ORDINANZA N. 123
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Francesco GUIZZI
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 26 maggio 1999 dal Pretore di Vibo Valentia, sezione distaccata di Tropea, nel procedimento penale a carico di V. G., iscritta al n. 420 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1999.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che il Pretore di Vibo Valentia, sezione distaccata di Tropea, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice che in precedenza, in qualità di giudice per le indagini preliminari, abbia emesso decreto di citazione a giudizio a seguito di opposizione a decreto penale, anche se tale decreto è stato pronunciato da altro giudice;
che il rimettente osserva che, seppure il decreto di citazione a giudizio conseguente ad opposizione a decreto penale possa essere considerato un atto obbligato, sussiste sempre l’obbligo del giudicante di verificare la sussistenza di una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod. proc. pen.;
che quindi il giudice, con l’emissione del decreto di citazione a giudizio, avendo implicitamente ritenuto non sussistente alcuna causa di non punibilità, avrebbe compiuto una valutazione sul merito dell’accusa, con conseguente pregiudizio per la sua imparzialità;
che tale situazione si porrebbe, ad avviso del giudice a quo, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., «che garantiscono l’imparzialità ed indipendenza del giudice»;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata perché, nel caso in esame, «la valutazione ex art. 129 cod. proc. pen., quand’anche presente, verrebbe comunque ad assumere i connotati dell’accertamento “in negativo”, non già della valutazione, seppur sommaria, “in positivo” sulla responsabilità dell’imputato».
Considerato che l’attuale disciplina dell’art. 34 cod. proc. pen. - come modificato dall’art. 171 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (che ha introdotto il comma 2-bis, la cui efficacia, ai sensi dell’art. 247 dello stesso decreto, sostituito in parte qua dall’art. 1 della legge 16 giugno 1998, n. 188, decorre dal 2 giugno 1999, e quindi da un momento successivo all’ordinanza di rimessione), e poi dall’art. 11 della legge 16 dicembre 1999, n. 479 (che ha introdotto il comma 2-ter) – prevede l’incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice che, nel medesimo procedimento, ha esercitato funzioni di giudice per le indagini preliminari;
che pertanto occorre restituire gli atti al giudice rimettente affinché verifichi se la questione di costituzionalità sia tuttora rilevante.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Pretore di Vibo Valentia, sezione distaccata di Tropea.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Guido NEPPI MODONA, Redattore
Depositata in cancelleria il 27 aprile 2000.