ORDINANZA N. 116
ANNO 2000REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Francesco GUIZZI
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 663–bis del codice penale, 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa) e 45 della legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista), promosso con ordinanza emessa il 24 marzo 1999 dal Pretore di Livorno nel procedimento penale a carico di Impallazzo Alessandra, iscritta al n. 314 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 1999.
Visto l’atto di costituzione di Impallazzo Alessandra, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.
Ritenuto che nel corso di un procedimento penale a carico di una imputata del reato di divulgazione di stampa clandestina ex art. 663–bis cod. pen., il Pretore di Livorno, con ordinanza del 24 marzo 1999, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 663–bis cod. pen., 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa) e 45 della legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista) in riferimento agli artt. 21, 3, 4 e 18 della Costituzione;
che, a giudizio del rimettente, in ordine alla rilevanza, il reato contestato sarebbe ipotizzabile ove manchi uno dei presupposti richiesti dalla legge sulla stampa e in particolare quello dell'iscrizione del direttore responsabile all'ordine dei giornalisti;
che, nel merito, le norme denunciate violerebbero l'art. 21 della Costituzione, che garantisce la libertà di manifestazione del pensiero in genere e la libertà di stampa in particolare;
che sarebbe altresì violato il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), in quanto la profonda evoluzione degli strumenti di informazione avrebbe determinato l'obsolescenza della legge sulla stampa che detta disposizioni sulla pubblicazione e sulla diffusione dei periodici;
che l'obbligo di iscrizione all'albo violerebbe l'art. 18 della Costituzione atteso che la libertà di associazione, per giurisprudenza di questa Corte, si riferisce sia al diritto di associarsi liberamente, sia a quello di non associarsi; le previsioni della legge sulla stampa, quindi, negherebbero il diritto di associazione, perché imporrebbero ai giornalisti professionisti e al direttore responsabile l'obbligo di associarsi ove intendano esercitare il diritto di informazione;
che, infine, le disposizioni di cui sopra violerebbero l'art. 4 della Cost., che nel riconoscere il diritto al lavoro prescriverebbe che, per il relativo esercizio, non possono essere imposti dalla legge ordinaria limiti se non in relazione ad un interesse costituzionalmente protetto quale potrebbe essere, nel sistema disegnato dalla legge sulla stampa, la libertà di manifestazione del pensiero, sotto la specie del diritto all'informazione ex art. 21 Cost.;
che si è costituita la parte privata, nel presente giudizio di legittimità costituzionale, insistendo per l'accoglimento della questione;
che nel presente giudizio di legittimità costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione.
Considerato che, successivamente all'ordinanza di rimessione, è intervenuto il decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205) che all'art. 47 ha depenalizzato la contravvenzione di cui all'art. 663–bis del codice penale in attuazione della delega legislativa contenuta nell'art. 7, comma 1, lett. c) della citata legge n. 205 del 1999, anch’essa successiva all'ordinanza del giudice a quo;
che della sopravvenuta disposizione richiamata deve essere valutata l'incidenza nel giudizio che ha dato origine alla presente questione di costituzionalità anche alla luce dell'art. 100 del decreto legislativo n. 507 del 1999 che disciplina l'applicabilità delle sanzioni amministrative alle violazioni commesse anteriormente all'entrata in vigore del citato decreto;
che, pertanto, gli atti devono essere restituiti al giudice rimettente per una nuova valutazione della rilevanza della questione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Pretore di Livorno.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Fernando SANTOSUOSSO, Redattore
Depositata in cancelleria il 21 aprile 2000.