ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Francesco GUIZZI
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 105, comma 2, lettera l, secondo periodo, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59), promosso con ricorso della Regione Liguria, notificato il 20 maggio 1998, depositato in cancelleria il 28 successivo ed iscritto al n. 26 del registro ricorsi 1998.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 4 aprile 2000 il Giudice relatore Valerio Onida;
uditi l’avvocato Gustavo Romanelli per la Regione Liguria e l’avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto1.– Con ricorso notificato il 20 maggio 1998 e depositato il 28 maggio successivo, la Regione Liguria ha proposto questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 5, 117 e 118 della Costituzione, anche in relazione agli articoli 76, 134, 136 della stessa Costituzione, all’art. 38 della legge 11 marzo 1953, n. 87, all’art. 59 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, all’art. 5 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, agli articoli 1, 3 e 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nonché al principio di leale cooperazione fra Stato e Regioni, dell’art. 105, comma 2, lettera l, secondo periodo, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59).
La ricorrente premette che con d.P.C.m. del 21 dicembre 1995 il Governo aveva approvato l’elenco delle aree demaniali marittime riconosciute “di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima”, come tali escluse dalla delega delle funzioni amministrative a favore delle Regioni prevista dall’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977 “quando la utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative”: il termine per la emanazione di tale decreto, la cui vana scadenza avrebbe dato luogo senz’altro all’operatività della delega, era stato fissato dall’art. 6 del d.l. 5 ottobre 1993, n. 400, convertito dalla legge n. 494 del 1993, e prorogato poi al 31 dicembre 1995 da una serie di decreti legge decaduti, fra cui il d.l. 18 dicembre 1995, n. 535, i cui effetti sono stati fatti salvi dall’art. 1, comma 2, della legge n. 647 del 1996, nonché, ancora, dall’art. 16, comma 3, del d.l. n. 535 del 1996, convertito dalla medesima legge n. 647 del 1996.
Detto decreto del Presidente del Consiglio fu impugnato dalla Regione Liguria con ricorso per conflitto di attribuzione, che lamentava la carenza dei presupposti previsti dalla legge per l’esercizio del potere governativo di individuazione delle aree escluse dalla delega, la illegittima inclusione nell’elenco di aree di pertinenza della stessa Regione Liguria, nonché la lesione del principio di leale cooperazione per le modalità con le quali il Governo aveva provveduto. Con la sentenza n. 242 del 1997 questa Corte accolse il ricorso, sotto il profilo che il Governo non aveva acquisito, con modalità conformi al principio di leale cooperazione, il prescritto parere della Regione ricorrente, e conseguentemente annullò il decreto limitatamente alla parte che concerne aree del territorio della ricorrente Regione Liguria.
Ora l’art. 105 del d. lgs. n. 112 del 1998, nel conferire alle Regioni, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 59 del 1997, le funzioni amministrative in materia di trasporti, ha stabilito che sono, in particolare, conferite alle Regioni le funzioni relative “al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia” (comma 2, lettera l, primo periodo): e che, però, “tale conferimento non opera nei porti e nelle aree di interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 dicembre 1995”, di cui sopra si è detto (comma 2, lettera l, secondo periodo).
Quest’ultima è la disposizione ora impugnata. La ricorrente ritiene bensì che, dato l’intervenuto annullamento, nei confronti della stessa Regione, del d.P.C.m. 21 dicembre 1995, disposto con la sentenza n. 242 del 1997 di questa Corte, dovrebbe “ragionevolmente” ritenersi che lo Stato non abbia mantenuto su alcuna area demaniale della Regione il potere concessorio, e che comunque non possa oggi nuovamente esercitare il potere di individuazione di aree di interesse nazionale già previsto dall’art. 59, secondo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977; ma afferma che sussisterebbe il dubbio che il richiamo al d.P.C.m. 21 dicembre 1995 operato dall’impugnato art. 105 possa essere inteso come rinvio materiale, in forza del quale le previsioni dell’atto governativo assumerebbero l’efficacia propria dell’atto legislativo rinviante, o che, addirittura, quest’ultimo abbia operato, con il rinvio, una sorta di convalidazione del decreto annullato da questa Corte, ripristinando l’efficacia delle sue previsioni nei confronti della Regione Liguria.
