ORDINANZA N. 117
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), e dell’art. 28 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), promossi con ordinanze emesse il 4 aprile 1998 dalla Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta, il 4 febbraio e il 27 marzo 1998 dalla Commissione tributaria provinciale di Torino, il 10 luglio e il 18 settembre 1998 dalla Commissione tributaria regionale di Roma, il 29 giugno 1998 dalla Commissione tributaria provinciale di Padova, il 18 giugno 1998 dalla Commissione tributaria provinciale di Terni e il 17 luglio 1998 dalla Commissione tributaria regionale di Firenze, rispettivamente iscritte ai numeri 81, 91, 92, 175, 176, 226, 437 e 684 del registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 9, 13, 17, 37 e 51, prima serie speciale, dell’anno 1999.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il Giudice relatore Annibale Marini.
Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta, con ordinanza emessa il 4 aprile 1998, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 97 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) e dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito);
che l’indicazione delle norme impugnate, contenuta nel dispositivo dell’ordinanza di rimessione, deve ritenersi imputabile ad errore materiale, essendo la censura di incostituzionalità inequivocamente riferita, nel testo della motivazione, all’art. 28 della legge 27 dicembre 1997, n.449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), e all’art. 25 del citato d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602;
che, ad avviso del giudice rimettente, la norma di cui all’art. 28 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, secondo cui il primo comma dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 va interpretato "nel senso che il termine in esso indicato, avendo carattere ordinatorio, non è stabilito a pena di decadenza", sarebbe stata emanata al solo scopo di avvantaggiare la parte pubblica nei giudizi in corso - essendosi ormai consolidato un orientamento giurisprudenziale nel senso della perentorietà del termine in questione - e, a causa della sua efficacia retroattiva, sarebbe lesiva del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), del diritto di difesa dei contribuenti (art. 24 Cost.), del principio di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), ed infine del principio di irretroattività delle norme punitive di cui all’art. 25 Cost., inteso in un significato ampio e comprensivo non solo delle norme penali, ma di ogni norma sanzionatoria;
che la norma stessa sarebbe altresì affetta da "intrinseca irrazionalità giuridica" nella parte in cui fa discendere l’assenza di effetto decadenziale dall’asserito carattere ordinatorio del termine in questione, in quanto, ad avviso del giudice a quo, la decadenza potrebbe conseguire, ai sensi dell’art. 154 cod. proc. civ., anche all’inosservanza dei termini ordinatori non prorogati prima della scadenza;
che l’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nella parte in cui omette di indicare la sottoscrizione autografa tra gli elementi costitutivi della cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, sarebbe invece lesivo del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, di cui all’art. 97 Cost., in quanto indurrebbe l’amministrazione finanziaria ad emanare atti inesistenti, dovendo considerarsi la sottoscrizione autografa elemento essenziale di ogni atto amministrativo, nonché del diritto di difesa dei contribuenti, tutelato dall’art. 24 Cost., in quanto indurrebbe costoro ad adempiere nonostante l’inesistenza dell’atto di accertamento;
che analoghe violazioni di precetti costituzionali discenderebbero dalla mancata previsione dell’obbligo di motivazione della cartella stessa;
che la Commissione tributaria provinciale di Torino, con due ordinanze di analogo contenuto emesse il 4 febbraio 1998 ed il 27 marzo 1998 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 53, 97 e 101 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 28 della legge 27 dicembre 1997, n. 449;
che, ad avviso della Commissione rimettente, il legislatore avrebbe nella specie fatto un uso non corretto del potere di emanare norme di interpretazione autentica, non sussistendo alcun contrasto interpretativo riguardo alla perentorietà del termine previsto dall’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, cosicché la norma si porrebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza, con il diritto di difesa dei contribuenti, con il principio dell’equità fiscale e con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione e sarebbe altresì lesiva delle prerogative del potere giudiziario, al quale soltanto competeva di valutare la ordinarietà o perentorietà del termine di cui all’art. 36-bis;
che la Commissione tributaria regionale di Roma, con due ordinanze di analogo contenuto emesse il 10 luglio 1998 ed il 18 settembre 1998, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 Cost., questione di legittimità costituzionale della stessa norma;
che la Commissione tributaria provinciale di Padova, con ordinanza emessa il 29 giugno 1998, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 98 Cost., questione di legittimità costituzionale della stessa norma;
che la Commissione tributaria provinciale di Terni, con ordinanza emessa il 18 giugno 1998, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, 97 e 113 Cost., questione di legittimità costituzionale della stessa norma;
che la Commissione tributaria regionale di Firenze, con ordinanza emessa il 17 luglio 1998, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 101, 102, comma 1, e 104, comma 1, Cost., questione di legittimità costituzionale della stessa norma;
che l’Avvocatura generale dello Stato, intervenuta per il Presidente del Consiglio dei ministri in tutti i giudizi, ad eccezione di quello promosso dalla Commissione tributaria regionale di Firenze, ha concluso per la declaratoria di infondatezza delle questioni.
