ORDINANZA N. 274
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnei giudizi di legittimità costituzionale dell'articolo 4, commi 1, 2, 3 e 4, del decreto-legge 15 gennaio 1993, n. 6 (Disposizioni urgenti per il recupero degli introiti contributivi in materia previdenziale), convertito in legge 17 marzo 1993, n. 63 (Conversione urgente, con modificazioni, del decreto-legge 15 gennaio 1993, n. 6, recante disposizioni urgenti per il recupero degli introiti contributivi in materia previdenziale), e dell'articolo 18, commi 1, 2, 3 e 4, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica); dell'articolo 2 del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 538 (Disposizioni urgenti in materia di sanzioni per violazione di obblighi contributivi e di regolarizzazione di posizioni previdenziali), promossi con ordinanze emesse il 26 novembre 1998 dal Tribunale di Brescia nel procedimento civile INPS contro Scuola Edile Bresciana, iscritta al n. 7 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.4, prima serie speciale, dell'anno 1999, e il 23 ottobre 1998 dal Pretore di Treviso nei procedimenti civili riuniti SOGEDIN S.p.A. contro INPS ed altro, iscritta al n. 55 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.6, prima serie speciale, dell'anno 1999.
Visti gli atti di costituzione della Scuola Edile Bresciana, della SOGEDIN S.p.A. e dell'INPS, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 6 giugno 2000 il Giudice relatore Franco Bile;
uditi gli avvocati Mattia Persiani per la Scuola Edile Bresciana e la SOGEDIN S.p.A., Fabio Fonzo e Antonino Sgroi per l'INPS e l'avvocato dello Stato Giuseppe Stipo, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che con l’ordinanza n. 7 del 1999 il Tribunale di Brescia - nel corso di un giudizio di appello avverso la sentenza con cui il Pretore di Brescia aveva rigettato la domanda proposta dalla Scuola Edile Bresciana contro l’INPS, per ottenere l’accertamento dell’inesistenza del debito contributivo vantato dall’Istituto e la sua condanna alla restituzione della somma nel frattempo corrisposta a titolo di condono previdenziale - ha sollevato questione di costituzionalità delle disposizioni alla stregua delle quali era stato eseguito il condono, cioè dell’articolo 4, commi 1, 2, 3 e 4, del decreto-legge 15 gennaio 1993, n. 6 (Disposizioni urgenti per il recupero degli introiti contributivi in materia previdenziale), convertito in legge 17 marzo 1993 n. 63 (Conversione urgente, con modificazioni, del decreto-legge 15 gennaio 1993, n. 6, recante disposizioni urgenti per il recupero degli introiti contributivi in materia previdenziale), nonché dell’articolo 18, commi 1, 2, 3 e 4, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), per contrasto con gli articoli 3, 23, 24, 38 e 53 della Costituzione;
che nel giudizio a quo l’INPS aveva eccepito che la clausola di riserva apposta alla richiesta di condono doveva reputarsi priva di effetti;
che il rimettente, preso atto che - in conformità ad un recente orientamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione - la suddetta eccezione dovrebbe reputarsi fondata e che al condono dovrebbe attribuirsi valore preclusivo dell’azione di ripetizione dell’indebito, ha ritenuto che la norma in questione, così interpretata, non sia conforme ai suddetti parametri costituzionali;
che in particolare l’art. 3 Cost. sarebbe violato in quanto quell’interpretazione equiparerebbe il trattamento del condono previdenziale e di quello tributario, nonostante la diversità di effetti fra i due tipi;
che gli artt.3 e 24 Cost. sarebbero violati per la lesione del diritto d’azione e per la disparità di trattamento fra le parti del rapporto, potendo l’ente previdenziale pretendere in giudizio, pur dopo il condono, un credito maggiore di quello soddisfatto con il condono;
che ancora il <<combinato disposto degli artt. 3 e 24>> Cost. sarebbe leso per la discriminazione fra chi agisca in ripetizione di indebito dopo aver pagato nei modi ordinari e chi agisca invece dopo avere pagato con il condono;
che l’art. 38 Cost. sarebbe violato in quanto l’irripetibilità di somme versate - in esecuzione di condono - per contribuzioni effettivamente non dovute determinerebbe un’indebita erogazione di prestazioni previdenziali;
che l’art. 23 Cost. sarebbe violato perché la situazione ora descritta si risolverebbe nell’imposizione di una prestazione non prevista dalla legge;