Nell’ipotesi, dunque, che la disposizione in oggetto possa avere qualche effetto di “ritaglio” della nuova competenza conferita, la Regione ricorrente afferma di avere interesse all’impugnazione della medesima.
Con un primo motivo di ricorso si sostiene che non sarebbe rispettosa del principio di leale cooperazione la riproposizione di una delimitazione delle competenze regionali che, originariamente prevista dallo stesso legislatore statale come esito di un procedimento partecipato, sarebbe stata in concreto operata con modalità illegittime e lesive delle attribuzioni regionali.
In ogni caso, la disposizione impugnata sarebbe illegittima, anzitutto, perché il rinvio al d.P.C.m. del 1995 disattenderebbe il precetto contenuto nella sentenza di questa Corte che lo ha parzialmente annullato. Il legislatore statale sarebbe incorso così nella medesima illegittimità costituzionale già riconosciuta dalla Corte, e avrebbe eluso l’effetto conformativo della pronuncia di questa. Sarebbe inoltre violato l’art. 5 della Costituzione sotto il profilo della lesione dell’obbligo di promozione dell’autonomia locale e del principio di irretrattabilità delle funzioni locali, nonché sotto il profilo del mancato adeguamento della legislazione, nei principi e soprattutto nel metodo, alle esigenze dell’autonomia, soprattutto se con il richiamo al decreto annullato si sia voluto confermare o convalidare il medesimo.
Con un secondo motivo di ricorso, la Regione afferma che il “ritaglio” di competenza operato con la disposizione impugnata non sarebbe conforme ai criteri della delega conferita con l’art. 1 della legge n. 59 del 1997, che prevede possano essere esclusi dal conferimento solo le funzioni e i compiti riconducibili alle materie ivi elencate, fra le quali nessuna sarebbe idonea a comprendere i compiti di cui si discute.
Inoltre il riferimento alle aree individuate con il d.P.C.m. del 21 dicembre 1995 sarebbe incongruo e irragionevole rispetto ai criteri adottati nel nuovo conferimento di funzioni, che comprende tutte le funzioni di rilascio delle concessioni sul demanio con finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia, laddove la precedente delega aveva un’estensione assai minore, limitata com’era alle ipotesi di utilizzazione delle aree per finalità turistiche e ricreative. E, ancora, la previsione impugnata sarebbe irragionevole, in quanto verrebbe ad irrigidire la individuazione delle aree escluse dal conferimento, non consentendone alcuna revisione, in relazione alla possibile modificazione dell’assetto degli interessi concorrenti, mentre la precedente disciplina della delega, contenuta nell’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977, ormai abrogato, prevedeva che con lo stesso procedimento l’elenco delle aree di interesse nazionale potesse essere modificato.
Con un terzo motivo la Regione, per l’ipotesi che la norma impugnata abbia inteso convalidare o confermare l’efficacia del decreto del 1995, anche nella parte, annullata, relativa alla individuazione di aree del territorio della Liguria, ripropone le censure già dedotte nei riguardi del decreto medesimo. Quest’ultimo avrebbe illegittimamente invaso le competenze regionali, riservando allo Stato funzioni spettanti invece alle Regioni in base al quadro delle attribuzioni risultante dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, dall’art. 2 del d.P.R. n. 8 del 1972, dall’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977, e dall’art. 5 della legge n. 84 del 1994, e riconducibili alle materie dell’urbanistica, del turismo e dell’industria alberghiera, della viabilità, degli acquedotti e dei lavori pubblici di interesse regionale: in particolare comprendendo fra quelle escluse dalla delega aree destinate ad attività turistica e ricreativa, aree per le quali non si rileverebbe alcuna connessione con il preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e delle esigenze della navigazione marittima, nonché approdi, porti turistici e zone portuali a prevalente o esclusiva funzione turistica o con riguardo ai quali la competenza per le opere era già passata alla competenza regionale.
