Ordinanza n. 481/2000

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 481

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), promossi con n. 3 ordinanze del Tribunale di Vibo Valentia emesse il 22 e il 21 (n. 2 ordinanze) febbraio 2000, iscritte rispettivamente ai nn. 210, 337 e 338 del registro ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, nn. 21 e 25 dell’anno 2000.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 ottobre 2000 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che il Tribunale di Vibo Valentia, con ordinanza emessa il 22 febbraio 2000, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui non prevede il divieto di espulsione dello straniero convivente more uxorio con un cittadino italiano, per violazione dell'art. 3 della Costituzione;

che il giudice rimettente è chiamato a decidere su un ricorso avverso un decreto prefettizio di espulsione, proposto da una cittadina straniera priva del permesso di soggiorno, che risulta convivere more uxorio con un cittadino italiano;

che il rimettente ritiene che la norma impugnata violi l'art. 3 Cost. poiché, non prevedendo il divieto di espulsione per lo straniero convivente more uxorio con un cittadino, non appresterebbe alcuna tutela per i legami di fatto che, avendo la stessa dignità del matrimonio, sarebbero a questo assimilabili anche in base alla ratio della norma, che sarebbe quella di evitare lo sradicamento dello straniero dal nucleo familiare in cui egli vive nello Stato;

che, sempre secondo il giudice a quo, la convivenza dovrebbe essere tutelata quale “formazione sociale nella quale si esplica la personalità umana”, secondo un'evoluzione della concezione della famiglia di fatto cui anche numerose pronunce della Consulta avrebbero accordato "tutela e dignità di trattamento";

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;

che la difesa erariale ritiene che la scelta del legislatore di tutelare la sola famiglia di diritto sia pienamente in linea con quanto dispone l'art. 29 Cost., poiché la convivenza more uxorio sarebbe un rapporto privo dei caratteri di stabilità e certezza e della reciprocità e corrispettività dei diritti e dei doveri dei coniugi, propri della sola famiglia legittima;

che lo stesso Tribunale di Vibo Valentia ha pronunciato altre due ordinanze, in diversi procedimenti di opposizione a provvedimenti prefettizi di espulsione, aventi contenuto identico alla prima.

Considerato che le tre ordinanze sollevano la medesima questione di legittimità costituzionale e vanno perciò decise congiuntamente;

che il Tribunale di Vibo Valentia dubita della legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui non prevede il divieto di espulsione per lo straniero convivente more uxorio con un cittadino italiano, ritenendo che la norma violi il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, perché creerebbe una disparità di trattamento tra tale soggetto e lo straniero che convive col coniuge cittadino italiano;

che questa Corte ha già esaminato la questione di legittimità costituzionale della norma oggi impugnata, dichiarandola manifestamente infondata con l'ordinanza n. 313 del 2000;

che, in quell'occasione, la Corte ha chiarito che "la previsione del divieto di espulsione solo per lo straniero coniugato con un cittadino italiano e per lo straniero convivente con cittadini che siano con lo stesso in rapporto di parentela entro il quarto grado risponde all'esigenza di tutelare, da un lato l'unità della famiglia, dall'altro il vincolo parentale e riguarda persone che si trovano in una situazione di certezza di rapporti giuridici che è invece assente nella convivenza more uxorio";

che le ordinanze in esame non recano argomenti nuovi o tali da indurre questa Corte a modificare il proprio orientamento e che perciò anche le questioni qui sollevate devono essere dichiarate manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), sollevate, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Vibo Valentia con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in cancelleria l'8 novembre 2000.