Ordinanza n. 246/2000

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ORDINANZA N. 246

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI 

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo  MEZZANOTTE 

- Guido  NEPPI MODONA 

- Annibale MARINI 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente  

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20, comma 9, ultima parte, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nel testo sostituito dall'art. 6 del decreto legislativo 18 novembre 1993, n. 470 (Disposizioni correttive del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, recante razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego), promosso con ordinanza emessa il 19 maggio 1998 dal Consiglio di Stato, sul ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ed altro contro Del Gizzo Ernesto, iscritta al n. 200 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 maggio 2000 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che nel corso di un giudizio di appello, il Consiglio di Stato, sezione IV, ha sollevato, con riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, ed all'art. 2 della legge di delega 23 ottobre 1992, n. 421, questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, comma 9, ultima parte, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nel testo sostituito dall'art. 6 del d.lgs. n. 470 del 1993;

che il giudice a quo premette che, con decreto del Presidente della Repubblica 28 febbraio 1997, il Direttore generale dei Monopoli di Stato veniva collocato a riposo per motivi di servizio, a norma della predetta normativa;

che tale provvedimento era stato annullato dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con sentenza n. 1435 del 1997, deliberata il 25 giugno 1997, contro la quale era stato proposto appello da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministro delle finanze;

che il giudice di appello, in adesione a quanto proposto dalla parte privata e ritenendo la questione rilevante ai fini del giudizio trattandosi di disposizione posta a base del provvedimento impugnato, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'anzidetta norma;

che il giudice rimettente prospetta un eccesso di delega della disposizione impugnata, in quanto la stessa avrebbe reintrodotto, per i dirigenti generali dello Stato, il collocamento a riposo per motivi di servizio, previsto dalla previgente normativa (art. 19, settimo comma, del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, emanato sulla base della delega di cui all’art. 16, secondo comma, lettera f), della legge 18 marzo 1968, n. 249), laddove la legge di delega prevedeva, in caso di mancato conseguimento degli obiettivi della gestione, solo la "rimozione dalle funzioni ed il collocamento a disposizione";

che avanti a questa Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha fatto presente che la norma denunciata (comma 9 insieme al comma 10) è stata abrogata dall'art. 43 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, il quale, ha, altresì, provveduto alla formale abrogazione del Capo I, Titolo I, del d.P.R. n. 748 del 1972. Tuttavia ha ritenuto che la questione fosse tuttora rilevante per via del principio tempus regit actum, e ha concluso per la sua infondatezza;

che l'Avvocatura generale dello Stato ha sottolineato, in particolare, che "in ossequio al criterio di cui all'art. 2, comma 1, lettera g), n. 3, della legge di delega 23 ottobre 1992, n. 421" il legislatore delegato avrebbe previsto due differenti ipotesi: l'una contenuta nella prima parte della norma impugnata, con previsione del collocamento a disposizione per la durata massima di un anno in caso di inosservanza delle direttive e risultati negativi della gestione finanziaria, tecnica e amministrativa; l'altra, contenuta nella seconda parte della disposizione, che disciplina una fattispecie diversa, stabilendo il collocamento a riposo per ragioni di servizio in caso di responsabilità particolarmente grave e reiterata, come misura più severa peraltro contemplata dalla normativa previgente.

Considerato che sostanzialmente il dubbio di legittimità costituzionale, come formulato per eccesso di delega e quindi per profili attinenti all’ambito dei poteri conferiti al legislatore delegato, non investe l’intera previsione normativa del comma 9 dell’art. 20 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, nel testo sostituito dall’art. 6 del d.lgs. n. 470 del 1993, né "la rimozione dalle funzioni", ma è idoneo a provocare una statuizione sulla costituzionalità della previsione di immediato collocamento a riposo senza passare attraverso il previo collocamento a disposizione, con le garanzie di quel determinato stadio, tradizionalmente limitato nel tempo, prodromico di una risoluzione del rapporto, ove non si verifichi nel periodo previsto un richiamo in servizio o altra utilizzazione;

che la norma denunciata (d.lgs. n. 29 del 1993, art. 20, comma 9) era stata già abrogata una prima volta espressamente (insieme al comma 10) per effetto dell’art. 43 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, che a sua volta contemporaneamente con gli artt. 13 e 14 aveva integralmente disciplinato il conferimento degli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali, la loro revoca e la responsabilità dirigenziale nelle diverse forme connesse alla inosservanza delle direttive generali e ai risultati negativi dell’attività amministrativa e della gestione, con due disposizioni che si inserivano nel d.lgs. n. 29 del 1993, sostituendone gli art. 19 e 20 e coprendo interamente anche il contenuto dell’art. 20, commi 9 e 10, abrogati, e nello stesso tempo inserendo, nel comma 2 dell’art. 74 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, l’abrogazione del Capo I, Titolo I, del d.P.R. 30 giugno 1972, n.748 (precedente disciplina);

che lo stesso d.lgs. n. 80 del 1998 ha dettato una normativa transitoria dell’art. 19 del d.lgs. n.29 del 1993;

che l’intero art. 20 del d.lgs n. 29 del 1993 è stato, a sua volta, espressamente abrogato (ad eccezione del comma 8) dall’art. 10, comma 2, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 286, insieme ad altre "disposizioni incompatibili" con quelle dello stesso decreto legislativo avente la finalità di riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, rendimenti e risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, con particolari garanzie procedimentali per la valutazione del personale con incarico dirigenziale;

che, pur in presenza di norme a contenuto sanzionatorio della inosservanza di doveri dirigenziali e della relativa responsabilità ed innovative rispetto alla natura del rapporto dirigenziale, si impone una verifica degli effetti della duplice abrogazione espressa accompagnata da nuova disciplina, compito spettante al giudice investito dell’esame della legittimità dell’atto impugnato;

che si rende, pertanto, necessaria la restituzione degli atti al giudice rimettente, spettando ad esso di valutare se, alla luce dell'intervenuto mutamento del quadro normativo e delle eventuali iniziative conseguenziali dell’amministrazione, le questioni sollevate siano tuttora rilevanti per la definizione del giudizio a quo.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al giudice a quo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 26 giugno 2000.