Inoltre l’iniziativa statale di individuazione delle aree escluse dalla delega sarebbe stata attuata con modalità lesive delle attribuzioni regionali e del principio di leale cooperazione, poiché il Governo avrebbe assegnato alla Regione un termine, per l’espressione del parere, non previsto dalla legge e del tutto insufficiente per l’effettuazione degli adempimenti necessari, e di fatto l’elenco sarebbe stato approvato dal Presidente del Consiglio senza considerare il parere formulato dalla Regione Liguria, trasmesso dopo il termine illegittimamente assegnato.
2.– Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
3.– Nell’imminenza dell’udienza la difesa del Presidente del Consiglio ha depositato una memoria, nella quale si contesta, in primo luogo, la possibilità di trasferire in capo alla norma dell’art. 105 del d. lgs. n. 112 del 1998 le censure a suo tempo accolte da questa Corte, riguardo al decreto allora impugnato, con la sentenza n. 242 del 1997, la quale sanzionò la violazione del principio di leale cooperazione per avere il Governo sostanzialmente omesso di attuare modalità di consultazione della Regione conformi a tale principio, e precisò che il Governo avrebbe comunque potuto provvedere, con il procedimento previsto dall’art. 59, secondo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, a integrare l’elenco delle aree demaniali escluse dalla delega di cui allo stesso art. 59.
Secondo l’Avvocatura erariale, poiché il decreto legislativo n. 112 del 1998, emanato sulla base della delega contenuta nell’art. 1 della legge n. 59 del 1997, è stato adottato, in conformità a quanto previsto dalla legge di delega, dopo avere acquisito il parere della Conferenza Stato-Regioni, anche sull’art. 105, oggetto dell’odierna censura, non potrebbe ravvisarsi, nella specie, la violazione della Costituzione: infatti non ricorrerebbe l’inosservanza delle modalità di consultazione delle Regioni, accertata con la sentenza in riferimento al diverso disposto dell’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977; e il Governo, acquisendo il parere della Conferenza Stato-Regioni, avrebbe sottoposto con questo mezzo al parere delle Regioni interessate anche la indicazione delle zone demaniali escluse dal conferimento di funzioni, attraverso il richiamo meramente materiale all’elenco di cui al d.P.C.m. del 21 dicembre 1995.
La difesa del Presidente del Consiglio contesta poi che lo Stato avesse, dopo la sentenza n. 242 del 1997, perduto la potestà di intervenire sull’oggetto della delega di funzioni alle Regioni: anche ammesso che a seguito della sentenza fossero state delegate alla Regione le funzioni di cui all’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977, nulla avrebbe vietato al legislatore statale di disciplinare nuovamente la materia. Comunque si dovrebbe dubitare della legittimità della pretesa della Regione di essere, per effetto dell’annullamento del decreto del 1995, attributaria delle funzioni amministrative in aree di preminente interesse nazionale, nel contesto della delega recata dall’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977, limitata alle finalità turistiche e ricreative.
Nemmeno – prosegue la memoria – sarebbe fondata la censura di eccesso di delega. Da un lato l’art. 1, comma 3, della legge n. 59 del 1997, riservando allo Stato le materie degli affari esteri e commercio estero, delle dogane, della protezione dei confini e della profilassi internazionale, dell’ordine e della sicurezza pubblica, e dei trasporti di interesse nazionale, consentirebbe di ritenere che allo Stato debbano rimanere riservate tutte le funzioni che esulano dal ristretto ambito locale di interesse degli enti destinatari del conferimento; e il riferimento alle aree di interesse nazionale, recato dall’art. 105 del d.lgs. n. 112 del 1998, sarebbe perfettamente congruo con altre previsioni, non impugnate, dello stesso decreto in tema di porti, di disciplina della navigazione e di approvvigionamento di fonti di energia. Dall’altro lato, nessuna disposizione della legge di delega imporrebbe di delimitare le materie escluse dalla delega con atto amministrativo o comunque diverso dall’atto normativo primario, non avendo oggi senso il richiamo alla ormai superata disciplina dettata dall’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977.
