REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 438 del codice di procedura penale e 223 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n.51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), come modificati dagli artt. 27 e 56 della legge 16 dicembre 1999, n. 479, promosso con ordinanza emessa il 20 marzo 2000 dalla Corte d’assise di Lanciano nel procedimento penale a carico di T. M. ed altri, iscritta al n. 450 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 2000 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che, con ordinanza del 20 marzo 2000, la Corte d’assise di Lanciano ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 438 cod. proc. pen. (come modificato dall’art. 27 della legge 16 dicembre 1999 n. 479) e dell’art. 223 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), come modificato dall’art. 56 della legge 16 dicembre 1999, n. 479, nella parte in cui non prevedono la possibilità per l’imputato di chiedere il giudizio abbreviato, prima dell’inizio dell’istruzione dibattimentale, nel caso in cui sia stato rinviato a giudizio a seguito di udienza preliminare tenutasi nel periodo compreso tra il 2 giugno 1999 ed il 2 gennaio 2000;
che, ad avviso del rimettente, in forza della ricostruzione del sistema normativo alla luce del regime transitorio ex d. lgs. n. 51 del 1998 e della successiva legge n. 479 del 1999 nella loro successione rispetto alla pregressa normativa, verrebbero a delinearsi tre diverse discipline del rito abbreviato e precisamente: il ‘vecchio rito abbreviato ordinario’, ammissibile davanti al giudice dell’udienza preliminare solo a condizione che vi sia il consenso del pubblico ministero e che il giudice ritenga il processo definibile allo stato degli atti; il ‘rito abbreviato transitorio’, introdotto dall’art. 223 del d. lgs. n. 51 del 1998, ammissibile dinanzi al giudice del dibattimento, a condizione che si tratti di richiesta formulata nei giudizi in corso alla data di efficacia del d. lgs. citato (e cioè 2 giugno 1999) e che il relativo giudizio de quo, al momento della richiesta, non sia ancora pervenuto alla fase dell’istruttoria dibattimentale e rispetto al quale si prescinde tanto dal consenso del pubblico ministero che dalla positiva valutazione giudiziale della decidibilità allo stato degli atti; il ‘nuovo rito abbreviato ordinario’, introdotto con la modifica dell’art. 438 cod. proc. pen. ad opera dell’art. 27 della legge n. 479 del 1999, ammissibile davanti al giudice dell’udienza preliminare, per la generalità dei procedimenti con udienza preliminare non conclusa (ovvero con dibattimento, se non preceduto da udienza preliminare, non ancora aperto) in epoca antecedente al 2 gennaio 2000, data di vigenza della citata legge n. 479 del 1999;
che, a parere del rimettente, proprio dalla tripartizione tracciata emergerebbe il profilo della discriminazione oggetto della denunzia di incostituzionalità, rispetto a quegli imputati tratti a giudizio in data successiva al 2 giugno 1999, ma antecedente a quella del 2 gennaio 2000: ciò in quanto, mentre gli imputati tratti a giudizio prima del 2 giugno 1999 possono giovarsi del rito abbreviato ai sensi dell’art. 223 del d. lgs. n. 51 del 1998 e, d’altra parte, gli imputati che si trovino in udienza preliminare successivamente alla data del 2 gennaio 2000 di quello, nelle forme del tutto analoghe, dell’art. 438 cod. proc. pen., gli imputati rinviati a giudizio in periodo compreso fra la data di efficacia del d. lgs. 19 febbraio 1998 n. 51 e quella di entrata in vigore della legge 16 dicembre 1999, n. 479 avrebbero la sola possibilità di richiedere il giudizio abbreviato ai sensi della precedente normativa e, quindi, con presupposti processuali certamente più sfavorevoli;
che pertanto, ad avviso del giudice a quo, tale situazione violerebbe il parametro costituzionale di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, realizzando una disparità di trattamento del tutto ingiustificata in quanto la possibilità di giovarsi della nuova disciplina del rito alternativo, indubbiamente più favorevole rispetto a quella precedente, verrebbe a dipendere da un dato temporale ed estrinseco, quale la data del decreto che dispone il giudizio, irragionevolmente discriminatorio rispetto ad imputati che si trovino in identica posizione processuale;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’infondatezza della sollevata questione.
Considerato che la legge 5 giugno 2000 n. 144 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 aprile 2000 n. 82, recante :”Modificazioni alla disciplina dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato”) ha apportato sensibili innovazioni al quadro normativo di riferimento della questione sollevata, con lo specifico disposto dell’art. 4-ter, comma 1;
che, pertanto, gli atti devono essere restituiti al giudice rimettente, perché verifichi se la questione sollevata possa ritenersi tuttora rilevante nel giudizio a quo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti alla Corte d’assise di Lanciano.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 2000.
Fernando SANTOSUOSSO, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Depositata in cancelleria il 20 dicembre 2000.