che con l’ordinanza n. 55 del 1999 il Pretore di Treviso - in una controversia di opposizione a decreto ingiuntivo per omissioni contributive, nella quale l’INPS, al fine di ottenere sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere, invocava l’avvenuta esecuzione di un condono previdenziale rateale da parte dell’opponente s.p.a. Sogedin - ha sollevato questione di costituzionalità della disposizione in applicazione della quale era avvenuto il condono, cioè dell’art. 2 del decreto- legge 23 ottobre 1996, n. 538 (Disposizioni urgenti in materia di sanzioni per violazione di obblighi contributivi e di regolarizzazione di posizioni previdenziali) -decaduto per mancata conversione, ma riguardo al quale gli atti compiuti e gli effetti prodottisi sotto la sua vigenza sono stati fatti salvi dall’art. 1, comma 233, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) - per contrasto con gli artt. 23, 24, 38 e 97 Cost., nel presupposto che la norma impugnata - in base al suddetto orientamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione circa l’esclusione della validità della clausola di riserva - comportasse la conseguenza invocata dall’INPS;
che il rimettente ravvisa violazione del diritto di difesa nella circostanza che l’ente previdenziale, pur avendo il dovere di verificare l’effettiva debenza dei contributi, si trova pur sempre in posizione di contenzioso con il contribuente che esegue il condono; mentre il secondo comma dell’art. 38 Cost. sarebbe leso, in quanto la combinazione fra l’impossibilità per il soggetto che provvede al condono di esercitare successivamente un’azione di ripetizione di indebito e la possibilità che l’ente accetti il condono anche per contributi previdenziali non dovuti si risolverebbe nella <<attribuzione all’ente previdenziale del potere di accreditare e addebitare contributi previdenziali non dovuti in contrasto con la indisponibilità degli stessi>>;
che in entrambi i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, sollecitando la restituzione degli atti ai giudici a quibus per la sopravvenienza dell’art. 81, comma 9, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), ed eccependo in subordine l’inammissibilità e comunque l’infondatezza della questione;
che nel giudizio di cui all’ordinanza n. 7 del 1999 si sono costituite entrambe le parti private;
che la Scuola Edile Bresciana ha chiesto che gli atti siano restituiti al giudice rimettente, essendo sopravvenuta una nuova norma applicabile al giudizio a quo, mentre in via preliminare - rilevato che tale norma ammette la validità delle clausole di riserva e la ripetibilità delle somme pagate indebitamente, ma dispone che su di esse non sono dovuti interessi - ne ha sostenuto l’illegittimità costituzionale, per violazione del principio di eguaglianza ex art. 3 Cost., nella parte in cui esclude la corresponsione di interessi per una determinata categoria di creditori degli enti previdenziali, sollecitando questa Corte a sollevare d’ufficio la questione;
che nella memoria depositata nell’imminenza dell’udienza la Scuola Edile Bresciana ha sollecitato in alternativa il trasferimento della questione sull’art. 81, comma 9, della legge n. 448 del 1998, richiamandosi alla sentenza n. 84 del 1996 di questa Corte;
che, invece, l’INPS nella sua memoria ha chiesto che gli atti siano restituiti al giudice a quo;
che la Sogedin s.p.a., parte del giudizio di cui all’ordinanza n. 55 del 1999, ha sollecitato anch’essa la restituzione degli atti per jus superveniens, ma in via preliminare, assumendo che la nuova norma sarebbe incostituzionale in quanto esclude gli interessi sull’indebito verificatosi per effetto del condono per contribuzione non dovuta, ha chiesto che questa Corte trasferisca su di essa la questione, sostenendo che la norma denunciata dal rimettente (che escludeva la ripetizione dell’indebito pur in presenza della clausola di riserva) sarebbe in realtà venuta meno solo in parte, residuando l’effetto dell’esclusione degli interessi;
che, per il caso che non si reputasse possibile il trasferimento, la stessa Sogedin ha sollecitato questa Corte a sollevare d’ufficio la questione <<onde poterla esaminare in altro ed apposito giudizio>>, per violazione, da parte dell’art. 81, comma 9, del principio di eguaglianza, in quanto esclude totalmente l’applicazione degli interessi nei confronti di una determinata categoria di creditori;
che si è pure costituito l’INPS insistendo per la restituzione degli atti ed in subordine per la declaratoria di inammissibilità o infondatezza della questione;
che con memoria depositata nell’imminenza della pubblica udienza l’INPS ha contestato sia i presupposti per l’autorimessione sia la fondatezza del dubbio di costituzionalità sul nono comma dell’art. 81 citato.