4.– Ha prodotto memoria anche la Regione ricorrente, la quale, contestata la (peraltro generica) eccezione di inammissibilità sollevata dal Presidente del Consiglio nel suo atto di costituzione, ribadisce in primo luogo le censure mosse col primo motivo del ricorso, fondate sulla elusione dell’effetto della sentenza costituzionale n. 242 del 1997 e sulla lesione della sfera di competenza regionale per i motivi accolti nella medesima sentenza.
In relazione al terzo motivo del ricorso, la Regione afferma che, o deve ritenersi la norma impugnata priva di efficacia con riferimento alla Regione Liguria, a seguito dell’annullamento parziale del d.P.C.m. 21 dicembre 1995, oppure, se la disposizione impugnata deve intendersi convalidare e confermare l’efficacia di detto decreto, anche nella parte relativa alla Regione Liguria, essa integrerebbe, in via derivata, le violazioni costituzionali che hanno viziato il decreto, per avere esso riservato allo Stato funzioni che spetterebbero invece alla Regione, e per essere stato emanato con modalità lesive del principio di leale cooperazione.
Infine, nella memoria si ribadisce, con riferimento al secondo motivo del ricorso, la censura di eccesso di delega, nonché quella di irragionevolezza della disposizione, per essere state individuate le aree escluse sulla base di valutazioni dell’interesse nazionale che non terrebbero conto dei criteri dettati per il nuovo conferimento di funzioni, e per non avere previsto la possibilità di rivedere tale individuazione, se non con atto legislativo.
Considerato in diritto1.– La Regione Liguria ha proposto questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 5, 117 e 118 della Costituzione, anche in relazione agli articoli 76, 134, 136 della stessa Costituzione, all’art. 38 della legge 11 marzo 1953, n. 87, all’art. 59 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, all’art. 5 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, agli articoli 1, 3 e 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nonché al principio di leale cooperazione fra Stato e Regioni, dell’art. 105, comma 2, lettera l, secondo periodo, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59).
La previsione oggetto di censura si inserisce in una disposizione del decreto legislativo n. 112 del 1998, diretta a disciplinare il conferimento alle Regioni e agli enti locali delle funzioni amministrative in materia di trasporti, stabilendo in particolare che tra le funzioni conferite alle Regioni sono comprese quelle relative “al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia” (art. 105, comma 2, lettera l, primo periodo); e che, però, “tale conferimento non opera nei porti e nelle aree di interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 1995” (comma 2, lettera l, secondo periodo).
Quest’ultimo è l’inciso impugnato dalla ricorrente.
Il citato d.P.C.m. del 21 dicembre 1995 è l’atto, emanato in attuazione dell’art. 59, secondo comma, secondo periodo, del d.P.R. n. 616 del 1977, con cui sono state individuate le aree demaniali escluse dalla delega delle funzioni amministrative conferita alle Regioni dal primo comma del predetto articolo 59 “sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti, sulle aree del demanio lacuale e fluviale, quando la utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative”. Da tale delega erano escluse le funzioni in materia di navigazione marittima, di sicurezza nazionale e di polizia doganale, ed inoltre essa non si applicava ai porti e alle aree “di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima”, identificate appunto con decreto del Presidente del Consiglio, di concerto con i Ministri per la difesa, per la marina mercantile e per le finanze, sentite le Regioni interessate. Col medesimo procedimento l’elenco avrebbe potuto essere modificato.