Considerato che tutti i giudizi hanno ad oggetto, in via esclusiva o concorrente, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 28 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, (dovendo, come si è detto, ascriversi ad errore materiale l’indicazione, nel dispositivo dell’ordinanza emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta, della norma interpretata di cui all’art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, piuttosto che della norma interpretatrice di cui al citato art. 28 della legge n. 449 del 1997) e vanno perciò riuniti per essere decisi con unica pronunzia;
che, con riferimento ai parametri di cui agli artt. 3, 24, 53, 97, 101, 102 e 113 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 28 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è stata già dichiarata non fondata da questa Corte (sentenza n. 229 del 1999) né risultano prospettati profili nuovi tali da indurre ad una diversa decisione;
che le considerazioni svolte nella citata pronunzia riguardo alla insussistenza dell’asserita lesione delle prerogative del potere giudiziario valgono altresì ad escludere la violazione dell’art. 104, primo comma, Cost., prospettata dalla Commissione tributaria regionale di Firenze;
che per quanto riguarda il diverso parametro di cui all’art. 25 Cost., evocato dalla Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta, è sufficiente rilevare che il divieto di norme retroattive ivi enunciato si riferisce esclusivamente alla materia penale e che in ogni caso la norma denunciata non ha natura sanzionatoria;
che la censura riferita all’art. 98 Cost., sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Padova, non risulta sorretta da alcuna motivazione;
che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta con riguardo alla mancata previsione di sottoscrizione autografa della cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, si fonda sul presupposto che la sottoscrizione autografa debba considerarsi elemento essenziale di ogni atto amministrativo;
che tale presupposto è palesemente erroneo, costituendo diritto vivente il principio secondo cui l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia espressamente prevista dalla legge, essendo di regola sufficiente che dai dati contenuti nello stesso documento sia possibile individuare con certezza l’autorità da cui l’atto proviene;
che per quanto riguarda il diverso profilo rappresentato dall’asserito difetto di previsione legislativa dell’obbligo di motivazione della predetta cartella di pagamento, appare evidente che il rimettente ha omesso di considerare che l’obbligo di motivazione degli atti amministrativi è ora in via generale imposto dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), a seguito del quale il d.m. 14 luglio 1992 ha espressamente previsto, nel modello di cartella di pagamento emessa ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, una apposita sezione destinata a contenere la sintetica descrizione degli eventuali errori commessi dal contribuente nella determinazione dell’imposta;
che la mancanza di motivazione nella cartella di pagamento impugnata nel giudizio a quo non può perciò ascriversi a vizio di legittimità costituzionale della norma ma solo, eventualmente, a vizio dell’atto;
che le questioni sollevate devono pertanto essere dichiarate tutte manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
a) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 28 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), sollevata, con le ordinanze in epigrafe, dalla Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 97 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Torino, in riferimento agli artt. 3, 24, 53, 97 e 101 Cost., dalla Commissione tributaria regionale di Roma, in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Padova, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 98 Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Terni, in riferimento agli artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, 97 e 113 Cost., dalla Commissione tributaria regionale di Firenze, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 101, 102, comma 1, e 104, comma 1, Cost.;
b) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 97 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Annibale MARINI, Redattore
Depositata in cancelleria il 21 aprile 2000.