Considerato che le questioni poste dalle ordinanze in epigrafe pur concernendo normative fra loro diverse, sono palesemente connesse, onde i relativi giudizi possono essere riuniti;
che, successivamente alla pronuncia delle ordinanze, è entrato in vigore l’art. 81, comma 9, della legge n. 448 del 1998, secondo cui le clausole di riserva di ripetizione, subordinate agli esiti del contenzioso per il disconoscimento del proprio debito, apposte alle domande di condono previdenziale presentate ai sensi dell’articolo 4 del decreto- legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), convertito nella legge 28 maggio 1997, n. 140 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, recante misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), e dei <<precedenti provvedimenti di legge sempre in materia di condono previdenziale sono valide e non precludono la possibilità di accertamento negativo in fase contenziosa della sussistenza del relativo debito>> ed ha altresì stabilito che <<per tali fattispecie sulle eventuali somme da rimborsare da parte degli enti impositori, a seguito degli esiti del contenzioso, non sono comunque dovuti interessi>>;
che in forza della suddetta disposizione - la quale, riferendosi ai <<precedenti provvedimenti>>, vale a comprendere anche ipotesi di condono effettuato ai sensi delle disposizioni denunciate dai rimettenti - il quadro normativo potenzialmente idoneo a disciplinare il giudizio a quo è obbiettivamente mutato;
che, in assenza di specifiche norme di diritto transitorio, si pone il problema dell’immediata applicabilità dell’indicata innovazione legislativa nei giudizi in corso;
che compete ai giudici rimettenti valutare se detta applicabilità sussista (e quali siano, in caso positivo, le sue conseguenze sui giudizi a quibus), oppure se tali giudizi continuino ad essere disciplinati dalla normativa precedente, come interpretata dal giudice di legittimità nella pronuncia che gli stessi rimettenti hanno citato;
che, inoltre, compete ai giudici rimettenti, una volta risolto positivamente il problema dell’applicabilità della norma ai giudizi pendenti, chiarire quale sia il significato dell’espressione <<clausole di riserva di ripetizione, subordinate agli esiti del contenzioso per il disconoscimento del proprio debito, apposte alle domande di condono previdenziale>>;
che conseguentemente - essendo il suddetto jus superveniens atto ad incidere sulla valutazione di rilevanza della questione, che compete ai giudici rimettenti - si impone, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, la restituzione degli atti ai medesimi, perché riesaminino la persistenza della rilevanza alla luce della norma sopravvenuta;
che la preliminare necessità di tale riesame preclude l’esame delle richieste delle parti private per l’autorimessione della questione di costituzionalità sulla norma sopravvenuta, nella parte in cui esclude che siano dovuti interessi, ovvero per il trasferimento su di essa della questione di costituzionalità, indipendentemente da ogni valutazione sulla sussistenza dei presupposti per l’una o per l’altro e sulla correttezza dell’assunta presenza nella disposizione in esame di due norme diverse, l’una negante la ripetibilità del capitale e l’altra quella degli interessi.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALEriuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti ai giudici a quibus.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 luglio 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Franco BILE, Redattore
Depositata in cancelleria il 12 luglio 2000.