SENTENZA N. 470
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Francesco GUIZZI
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 1, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), promosso con ordinanza emessa il 7 giugno 1999 dal Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Moresco Marco ed altri e Federici Angelo ed altra, iscritta al n. 470 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 1999.
Visto l’atto di costituzione di Slaviero Elda ed altro;
udito nell’udienza pubblica del 20 giugno 2000 il Giudice relatore Fernanda Contri.
Ritenuto in fatto1. - Il Giudice unico del Tribunale di Genova, nel corso di un procedimento avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno per il decesso di un cacciatore avvenuto durante una battuta venatoria, con ordinanza emessa il 7 giugno 1999 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 25, comma 1, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
Il giudice rimettente rileva che nel giudizio civile, oltre all’autore del fatto illecito, è stata convenuta anche l’impresa designata dal Fondo di garanzia vittime della caccia, dal momento che la società con la quale il soggetto responsabile aveva stipulato la polizza per la copertura della responsabilità civile era stata posta, nelle more, in liquidazione coatta amministrativa, e che l’impresa designata, costituendosi in giudizio, ha eccepito la propria carenza di legittimazione passiva, dato che l’art. 25 della legge n. 157 del 1992 prevede l’intervento del Fondo solamente nelle ipotesi in cui non risulti identificato il responsabile dell’incidente venatorio, ovvero quando il responsabile non è assicurato per la responsabilità civile verso terzi, ma non in caso di liquidazione coatta amministrativa dell’impresa con la quale la polizza era stata regolarmente stipulata.
Il rimettente assume che non sarebbe possibile dare un’interpretazione estensiva o adeguatrice della norma in esame in considerazione del fatto che il legislatore del 1992 aveva certamente presente la diversa disciplina di cui all’art. 19 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), che prevede l’intervento del Fondo di garanzia anche nei casi di impresa posta in liquidazione coatta e sostiene che l’esclusione del caso in questione nella legge sulla caccia non sarebbe perciò frutto di una svista.
Il giudice a quo ritiene che la norma in esame violi l’art. 3 Cost., essendovi un parallelismo tra le situazioni considerate dal legislatore nelle – pur differenti – materie della circolazione dei veicoli e dell’attività venatoria e risultando identica la ratio sottostante ai due testi normativi, entrambi destinati a tutelare comunque il danneggiato con la garanzia del risarcimento integrale, nel rispetto dei massimali, per i danni subiti.
Ricordato come l’attività venatoria possa essere legittimamente esercitata solo da chi ha stipulato una polizza per la responsabilità civile e come anche per questa forma di assicurazione il legislatore abbia previsto l’azione diretta del danneggiato nei confronti della compagnia assicuratrice e l’istituzione di un Fondo di garanzia per le vittime della caccia, il giudice a quo rileva come, in un sistema di “tutela rafforzata”, l’esclusione dell’intervento del Fondo nell’ipotesi di impresa posta in liquidazione coatta sarebbe irragionevole.
Secondo il rimettente, infine, l’esclusione del risarcimento ad opera del Fondo per le vittime dei cacciatori che hanno stipulato polizze con compagnie poste in liquidazione coatta - mentre il diritto al risarcimento è riconosciuto alle vittime di cacciatori rimasti ignoti e di cacciatori non assicurati - determinerebbe una disparità di trattamento tra diverse categorie di danneggiati, con conseguente violazione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. e limiterebbe anche la loro possibilità di adire l’autorità giudiziaria per ottenere il risarcimento del danno subito, con violazione dell’art. 24 Cost.
2. - Due fra gli attori nella causa in corso davanti al giudice a quo si sono costituiti nel giudizio davanti alla Corte, chiedendo che la norma impugnata venga dichiarata costituzionalmente illegittima.
Secondo le parti private la previsione della copertura del sinistro venatorio da parte del Fondo di garanzia nei soli casi in cui l’autore del danno sia rimasto ignoto o non sia assicurato e non nelle ipotesi, numericamente assai più significative, in cui l’autore del fatto sia coperto da una polizza emessa da un’impresa posta in liquidazione coatta, creerebbe un’incongruenza del sistema; esse ricordano che spesso i cacciatori stipulano polizze collettive per il tramite delle associazioni venatorie così che, nel caso di insolvenza dell’impresa, numerosi assicurati rimangono privi di copertura; in questo modo, sempre secondo le parti private, il principio solidaristico posto a base dell’istituzione del Fondo varrebbe solo in alcuni “casi residuali” mentre sarebbe frustrato per la categoria più numerosa di danneggiati.
Le parti costituite sottolineano ancora come tale disparità di trattamento violi anche il diritto di agire in giudizio garantito dall’art. 24 Cost., poiché chi viene danneggiato da un cacciatore ignoto o non assicurato può convenire in giudizio il Fondo di garanzia, e quindi un soggetto certamente solvibile, mentre chi ha subito un danno da un cacciatore assicurato con una impresa posta in liquidazione coatta può agire solo nei riguardi dell’autore del danno, soggetto che potrebbe avere un patrimonio insufficiente a garantire il risarcimento spettante. La disciplina dell’assicurazione dei danni connessi all’attività venatoria, se raffrontata con quella prevista per i danni derivanti dalla circolazione dei veicoli, sarebbe poi del tutto illogica dal momento che la legge n. 990 del 1969, nell’istituire il Fondo di garanzia per le vittime della strada, ha considerato anche i sinistri causati da veicoli coperti da imprese in liquidazione coatta; essendo identica la ratio di entrambe le leggi, non sarebbe ragionevole che in un caso i terzi danneggiati abbiano una tutela più limitata di quella accordata nell’altro.
