ORDINANZA N. 559
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 641, secondo comma, primo periodo, del codice di procedura civile, nel testo modificato dall’art. 8 del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo), convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1995, n. 534 promosso con ordinanza emessa il 30 luglio 1999 dal Tribunale di Bassano del Grappa nel procedimento civile vertente tra l’Enoteca “Alle ore” ed altra e la Valbrenta s.r.l., iscritta al n. 82 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 2000 il Giudice relatore Fernanda Contri.
Ritenuto che il Tribunale di Bassano del Grappa, con ordinanza emessa il 30 luglio 1999, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 641, secondo comma, primo periodo, del codice di procedura civile, nel testo modificato dall’art. 8 del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo), convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1995, n. 534;
che la predetta norma fissa in quaranta giorni il termine per la proposizione dell’opposizione a decreto ingiuntivo, prevedendo al secondo comma che “quando concorrono giusti motivi, il termine può essere ridotto sino a dieci giorni oppure aumentato a sessanta”;
che, ad avviso del giudice a quo, la previsione della riducibilità fino a dieci giorni del termine per l’opposizione non solo pregiudicherebbe il diritto dell’opponente di approntare e sviluppare adeguatamente le proprie difese - in quanto la modifica della domanda introduttiva è ammessa dall’art. 183 cod. proc. civ. solo in dipendenza della proposizione di riconvenzionale e di eccezioni da parte del convenuto - ma potrebbe addirittura rivelarsi insufficiente alla stessa notifica dell’opposizione;
che, per tali ragioni, la disposizione censurata, nella parte in cui consente la riduzione del termine di opposizione, si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per la inammissibilità o comunque per la infondatezza della questione.
Considerato che la previsione di riducibilità del termine per l’opposizione a decreto ingiuntivo, contenuta nella disposizione impugnata, rappresenta una deroga al principio generale, secondo cui l’opposizione a decreto ingiuntivo si propone nel termine di quaranta giorni dalla notifica del decreto medesimo;
che l’operatività di tale disciplina derogatoria è sottoposta a precise condizioni, consistenti nella deduzione da parte del creditore ingiungente di giusti motivi a sostegno della istanza di riduzione del termine e nella valutazione ad opera del giudice della effettiva ricorrenza delle circostanze allegate;
che, in difetto anche di una sola delle citate condizioni, il regime derogatorio non può operare, riprendendo vigore il termine ordinario di opposizione;
che l’ulteriore valutazione della esistenza delle condizioni per la riduzione del termine è rimessa al giudice della opposizione, innanzi al quale l’opponente può far valere i vizi del provvedimento monitorio, anche relativi alla pretesa illegittimità del termine ivi fissato;
che non può quindi condividersi la tesi del rimettente circa la inesistenza di rimedi offerti al debitore ingiunto avverso la illegittima abbreviazione del termine di opposizione, poiché la verifica da parte del giudice del provvedimento monitorio in ordine alla ricorrenza dei giusti motivi per concedere la riduzione del termine è soggetta al successivo controllo in sede di opposizione circa il buon uso del potere discrezionale di fissazione di un termine diverso da quello ordinario;
che con la disposizione in esame il legislatore ha operato un equo contemperamento dei contrapposti interessi, per un verso consentendo al creditore, munito di prova scritta del proprio credito, di ottenere una più sollecita definizione del procedimento in presenza di giusti motivi, e per altro verso assicurando al debitore il diritto di opporre le proprie ragioni anche in ordine alla eventuale illegittimità della riduzione del termine di opposizione;
che, infine, deve affermarsi la congruità del termine de quo, sia in relazione alla funzione ad esso assegnata dall’ordinamento sia con riferimento alle speciali caratteristiche del procedimento in oggetto, risultando garantita in modo effettivo la possibilità per l’opponente di esercitare compiutamente il diritto di difesa, soprattutto ove si consideri, in primo luogo, che l’originario rigore del regime delle preclusioni contenuto nella novella è stato poi temperato dalle modifiche introdotte con il d.l. n. 432 del 1995; ed inoltre che al raddoppiamento del termine per l’opposizione ha fatto correlativamente riscontro il raddoppiamento del limite di riduzione del medesimo termine;
che, pertanto, la disposizione in esame, non essendo irragionevole né lesiva del precetto costituzionale posto a garanzia del diritto di difesa, si sottrae alle censure prospettate dal rimettente, onde la questione deve dichiararsi manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALEdichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 641, secondo comma, primo periodo, del codice di procedura civile, nel testo modificato dall’art. 8 del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo), convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1995, n. 534, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Bassano del Grappa con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 2000.
Fernando SANTOSUOSSO, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 20 dicembre 2000.