Il termine per l’emanazione del decreto di individuazione delle aree escluse dalla delega – in mancanza del quale la giurisprudenza amministrativa ritenne che la delega non fosse divenuta operante – era originariamente fissato dall’art. 59, secondo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977 al 31 dicembre 1978. Successivamente, l’art. 6, comma 1, del d.l. 5 ottobre 1993, n. 400, convertito dalla legge n. 494 del 1993, fissò il nuovo termine di un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto, stabilendo che, in mancanza, le funzioni previste dall’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977 fossero comunque delegate alle Regioni. Tale ultimo termine fu poi prorogato al 31 dicembre 1995, con una serie di decreti legge non convertiti (a partire dal d.l. 21 ottobre 1994, n. 586), tra i quali il d.l.18 dicembre 1995, n. 535, sotto il cui provvisorio vigore fu emanato il d.P.C.m. 21 dicembre 1995.
La predetta disposizione di proroga (sempre al 31 dicembre 1995) fu poi riprodotta ancora in altri decreti legge, fino al d.l. 21 ottobre 1996, n. 535 (art. 16), convertito dalla legge n. 647 del 1996, che fece altresì salvi gli effetti dei precedenti decreti non convertiti, fra cui il d.l. n. 535 del 1995 (art. 1, comma 2, della legge di conversione).
2.– In relazione al d.P.C.m. 21 dicembre 1995 la Regione Liguria sollevò conflitto di attribuzione. Con sentenza n. 242 del 1997 il ricorso fu accolto da questa Corte, sotto il profilo che non era stato acquisito, con modalità conformi al principio di leale cooperazione, il prescritto parere della Regione Liguria, e conseguentemente fu annullato il decreto medesimo “limitatamente alla parte che concerne aree del territorio della ricorrente Regione Liguria”.
Ora l’art. 105, comma 2, lettera l, secondo periodo, del d. lgs. n. 112 del 1998 fa richiamo al d.P.C.m. 21 dicembre 1995 per stabilire che il (più ampio) conferimento, ivi disposto, di funzioni amministrative alle Regioni, in ordine al rilascio delle concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia, non opera nei porti e nelle aree di interesse nazionale individuate con detto decreto del 21 dicembre 1995.
La ricorrente censura la disposizione in esame sia perché essa avrebbe disatteso il contenuto della pronuncia della Corte, eludendone l’effetto; sia perché avrebbe incongruamente e irragionevolmente utilizzato, per limitare la portata del conferimento delle funzioni alle Regioni, un elenco di aree a suo tempo individuate ai fini di delimitare una assai più circoscritta competenza regionale delegata, fra l’altro “cristallizzando” tale individuazione senza più possibilità di modificarla in relazione al modificarsi dell’assetto degli interessi coinvolti; sia infine per le stesse ragioni che avevano sorretto il ricorso della medesima Regione per conflitto di attribuzioni in relazione al decreto 21 dicembre 1995. Tale impugnazione la Regione propone per l’ipotesi in cui si dovesse ritenere che la disposizione censurata abbia l’effetto di delimitare la competenza anche della Regione Liguria, nonostante l’intervenuto annullamento, relativamente alle aree comprese nel suo territorio, del decreto richiamato, o che essa operi una convalida del decreto medesimo per la parte annullata.
3.– La questione è inammissibile.
Il richiamo al d.P.C.m. 21 dicembre 1995, contenuto nella disposizione impugnata, non può intendersi nel senso di ripristinare l’efficacia della parte del decreto medesimo annullata da questa Corte con la sentenza n. 242 del 1997, né nel senso di conferire efficacia legislativa, ai fini della esclusione del conferimento di funzioni, alla individuazione delle aree comprese nel territorio della Regione Liguria contenuta nella parte annullata del citato decreto del Presidente del Consiglio.