Le parti private ricordano infine che il Fondo di garanzia è alimentato da un contributo, costituito da una percentuale dei premi pagati da tutti gli assicurati; sarebbe allora irragionevole che il Fondo sia destinato a coprire solo il danno causato da un soggetto non assicurato e non invece il danno causato da un soggetto che, avendo pagato regolarmente il premio, senza sua colpa si vede privato di idonea garanzia assicurativa a causa della messa in liquidazione coatta dell’impresa.
Considerato in diritto
1. - Il giudice unico del Tribunale di Genova sospetta di illegittimità costituzionale l’art. 25, comma 1, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), nella parte in cui non prevede che il Fondo di garanzia per le vittime della caccia sia tenuto al risarcimento dei danni derivanti dall’esercizio venatorio nel caso in cui la compagnia assicuratrice del responsabile del sinistro venga posta in liquidazione coatta amministrativa, ritenendo che detta esclusione violi l’art. 3 della Costituzione, perché determinerebbe una disparità di trattamento tra coloro che risultano danneggiati da soggetti assicurati con imprese poste in liquidazione coatta amministrativa e coloro che risultano danneggiati da soggetti rimasti ignoti o da soggetti non coperti da assicurazione; nonché l’art. 24 della Costituzione, perché la norma impugnata darebbe luogo ad una limitazione della possibilità di adire l’autorità giudiziaria da parte di coloro che sono stati danneggiati da soggetti assicurati presso imprese assicuratrici poste in liquidazione coatta, i quali non potrebbero citare l’impresa assicuratrice designata dal Fondo di garanzia.
2. - La questione è fondata.
Secondo l’art. 12, comma 8, della legge n. 157 del 1992 l’attività venatoria può essere esercitata da coloro i quali, avendo compiuto diciotto anni ed essendo in possesso di licenza di porto di fucile ad uso caccia, abbiano stipulato una polizza assicurativa per la loro responsabilità civile verso terzi, con massimali stabiliti dalla stessa legge ed aggiornati ogni quattro anni; il successivo art. 31 della stessa legge prevede una sanzione amministrativa pecuniaria per coloro che non adempiano all’obbligo di copertura assicurativa della loro responsabilità civile verso i terzi.
Anche per l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dall’esercizio della caccia il legislatore - secondo un meccanismo già adottato per l’assicurazione obbligatoria della responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti di cui alla legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti) – ha previsto, all’art. 25 della citata legge n. 157 del 1992, la costituzione di un Fondo di garanzia per le vittime della caccia che interviene, per il tramite di imprese a tale scopo designate, nel caso in cui il responsabile dei danni non venga identificato, ovvero non abbia adempiuto al suo obbligo di stipulare una polizza alle condizioni previste; il Fondo viene alimentato, come prevede il comma 4 dell’art. 25 cit., dalle imprese che esercitano questo ramo di assicurazione con contributi annui corrisposti in percentuale ai premi dalle stesse incassati; da un punto di vista economico il Fondo risulta così costituito da somme corrisposte, per il tramite delle compagnie con le quali vengono stipulate le polizze, dai cacciatori regolarmente assicurati.
3. - La legge ha previsto quindi l’intervento del Fondo di garanzia per le vittime di incidenti causati da cacciatore rimasto ignoto e da cacciatore non assicurato, non stabilendo però analoga tutela per le vittime di incidenti causati da cacciatore regolarmente assicurato con una impresa che venga posta in liquidazione coatta amministrativa. Ora, poiché la ratio delle norme esistenti è certamente quella, di natura solidaristica, di evitare che le vittime dell’attività venatoria si trovino, per eventi a loro non imputabili, prive della possibilità di chiedere il risarcimento del danno subito anche ad una impresa assicuratrice, l’esclusione dell’intervento del Fondo di garanzia nel caso in cui chi ha causato il danno risulti regolarmente assicurato, presso una impresa assicuratrice che venga a trovarsi in stato di insolvenza, appare del tutto priva di ragionevole giustificazione e viola, in tal senso, l’art. 3 Cost.
Al fine di valutare l’irrazionalità insita in tale esclusione, è sufficiente osservare che la norma impugnata, pur prevedendo l’intervento del Fondo di garanzia allorché l’autore del danno sia ignoto o non sia assicurato - cioè in ipotesi nelle quali il danno viene causato da un soggetto del quale non si conosce se ha copertura o da un soggetto che, non essendo assicurato, non ha contribuito al Fondo -, non tutela invece le vittime del sinistro nel caso in cui il danno venga causato da chi, pur regolarmente assicurato, subisce le conseguenze di un evento (la messa in liquidazione coatta dell’impresa) in ordine al quale, evidentemente, egli non ha alcuna responsabilità.
Poiché lo scopo dell’istituzione del Fondo di garanzia è quello di consentire alla vittima di usufruire di uno strumento tale da assicurare, in ogni caso, il pieno ristoro del danno alla persona, l’esclusione dell’operatività del Fondo nell’ipotesi di impresa posta in liquidazione coatta amministrativa si pone in evidente contrasto con l’art. 3 Cost.
Restano assorbiti gli ulteriori profili di illegittimità costituzionale prospettati nell’ordinanza di rimessione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 25, comma 1, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), nella parte in cui non prevede il risarcimento dei danni alla persona da parte del Fondo di garanzia per le vittime della caccia nel caso in cui colui che ha causato il danno risulti assicurato presso un’impresa assicuratrice che al momento del sinistro si trovi in stato di liquidazione coatta o vi venga posta successivamente.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 6 novembre 2000.