Ordinanza n. 107/2000

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 107

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 186, comma 4, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e 379, comma 1, del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada), promosso con ordinanza emessa il 6 febbraio 1998 dal Pretore di Milano nel procedimento penale a carico di Centorbi Francesco, iscritta al n. 353 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1999.

 Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

 Ritenuto che - nel corso di un procedimento penale a carico di un automobilista per guida in stato di ebbrezza - il Pretore di Milano, con ordinanza emessa il 6 febbraio 1998, ha sollevato, in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 186, comma 4, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), «nella parte in cui, anziché prevedere l'obbligo di una verifica tecnico-scientifica (dello stato di ebbrezza), ne prevede invece la mera facoltà»;

 che, secondo il rimettente, con la norma impugnata il legislatore avrebbe optato per una nozione «elastica» dello stato di ebbrezza, concepito come realtà fisio-psichica non ancorata a precisi riferimenti quantitativi, ma desumibile da tutta una serie di indici di fatto, dai quali inferire l'esistenza di uno stato di consistente alterazione di natura psichica caratterizzato dalla perdita di un'adeguata capacità valutativa concernente il mondo fenomenico circostante;

 che in ciò sarebbe ravvisabile una distonia rispetto al quadro normativo approntato dall'art. 379 del regolamento di esecuzione del nuovo codice della strada, in cui sembra al contrario che il legislatore si sia determinato ad accogliere una nozione oggettiva dello stato di ebbrezza, vincolata ad un preciso dato quantitativo, consistente nel raggiungimento di parametri predeterminati, potendosi considerare l'interessato in stato di ebbrezza esclusivamente nel caso di raggiungimento della soglia data, indipendentemente dalla presenza o meno di quei sintomi, di profilo soggettivo, ritenuti idonei ad evidenziare il suddetto stato di alterazione qualora non si sia fatto uso dell'etilometro;

 che - rilevato come l'adozione in concreto dell'uno anziché dell'altro criterio sia di fatto affidata ad un'insindacabile scelta del pubblico ufficiale - il rimettente sospetta la violazione, da parte della denunciata norma, del principio di certezza e tassatività della fattispecie penale, attesa la mancanza di una sufficiente nitidezza dei contorni della nozione dello stato di ebbrezza, la quale non può che essere unica e non deve risentire delle opzioni dei singoli organi accertatori;

 che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la manifesta inammissibilità o infondatezza della sollevata questione.

 Considerato che identica questione, sollevata dallo stesso rimettente sulla base di eguali considerazioni, è stata dichiarata manifestamente inammissibile con ordinanza n. 149 del 1998, peraltro pronunciata in data successiva alla proposizione dell’odierno incidente di costituzionalità;

 che, in tale sede, questa Corte ha rammentato di avere già precisato, nella sentenza n. 194 del 1996 (ignorata dal rimettente), che il voler ancorare il dubbio di costituzionalità esclusivamente al modo dell'accertamento dello stato di ebbrezza costituisca il frutto di una deviazione prospettica insita nel non considerare che «le indicazioni circa le circostanze che, in mancanza di uso dell'etilometro, inducono a ritenere la presenza di tale stato, altro non sono che elementi destinati a concorrere alla formazione del convincimento del giudice»;

 che il rimettente cade nel medesimo errore, scambiando, in ultima analisi, l'àmbito di discrezionalità relativa alle tecniche di accertamento del fatto-reato (riguardante in quanto tale il mero piano probatorio) con l'asserita mancanza di oggettiva certezza e tassatività della condotta sanzionata dalla fattispecie penale;

 che, d'altronde, va ancora ribadito come solo al legislatore sarebbe dato trasformare in obbligo la facoltà prevista dalla denunciata norma, al fine del preteso recupero di detta oggettiva certezza, trattandosi infatti di previsione attinente alla sfera delle prove, certamente non ottenibile attraverso una pronuncia manipolativa di questa Corte;

 che, pertanto, la questione è da dichiarare manifestamente inammissibile.

 Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 186, comma 4, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Milano, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 18 aprile 2000.