l’erroneo convincimento che essa si sia resa responsabile di un grave mancato adempimento nei confronti degli enti locali, con effetti pregiudizievoli nel rapporto di rappresentanza politica, comportanti violazione degli artt. 115, 117, 118, 121 e 123 della Costituzione.

Infine e in generale, la Regione ricorrente ritiene l’incostituzionalità del potere sostitutivo come tale e chiede pertanto che la Corte costituzionale, con riferimento all’art. 118, primo e terzo comma, della Costituzione, sollevi di fronte a se medesima la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 5, della legge n. 59 del 1997 che tale potere prevede.

2. – La questione di legittimità costituzionale é fondata, il decreto legislativo impugnato non essendo stato adottato conformemente al procedimento previsto dalla legge di delegazione, il cui rispetto non é reso facoltativo, e comunque non é indifferente per la Regione – secondo un argomento prospettato dalla difesa del Presidente del Consiglio dei ministri – per il fatto che, secondo l’art. 4, comma 5, seconda proposizione, della legge n. 59 del 1997, tale decreto ha carattere cedevole, applicandosi nella Regione solo fino all’entrata in vigore della legge regionale.

La norma delegante stabilisce che l’esercizio del potere sostitutivo del Governo deve avvenire "sentite le regioni inadempienti". Ma, alla stregua del materiale probatorio prodotto dalle parti e di quello acquisito a seguito dell’ordinanza istruttoria di questa Corte (di cui si dà conto nella narrativa in fatto), risulta che nessun contatto diretto tra il Governo e la Regione Veneto é stato dal primo promosso al fine di acquisire il parere della seconda circa l’attivazione del potere sostitutivo previsto dall’art. 4, comma 5, della legge n. 59 del 1997. Nella seduta della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 4 marzo 1999, il Ministro per gli affari regionali, dopo aver ricordato l’obbligo del Governo di far uso dei poteri sostitutivi conferitigli, nel caso di inerzia regionale, affermò ritenersi "opportuno continuare a lavorare in collaborazione con le Regioni" aventi "ancora le leggi di attuazione del decreto legislativo n. 112 del 1998 in discussione nei rispettivi Consigli, al fine di raggiungere l’obiettivo della loro approvazione entro il ... termine" previsto, aggiungendo un invito ai Presidenti delle Regioni a sollecitare i rispettivi Consigli regionali affinchè le leggi in questione potessero essere approvate tempestivamente. Il Presidente della Regione Puglia, dal canto suo, dichiarò in quella occasione di ritenere che le Regioni potevano senz’altro "presentare" le leggi di attuazione del decreto legislativo n. 112 del 1998 nel termine prescritto, senza necessità di slittamenti, e tutto finì lì. Successivamente, in una missiva in data 24 marzo 1999, il Ministro per gli affari regionali, dopo avere rinnovato l’invito alle Regioni ad approvare le leggi di loro competenza, ricordava al Presidente della Regione Veneto il compito del Governo di intervenire in via sostitutiva, nel caso di mancata approvazione nei termini delle leggi regionali, concludendo che "l’intervento di carattere sostitutivo che sarà necessario nei confronti delle Regioni che non hanno ottemperato al compito di trasferire agli enti locali le funzioni non ‘unitarie’, risponde alla esigenza di garantire l’effettivo concorso di tutte le autonomie locali alla riorganizzazione della amministrazione centrale e periferica".

Nessun altro contatto risultando, relativamente alla vicenda della "puntuale individuazione delle funzioni trasferite o delegate agli enti locali e di quelle mantenute in capo alla Regione" con riferimento alle funzioni conferite dal decreto legislativo n. 112 del 1998, il decreto legislativo impugnato deve ritenersi adottato dal Governo in assenza della necessaria procedura rivolta a consentire alla Regione Veneto di esprimere la propria posizione circa l’adottanda misura sostitutiva da parte del Governo nei suoi confronti.

Nell’accogliere per l’anzidetto motivo il ricorso della Regione Veneto, non é necessario prendere posizione circa gli aspetti formali e sostanziali dei contatti che dovevano essere intrattenuti dal Governo con le Regioni inadempienti, affinchè possa dirsi che queste ultime siano state "sentite", alla stregua dell’art. 4, comma 5, seconda proposizione, della legge n. 59 del 1997. Basta rilevare l’inesistenza, nella specie, di qualunque elemento dal quale si possa indurre l’esistenza di una previa qualsivoglia procedura, rivolta a sollecitare la Regione ricorrente a manifestare la propria posizione circa un prospettato, successivo intervento sostitutivo del Governo. La ricordata dichiarazione del Ministro per gli affari regionali alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano altro non é, infatti, che una informativa di carattere generico circa i poteri e gli obblighi reciproci dello Stato e delle Regioni, mentre la missiva indirizzata al Presidente della Regione Veneto, a sua volta, non é altro che un unilaterale preannuncio, nei confronti in genere delle Regioni inadempienti, dell’imminente intervento sostitutivo del Governo e delle sue ragioni giustificative.

3. – La dichiarazione d’incostituzionalità del decreto legislativo n. 96 del 1999, per violazione nei confronti della Regione Veneto della norma di delegazione contenuta nell’art. 4, comma 5, seconda proposizione, della legge n. 59 del 1997, e quindi per violazione dell’art. 76 della Costituzione, assorbe ogni altro profilo d’incostituzionalità dedotto dalla ricorrente.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale del decreto legislativo 30 marzo 1999, n. 96 (Intervento sostitutivo del Governo per la ripartizione di funzioni amministrative tra Regioni ed enti locali a norma dell’art. 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59), nella parte in cui si applica alla Regione Veneto.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2001.