ORDINANZA N. 365
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Cesare MIRABELLI, Presidente
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
- Dott. Franco BILE
- Prof. Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge 21 febbraio 1990, n. 36 (Nuove norme sulla detenzione delle armi, delle munizioni, degli esplosivi e dei congegni assimilati), promosso con ordinanza emessa il 5 febbraio 1997 dal Tribunale amministrativo regionale della Toscana sul ricorso proposto da Mauro Gramaglia contro il Prefetto di Livorno ed altro, iscritta al n. 82 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell’ano 1999.
Visti l’atto di costituzione di Mauro Gramaglia, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 6 giugno 2000 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;
udito l’avvocato dello Stato Ignazio F. Caramazza per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, investito del ricorso proposto da un avvocato dello Stato per ottenere l’annullamento di un provvedimento prefettizio di diniego del porto d’armi senza licenza, con ordinanza emessa il 5 febbraio 1997 (pervenuta alla Corte l’8 febbraio 1999) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 102 e 103 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge 21 febbraio 1990, n. 36 (Nuove norme sulla detenzione delle armi, delle munizioni, degli esplosivi e dei congegni assimilati), nella parte in cui non estende la facoltà di portare armi senza licenza, attribuita soltanto ai fini della difesa personale ai magistrati dell’ordine giudiziario, anche ai magistrati amministrativi, della Corte dei conti, dei tribunali militari ed agli avvocati dello Stato;
che la disposizione denunciata ha esteso a tutti i magistrati dell’ordine giudiziario, anche se temporaneamente collocati fuori del ruolo organico, una facoltà in precedenza prevista dal regolamento per l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (art. 73 del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635) solamente per i pretori e per i magistrati addetti al pubblico ministero o all’ufficio di istruzione;
che, ad avviso del giudice rimettente, non avere compreso tra le categorie alle quali si estende tale facoltà anche gli appartenenti alle altre magistrature e gli avvocati dello Stato violerebbe il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), con specifico riferimento all’unità della funzione giurisdizionale (artt. 102 e 103 Cost.) ed alla tradizionale equiparazione all’ordine giudiziario della disciplina prevista per le altre magistrature e per l’avvocatura dello Stato (art.23 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611), la quale, pur non essendo titolare di funzioni giurisdizionali, svolgerebbe un’attività giustiziale, in posizione di indipendenza ed autonomia dalla pubblica amministrazione, e sarebbe inoltre impegnata nella difesa della parte civile in processi penali che possono determinare situazioni di rischio;
che si è costituito l’avvocato dello Stato, ricorrente nel giudizio principale, chiedendo l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale, giacché l’unità della funzione giurisdizionale, alla quale è accomunata quella pregiustiziale esercitata in posizione di indipendenza ed autonomia dagli avvocati dello Stato, dovrebbe far estendere anche ad essi la facoltà di portare armi senza licenza, giustificata dalla esposizione ad un rischio a causa delle funzioni svolte per lo Stato;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per sostenere la inammissibilità della questione, in quanto la denunciata violazione degli artt. 102 e 103 della Costituzione potrebbe essere presa in considerazione solo per i magistrati amministrativi e della Corte dei conti, ma non per gli avvocati dello Stato, categoria alla quale appartiene il ricorrente; inoltre la questione sarebbe infondata in riferimento al principio di eguaglianza, giacché i rischi per l’incolumità personale giustificano l’attribuzione soltanto ai magistrati ordinari della facoltà di portare armi senza il rilascio della licenza e senza oneri economici.
Considerato che la questione di legittimità costituzionale investe, in riferimento agli artt. 3, 102 e 103 della Costituzione, la mancata estensione della facoltà di portare armi senza licenza, prevista soltanto per i magistrati ordinari pure temporaneamente fuori ruolo (art. 7, comma 1, della legge 21 febbraio 1990, n. 36), anche ai magistrati amministrativi e della Corte dei conti ed agli avvocati dello Stato, categoria, quest’ultima, alla quale appartiene il ricorrente nel giudizio principale;
che la disposizione denunciata, estendendo a tutti i magistrati ordinari la facoltà ¾ in precedenza prevista, oltre che per soggetti titolari di funzioni di polizia, anche per i pretori e per i magistrati addetti al pubblico
ministero o all’ufficio di istruzione (art. 73 del regio decreto n. 635 del 1940) ¾ di portare armi senza licenza, ha tenuto conto delle situazioni di pericolo che hanno riguardato i magistrati ordinari, in considerazione della esposizione a rischio determinata dall’esercizio delle loro funzioni;
che la facoltà di portare armi senza licenza, attribuita soltanto ai fini della difesa personale, non costituisce tuttavia una attribuzione inerente allo stato giuridico ed alla correlativa equiparazione fra diverse categorie di dipendenti pubblici, ma si giustifica in relazione all’esercizio di determinate funzioni, che possono esporre a rischio chi ne sia investito: situazioni, queste, che il legislatore, con una valutazione non irragionevole, anche in considerazione di quanto si è concretamente verificato, ha ritenuto che riguardino i magistrati ordinari, ai quali tra l’altro è attribuita l’iniziativa e la giurisdizione penale, e non invece altre categorie che, come gli avvocati dello Stato, svolgono una funzione del tutto diversa, pur se inerente all’amministrazione della giustizia;
che, d’altra parte, non manca la possibilità di ottenere il rilascio della licenza in esenzione dal pagamento della tassa di concessione governativa quando sussistano specifiche situazioni che possono comportare rischi, da valutare nei singoli casi, dipendenti dall’attività svolta (art. 7, comma 2, della legge n. 36 del 1990 e art. 74 del regio decreto n. 635 del 1940);
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Per Questi Motivi LA CORTE COSTITUZIONALEdichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge 21 febbraio 1990, n. 36 (Nuove norme sulla detenzione delle armi, delle munizioni, degli esplosivi e dei congegni assimilati), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 102 e 103 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Toscana con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente e Redattore
Depositata in cancelleria il 26 luglio 2000.