ORDINANZA N. 78
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 12, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dall’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113 (Disposizioni correttive al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 47, comma 2, della legge 6 marzo 1998, n. 40), promossi con due ordinanze emesse il 26 maggio e il 21 febbraio 2000 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Tolmezzo, iscritte ai nn. 543 e 657 del registro ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 41 e 46, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Udito nella camera di consiglio del 24 gennaio 2001 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Tolmezzo, chiamato a pronunciarsi sulla opposizione presentata da una società avverso il diniego, da parte del pubblico ministero, della restituzione di un trattore e di un rimorchio sottoposti a sequestro nel corso di un procedimento penale a carico di un imputato del reato di cui all’articolo 1 (recte: articolo 12, comma 1) del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), per avere agevolato l’ingresso di clandestini nel territorio dello Stato, solleva, in riferimento all’articolo 27 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 12, comma 4, del medesimo decreto legislativo, come modificato dall’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113 (Disposizioni correttive al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 47, comma 2, della legge 6 marzo 1998, n. 40), nella parte in cui non esclude la confisca nel caso in cui il mezzo di trasporto appartenga a persona estranea al reato che possa provare di non aver potuto prevedere l’illecito impiego del mezzo e di non essere incorsa in difetto di vigilanza;
che il giudice a quo afferma che, a seguito della modifica introdotta dal d.lgs. n. 113 del 1999 nel testo dell’articolo 12, comma 4, del d.lgs. n. 286, la confisca dei mezzi di trasporto che servirono a commettere i reati di cui all’articolo 12, comma 1, del medesimo decreto legislativo sarebbe divenuta obbligatoria anche nel caso in cui i mezzi appartengano a persone estranee al reato;
che, ad avviso del remittente, tale interpretazione sarebbe l’unica possibile in considerazione sia del tenore letterale della disposizione (la precedente formulazione dell’articolo 12, comma 4, faceva infatti salvo il caso in cui il mezzo di trasporto appartenesse a persona estranea al reato), sia della ratio della novella introdotta dal d.lgs. n. 113 del 1999, intesa chiaramente a scoraggiare gli artifizi delle organizzazioni criminali dedite al traffico di clandestini;
che, non essendo possibile dare una interpretazione adeguatrice di tale disposizione, questa, secondo il giudice a quo, sarebbe costituzionalmente illegittima, dal momento che introdurrebbe una ipotesi di responsabilità oggettiva, in violazione del principio della personalità della responsabilità penale stabilito dall’articolo 27, primo comma, della Costituzione;
che infatti, ricorda il remittente, questa Corte ha già affermato che “se possono esservi cose il cui possesso può configurare una illiceità obiettiva in senso assoluto, la quale prescinde dal rapporto col soggetto che ne dispone e legittimamente debbono essere confiscate presso chiunque le detenga (articolo 240 del codice penale), in ogni altro caso l’articolo 27, primo comma, della Costituzione non può consentire che si proceda a confisca di cose pertinenti a reato, ove chi ne sia proprietario al momento in cui la confisca debba essere disposta non sia l’autore del reato o non ne abbia tratto in alcun modo profitto” (sentenza n. 2 del 1987);
che, quanto alla rilevanza, il giudice a quo osserva che solo se la questione venisse accolta, e venisse quindi ripristinata la originaria formulazione della disposizione censurata, il proprietario istante, dimostrando la sua estraneità al reato, avrebbe diritto alla restituzione del bene;
che, con una seconda ordinanza, il medesimo Giudice per le indagini preliminari presso Tribunale di Tolmezzo, investito, quale giudice dell’esecuzione, della richiesta di restituzione di un’autovettura della quale, a seguito di sentenza di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale era stata disposta la confisca, solleva, sulla base di argomentazioni identiche a quelle sopra esposte, la stessa questione di legittimità costituzionale dell’articolo 12, comma 4, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall’articolo 2 del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 113.
Considerato che, poiché le ordinanze di rimessione pongono la medesima questione, i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi congiuntamente;
che l’articolo 12, comma 4, del decreto legislativo n. 286, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113, dispone che “Nei casi previsti dai commi 1 e 3 è obbligatorio l’arresto ed è disposta la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per i medesimi reati, anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti. Nei medesimi casi si procede comunque con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini”;
che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, dalla soppressione dell’inciso “salvo che si tratti di mezzi [¼] appartenenti a persona estranea al reato”, che figurava nella precedente formulazione dell’articolo 12, comma 4, non consegue che si debba procedere a confisca anche nel caso in cui il mezzo di trasporto utilizzato per la commissione dei reati di cui ai commi 1 e 3 appartenga a persona estranea, giacché trova applicazione anche in tale ipotesi, in assenza di prescrizioni di segno diverso, l’articolo 240 del codice penale, il quale detta norme di carattere generale in materia di confisca, stabilendo fra l’altro che questa non può essere disposta sulle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato appartenenti a persona estranea al reato, sempre che delle stesse non sia vietata la detenzione;
che non sussiste, quindi, alcun ostacolo letterale né sistematico a che la disposizione censurata possa essere interpretata nel senso che la confisca dei mezzi di trasporto può essere disposta solo nei confronti dei soggetti che abbiano concorso alla commissione dei reati di cui ai commi 1 e 3 dell’articolo 12 del d.lgs. n. 286 del 1998 o ne abbiano comunque tratto profitto;
che, del resto, nella giurisprudenza di legittimità, nel pur breve periodo trascorso dalla entrata in vigore del d.lgs. n. 113 del 1999, si è già formato un orientamento uniforme teso a far salva l’ipotesi in cui la persona sia estranea al reato, non abbia cioè ad esso partecipato con attività di concorso o altrimenti connesse, con una soluzione interpretativa, dunque, il cui obiettivo risultato è quello di lasciare indenne la disposizione censurata dal prospettato dubbio di illegittimità per contrasto con l’articolo 27, primo comma, della Costituzione;
che è rimesso ovviamente al remittente l’accertamento delle condizioni che consentano nel caso di specie di escludere qualsiasi forma di partecipazione ai reati mediante attività di concorso o altrimenti connesse;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 12, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dall’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113 (Disposizioni correttive al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 47, comma 2, della legge 6 marzo 1998, n. 40), sollevata, in riferimento all’articolo 27, primo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Tolmezzo con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 marzo 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 23 marzo 2001.