ORDINANZA N. 586
ANNO 2000REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 486, comma 5, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16 settembre 1999 dal Tribunale di Trieste nel procedimento penale a carico di C. M. ed altri, iscritta al n. 107 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 29 novembre 2000 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che il Tribunale di Trieste ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 486, comma 5, del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente il rinvio o la sospensione del dibattimento nel caso di assoluta impossibilità a comparire per legittimo impedimento di uno dei due difensori di fiducia nominati dall’imputato;
che, a parere del giudice a quo, la disposizione impugnata si porrebbe in contrasto con l’art. 3, primo comma, della Costituzione, non potendosi reputare in linea con il principio di ragionevolezza una norma che non considera il legittimo impedimento del difensore motivo sufficiente per rinviare o sospendere il dibattimento, facendo “derivare dall’impedimento motivato e giustificato di uno dei difensori di fiducia, una conseguenza pregiudizievole per l’imputato”;
che vulnerato risulterebbe anche l’art. 24 della Costituzione, in quanto, attribuendosi al difensore impedito un ruolo fungibile e surrogabile dal patrocinio dell’unico difensore presente al dibattimento, verrebbe compresso il diritto dell’imputato ad una difesa integrata, non alternativa e congiunta conseguente alla nomina di due difensori e, al contempo, verrebbe ad essere sottratta al difensore, assente per giusta causa ed assoluta impossibilità a comparire, la facoltà di esercitare rilevanti poteri processuali nella fase di acquisizione e valutazione della prova;
che la norma denunciata si porrebbe infine in contrasto con gli artt. 70, 76 e 77, primo comma, della Costituzione, in relazione ai principi sanciti dalla legge – delega 16 febbraio 1987, n. 81, con particolare riferimento a quelli di attuazione nel processo penale dei caratteri del sistema accusatorio, della partecipazione dell’accusa e della difesa su basi di parità in ogni stato e grado del processo, e di adeguamento delle norme processuali alle convenzioni internazionali;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo dichiararsi inammissibile o infondata la proposta questione.
Considerato che, successivamente alla pronuncia della ordinanza di rimessione, l’art. 39, comma 2, della legge 16 dicembre 1999, n. 479 (Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice penale e all’ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennità spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense), ha formalmente abrogato la disposizione oggetto di impugnativa;
che l’art. 19, comma 2, della medesima legge n. 479 del 1999, ha tra l’altro introdotto, nel codice di procedura penale, l’art. 420–ter, recante la disciplina dell’impedimento a comparire dell’imputato o del difensore nella fase della udienza preliminare, mentre nell’art. 39 della citata legge si è novellato l’art. 484 dello stesso codice, sancendosi l’applicabilità, tra le altre, delle disposizioni dettate dal richiamato art. 420 – ter agli effetti della verifica della regolare costituzione delle parti nella fase degli atti introduttivi al dibattimento;
che, alla luce delle modifiche subite dalla normativa censurata, si impone, pertanto, la restituzione degli atti al giudice rimettente affinché verifichi se la questione sollevata sia tuttora rilevante nel procedimento a quo.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Trieste.
Così deciso, in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2000.
Fernando SANTOSUOSSO, PresidenteGiovanni Maria FLICK, Redattore
Depositata in cancelleria il 29 dicembre 2000.