Ordinanza n. 5 del 2001

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ORDINANZA N. 5

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali a norma dell’art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), promosso, con ordinanza emessa il 10 aprile 2000, dalla Commissione tributaria provinciale di Biella sul ricorso proposto dalla Max Eric di Donati e Lavagno s.s. contro il Comune di Biella, iscritta al n. 415 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 2000.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 dicembre 2000 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto che, con ordinanza del 10 aprile 2000, emessa nel corso di un giudizio promosso da un contribuente per l’annullamento di un avviso di accertamento, con il quale si era provveduto alla rettifica in aumento del “valore di un immobile, dichiarato ai fini ICI”, la Commissione tributaria provinciale di Biella ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali a norma dell’art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), "laddove non consente al contribuente, a differenza di quanto stabilito dal Testo Unico n. 131 del 1986 (Registro), dal decreto legislativo n. 346 del 1990 (Successioni e donazioni), dal d.P.R. n. 643 del 1972 e successive modifiche (INVIM), di dichiarare un valore inferiore a quello risultante dal calcolo aritmetico”;

che, ad avviso del rimettente, la disposizione denunciata, nel prevedere che “per i fabbricati iscritti in catasto, il valore costituente base imponibile dell’ICI si determina in modo automatico applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al primo gennaio dell’anno di imposizione, i moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previste dal primo periodo dell’ultimo comma dell’art. 52” del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, non contempla “deroghe a differenza della legge di Registro che consente invece di dichiarare un valore inferiore a quello risultante dal calcolo aritmetico”;

che, in tal modo, la disposizione stessa non terrebbe “in alcun conto le situazioni che, con riferimento alle singole unità immobiliari, si possono verificare”, sì da impedire, inoltre, “allo stesso Comune, destinatario dell’imposta, di discostarsi dal rigido criterio di valutazione“ anzidetto;

che, pertanto, ne deriverebbe, secondo l’ordinanza, un vulnus agli artt. 24 e 53 della Costituzione, giacché il contribuente “non è in condizione di potersi difendere dimostrando l’effettivo valore dell’immobile” e, per altro verso, “l’applicazione dell’imposta su un valore determinato in base a criteri astratti viola il precetto costituzionale della imposizione secondo la capacità contributiva”;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per l’inammissibilità o, comunque, per l’infondatezza della sollevata questione.

Considerato che, successivamente all’ordinanza di rimessione, il legislatore, con l’art. 74 della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale), nel dettare una disciplina che incide sugli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali, ha previsto, tra l’altro, che, avverso i predetti atti, resi definitivi per mancata impugnazione (comma 2 del citato art. 74), il contribuente può proporre, entro il termine di 60 giorni dall’entrata in vigore della stessa legge, ricorso innanzi al giudice tributario;

che, pertanto, occorre ordinare, alla luce del menzionato jus superveniens, la restituzione degli atti al giudice rimettente, al quale spetta di valutare la persistente rilevanza della sollevata questione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti alla Commissione tributaria provinciale di Biella.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2000.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 4 gennaio 2001.