L’art. 105, comma 2, lettera l, del d. lgs. n. 112 del 1998 individua le aree, nelle quali non opera il conferimento della competenza alle Regioni, per relationem, attraverso il richiamo alla individuazione effettuata con il d.P.C.m. 21 dicembre 1995. Nel fare ciò la disposizione legislativa assume a proprio presupposto il contenuto del provvedimento amministrativo pregresso per quello che è, senza conferire ad esso efficacia legislativa, né sanare i vizi di legittimità che lo inficiavano, o comunque attribuire ad esso, in quanto tale, una nuova o diversa efficacia. D’altra parte, il provvedimento del 1995 è richiamato in quanto atto giuridicamente significativo, e non come mero documento da cui desumere un contenuto fatto proprio dalla disposizione legislativa.
In altri termini, il richiamo dell’atto amministrativo vale semplicemente a definire per relationem la portata del limite introdotto dal decreto legislativo al conferimento di funzioni, ma con riferimento al contenuto dell’atto richiamato quale esiste attualmente nell’ordinamento, e nei limiti in cui l’efficacia ad esso propria tuttora sussista.
Può ben essere, naturalmente, che il Governo, richiamando il d.P.C.m. 21 dicembre 1995, fosse mosso dall’intento soggettivo di confermare in toto, anche agli effetti della nuova disposizione di conferimento di funzioni, la individuazione di aree escluse, operata in passato appunto con detto provvedimento; ma esso non ha tenuto conto che quell’atto, per la parte relativa al territorio della Regione Liguria, non aveva e non ha più alcuna giuridica esistenza, a seguito dell’annullamento parziale pronunciato da questa Corte con la sentenza n. 242 del 1997: e che quindi l’eventuale intento di ridare effetto, sia pure ai soli fini del richiamo ora operato, alla parte dell’atto oggetto dell’annullamento sarebbe comunque dovuto risultare da una esplicita determinazione in tal senso.
Pertanto non si può forzare la portata del richiamo, attribuendo ad esso il carattere di un rinvio materiale a determinazioni private di ogni efficacia a seguito del parziale annullamento dell’atto, o peggio la portata di una disposizione di convalida dell’atto pro parte annullato. Il rinvio effettuato, senza alcuna specificazione e senza alcuna aggiunta, deve intendersi nel senso in cui normalmente una disposizione legislativa si riferisce ad un altro disposto o ad un altro provvedimento, assunto nella sua attuale portata ed estensione.
4.– Con riguardo al territorio della Regione Liguria, il legislatore delegato non ha dunque proceduto ad una delimitazione delle aree escluse dal conferimento di funzioni, per mancanza di un efficace termine di riferimento, attesi il precedente parziale annullamento del d.P.C.m. 21 dicembre 1995, e la mancata successiva emanazione da parte del Governo, che pur avrebbe potuto provvedervi con il procedimento previsto dall’art. 59, secondo comma, ultimo periodo, del d.P.R. n. 616 del 1977, di un decreto modificativo dell’elenco delle aree “di preminente interesse nazionale”.
Ciò rende inammissibile la questione per carenza di interesse a ricorrere della Regione, la quale, allo stato, non può subire alcun pregiudizio dalla vigenza della disposizione impugnata, intesa nel senso indicato: mentre esula dall’ambito del presente giudizio il problema dei modi, costituzionalmente corretti, con i quali si possa eventualmente procedere alla individuazione di aree del territorio della Regione Liguria da escludere dal conferimento di cui all’art. 105, comma 2, lettera l, del d. lgs. n. 112 del 1998.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALEdichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 105, comma 2, lettera l, secondo periodo, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59), sollevata, in riferimento agli articoli 5, 117 e 118 della Costituzione, anche in relazione agli articoli 76, 134, 136 della stessa Costituzione, all’art. 38 della legge 11 marzo 1953, n. 87, all’art. 59 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, all’art. 5 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, agli articoli 1, 3 e 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nonché al principio di leale cooperazione fra Stato e Regioni, dalla Regione Liguria col ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Valerio ONIDA, Redattore
Depositata in cancelleria il 21 luglio 2000.