Ordinanza n. 28

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ORDINANZA N. 28

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 52, secondo comma, lettera a), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), promosso con ordinanza emessa il 29 novembre 1999 dal Tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Torre del Greco, in funzione di giudice dell'esecuzione, nel procedimento civile vertente tra Alfonso De Prisco e il Servizio riscossione tributi della Provincia di Napoli ed altro, iscritta al n. 273 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 2000.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 2000 il Giudice relatore Franco Bile.

Ritenuto che con ordinanza del 14 dicembre 1999 pervenuta alla Corte il 17 febbraio 2000, il Tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Torre del Greco, in funzione di giudice dell’esecuzione, nel corso di un giudizio di opposizione di terzo avverso un’esecuzione esattoriale, ha sollevato - in riferimento agli articoli 3,24 e 42 della Costituzione - la questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, secondo comma, lettera a) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nella parte in cui non consente al terzo, estraneo al nucleo familiare del debitore iscritto a ruolo, che assuma di essere legittimo proprietario dei beni pignorati, avendoli acquistati nel corso di una precedente esecuzione esattoriale operata in danno dello stesso debitore, di proporre opposizione all’esecuzione ex art. 619 del codice di procedura civile;

che nella specie - secondo quanto emerge dall’ordinanza di rimessione - essendo risultato che i beni sottoposti a pignoramento in data 5 luglio 1999 erano stati acquistati a seguito di incanto nell’ambito di una precedente esecuzione per debito d’imposta a carico dello stesso debitore, il creditore opposto, costituendosi in giudizio, ha eccepito l’improponibilità dell’opposizione ai sensi della citata lettera a) del secondo comma dell’art. 52 del d.P.R. n. 602 del 1973;

che, in punto di non manifesta infondatezza della questione, il rimettente ritiene che <<il criterio di ragionevolezza delle scelte legislative>>, e quindi l’art. 3 della Costituzione, sarebbe violato da una norma che pone, a carico del terzo estraneo al nucleo familiare del debitore iscritto a ruolo, <<l’impossibilità di difendere il titolo di acquisto della proprietà nel caso in cui i beni pignorati hanno formato oggetto di una precedente vendita esattoriale a carico del medesimo debitore>>, mentre tale impedimento non sussiste nel caso dell’opposizione <<proposta dai familiari o addirittura dagli affini fino al terzo grado nonchè dai coobbligati>> ai sensi della lettera b) del secondo comma dello stesso art. 52;

che, inoltre, sarebbero violati gli artt. 24 e 42 della Costituzione, rispettivamente perchè il terzo non potrebbe far valere in giudizio il suo diritto e perchè il diritto di proprietà non sarebbe tutelato;

che, sulla base di tali argomentazioni, il rimettente ritiene la questione rilevante, in quanto pregiudiziale ai fini della soluzione della controversia;

che il Presidente del Consiglio dei ministri é intervenuto in giudizio tramite l’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.

Considerato che l’ordinanza di rimessione dà atto che il pignoramento, con cui ha avuto inizio l’esecuzione esattoriale avverso la quale é stato introdotto il giudizio di opposizione di terzo, é avvenuto il 5 luglio 1999, quando erano già vigenti le modifiche apportate al d.P.R. n. 602 del 1973 dal decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’art. 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337), le quali - ai sensi dell’art. 39 di tale d.lgs. - sono entrate in vigore il 1° luglio 1999;

che, mentre in base all’art. 36, comma 9, di tale decreto, le procedure esecutive in corso alla suddetta data sono regolate dalle norme anteriormente vigenti, quelle instaurate invece successivamente a tale data - in applicazione del normale principio tempus regit actum - sono assoggettate alle nuove disposizioni, anche per quanto concerne gli incidenti di cognizione che nell’ambito delle procedure esecutive esattoriali si concretano nelle varie tipologie di opposizione all’esecuzione;

che, dunque, il giudizio a quo (come, del resto, la stessa procedura esecutiva iniziata con il pignoramento del 5 luglio 1999) deve intendersi regolato dalle nuove disposizioni, ed in particolare dall’art. 58 del d.P.R. n. 602 del 1973, nel testo modificato dall’art. 16 del d.lgs. n. 46 del 1999, che (sostituendo il Titolo II del d.P.R. n. 602) ha trasferito nel nuovo art. 58 la disciplina dell’opposizione di terzo, prima dettata dall’art. 52;

che il rimettente ha invece erroneamente sollevato la questione di costituzionalità riguardo all’art. 52 nel testo anteriore alle modificazioni apportate dal d.lgs. n. 46 del 1999 e, quindi, con riferimento ad una norma, la quale - ancorchè ultrattiva per le procedure esecutive pendenti, nonostante la sua sostituzione con un testo avente altro oggetto - non é comunque applicabile al giudizio a quo;

che, d’altro canto, il nuovo art. 58 - proprio con riferimento alla situazione assunta dal rimettente come tertium comparationis - ha struttura e contenuto diversi da quelli del vecchio art. 52, secondo comma, lettera b), al quale erroneamente si riferisce l’ordinanza di rimessione;

che pertanto la questione é manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 52, secondo comma, lettera a), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24 e 42 della Costituzione, dal Tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Torre del Greco, in funzione di giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 2001.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in cancelleria il 6 febbraio 2001.