Ordinanza n. 304/2000

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ORDINANZA N. 304

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

-  Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 271, comma 1, e 266, comma 2, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 29 settembre 1999 dal Tribunale di Catanzaro nel procedimento penale a carico di DE PALMA Savina ed altri, iscritta al n. 86 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visti l’atto di costituzione di DE PALMA Savina nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 6 giugno 2000 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick;

uditi l’avvocato Raffaele FIORESTA per DE PALMA Savina e l’avvocato dello Stato Giuseppe STIPO per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che il Tribunale di Catanzaro, chiamato fra l’altro a pronunciarsi su talune eccezioni formulate dalla difesa in merito alla utilizzabilità delle intercettazioni di conversazioni telefoniche e fra presenti operate nel corso delle indagini preliminari, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 271, comma 1, codice di procedura penale, nella parte in cui commina la sanzione di inutilizzabilità per le intercettazioni eseguite presso un impianto di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria senza l’osservanza del disposto dell’art. 268, comma 3, ultimo inciso, del codice di rito;

che a tal proposito il giudice rimettente ritiene compromesso l’invocato parametro in quanto risulterebbe privo di ragionevolezza assoggettare al medesimo trattamento sanzionatorio l’ipotesi dedotta e quella per la quale l’intercettazione sia stata eseguita al di fuori dei casi consentiti dalla legge o con forme o con modalità che ne compromettano la genuinità, così equiparando situazioni diverse e non assimilabili fra loro;

che il medesimo Tribunale ha altresì sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 266, comma 2, codice di procedura penale, in riferimento all’art. 14 della Costituzione, nella parte in cui consente le intercettazioni di comunicazioni tra presenti all’interno di un domicilio, in quanto il principio costituzionale di inviolabilità che presidia tale luogo non può essere derogato nel caso di intercettazioni di conversazioni tra persone ivi presenti, giacché tali intercettazioni presupporrebbero “la preventiva clandestina intrusione nel domicilio stesso degli agenti operanti per la collocazione di microspie e/o comunque di apparati di captazione e/o di trasmissione di suoni e/o immagini”;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate;

che nel giudizio ha altresì spiegato atto di costituzione la parte privata, concludendo per la inammissibilità o comunque la infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 271 del codice di procedura penale e per la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 266, comma 2, del codice di rito.

Considerato che la prima questione verte sulla pretesa irragionevolezza della radicale previsione della inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, ove le operazioni siano state eseguite presso un impianto di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria senza l’osservanza delle disposizioni dettate dall’art. 268, comma 3, ultimo inciso, codice di procedura penale;

che la disposizione oggetto di impugnativa fu introdotta al precipuo scopo di evitare che gli organi deputati alla esecuzione delle operazioni di intercettazione ed al relativo ascolto potessero operare controlli sul traffico telefonico al di fuori di una specifica e puntuale verifica da parte della autorità giudiziaria;

che, pertanto, l’avere il legislatore inteso espressamente privilegiare l’impiego degli apparati esistenti negli uffici giudiziari, dettando una disciplina volta a circoscrivere con apposite garanzie l’uso di impianti esterni, non può dirsi, in sé, scelta arbitraria; sicché, avuto anche riguardo alla particolare invasività del mezzo nella sfera della segretezza e libertà delle comunicazioni costituzionalmente presidiata, la consequenziale previsione della inutilizzabilità, ove quelle garanzie siano state eluse, palesemente si sottrae a qualsiasi censura sul piano della ragionevolezza della disciplina oggetto di impugnativa;

che, quanto alla seconda delle questioni dedotte, la norma di cui viene eccepita la incostituzionalità prevede la possibilità di effettuare intercettazioni di comunicazioni fra presenti anche ove queste avvengano nei luoghi indicati dall’art. 614 cod. pen., ma non ne disciplina le relative modalità, che spetta al legislatore determinare nel rispetto dei limiti previsti dalla Costituzione: modalità, peraltro, che non richiedono necessariamente un’intrusione arbitraria nel domicilio; né, d’altronde, nella situazione prospettata dall’ordinanza di rimessione v’è una concreta descrizione della fattispecie, su cui si argomenta l’incostituzionalità dell’art. 266, comma 2, cod. proc. pen.;

 che, pertanto, spetta allo stesso giudice rimettente verificare in concreto se sussistano profili di illegittimità delle operazioni di intercettazione e stabilire le eventuali conseguenze che da tale apprezzamento possono scaturire;

che alla stregua dei riferiti rilievi la prima questione proposta deve essere dichiarata manifestamente infondata e la seconda manifestamente inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 271, comma 1, del codice di procedura penale sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Catanzaro con l’ordinanza in epigrafe.

2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 266, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all’art. 14 della Costituzione, dal medesimo Tribunale con la stessa ordinanza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in cancelleria il 19 luglio 2000.