ORDINANZA N. 85
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Francesco GUIZZI
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Lombardia 10 gennaio 1995, n. 2 (Modifica dell’art. 36 della legge regionale 29 novembre 1984, n. 60 "Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale regionale" e conseguenti adempimenti), promosso con ordinanza emessa l’8 maggio 1998 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, sul ricorso proposto da Tosto Nicolò contro la Regione Lombardia, iscritta al n. 649 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visti gli atti di costituzione di Tosto Nicolò e della Regione Lombardia;
udito nell’udienza pubblica del 7 marzo 2000 il Giudice relatore Cesare Ruperto;
udito l’avv.to Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia.
Ritenuto che - nel corso di un giudizio promosso da un concorrente per l’annullamento del provvedimento di reiezione della domanda di attribuzione d’un nuovo punteggio nel concorso per titoli a n. 152 posti di seconda qualifica dirigenziale nel ruolo della Giunta della Regione Lombardia, espletato nel 1985 ai sensi dell’art. 36 della legge di quella Regione 29 novembre 1984, n. 60 (Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale regionale), come interpretato dalla legge della stessa Regione 27 marzo 1985, n. 22 (Interpretazione autentica dell’art. 36 della legge regionale 29 novembre 1984, n. 60) - il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, con ordinanza emessa l’8 maggio 1998, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 legge della Regione Lombardia 10 gennaio 1995, n. 2 (Modifica dell’art. 36 della legge regionale 29 novembre 1984, n. 60 "Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale regionale" e conseguenti adempimenti), nella parte in cui escludono dai titoli valutabili per il concorso suddetto lo svolgimento presso la Regione, "nel periodo dal 15 dicembre 1973 al 31 luglio 1979", di funzioni analoghe a quelle svolte nello stesso periodo presso altri enti pubblici e costituenti, invece, titolo concorsuale valutabile;
che, infatti, ad avviso del giudice a quo, il combinato disposto delle denunciate norme e dell’art. 36 della legge regionale n. 60 del 1984, come interpretato dall’art. 1, terzo comma, lettera c) della legge regionale n. 22 del 1985, mentre esclude la valutazione, quale titolo per il concorso, delle funzioni a livello direttivo svolte presso uffici regionali o centri regionali di formazione professionale anteriormente alla data di entrata in vigore della legge regionale 1° agosto 1979, n. 42 (con la quale - sempre secondo lo stesso giudice - vennero introdotti criteri non meramente discrezionali per il conferimento di tali funzioni), ammette invece la valutazione, agli stessi fini, di analoghe funzioni direttive svolte presso enti pubblici diversi dalla regione anche anteriormente a tale data (in particolare a partire dal 15 dicembre 1973), senza che rilevino l’assetto organizzativo degli enti o le modalità del conferimento delle funzioni;
che, pertanto, il rimettente lamenta la violazione, da parte delle denunciate norme:
a) dell’art. 3 della Costituzione, per la disparità di trattamento tra concorrenti che abbiano svolto, "prima della data di entrata in vigore della legge regionale n. 42 del 1979", analoghe funzioni direttive presso la Regione e presso altri enti pubblici;
b) dell’art. 97 della Costituzione, per l’incongrua ed arbitraria discriminazione nei confronti di coloro che abbiano maturato la propria professionalità esercitando, nel periodo predetto, funzioni direttive nell’àmbito della struttura della Regione Lombardia;
che, quanto alla rilevanza della questione, il rimettente osserva come l’eventuale declaratoria di incostituzionalità delle norme impugnate determinerebbe un esito della lite pienamente favorevole alla parte privata, consentendo il riconoscimento del suo diritto a vedersi valutate nel concorso le funzioni direttive svolte presso la regione anche nel periodo "dal 15 dicembre 1973 al 31 luglio 1979";
che, con memoria depositata il 1° giugno 1999, si è costituita la parte privata del giudizio a quo, chiedendo che la sollevata questione venga dichiarata fondata;
che, con memoria depositata il 12 ottobre 1998, si è costituita in giudizio anche la Regione Lombardia, concludendo per la declaratoria di manifesta infondatezza della sollevata questione, se intesa ad ottenere una pronuncia vòlta ad estendere la valutazione, nella procedura concorsuale di cui alla legge regionale n. 2 del 1995, delle funzioni direttive prestate nella regione dal 15 dicembre 1973 alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 42 del 1979; nonché per la declaratoria di manifesta irrilevanza o comunque di infondatezza della stessa questione, se intesa ad ottenere la caducazione della legge regionale n. 2 del 1995, nella parte in cui prevede la valutazione delle funzioni direttive prestate presso enti pubblici diversi dalla regione nel medesimo periodo;
che la Regione sottolinea la ragionevolezza dell’esclusione della valutazione concorsuale di funzioni svolte nella regione a livello direttivo anteriormente all’entrata in vigore della legge regionale n. 42 del 1979, quando cioè, come ammesso nella stessa ordinanza di rimessione, l’ordinamento regionale, in base alla legge regionale 25 novembre 1973, n. 48, non prevedeva ancora né formali strutture direttive né la formalizzazione degli incarichi e quando, in base all’art. 15 della legge regionale 16 giugno 1975, n. 94, anche gli incarichi di direzione dei centri di formazione professionale erano attribuiti con discrezionalità assoluta, in assenza di criteri selettivi legislativamente predeterminati;
che, secondo la deducente, anche le funzioni a livello direttivo svolte presso altri enti pubblici sono valutabili solo se conferite con procedure di incarico basate su requisiti oggettivi, come definitivamente ribadito, con norma di interpretazione autentica non presa in considerazione dal Collegio rimettente, dall’art. 4, comma 14, della legge regionale 27 gennaio 1998, n. 1; per cui sarebbe da escludere la denunciata disparità di trattamento;
che - osserva ancora la Regione - la sollevata questione di legittimità costituzionale, ove diretta a censurare l’attribuzione di punteggio per lo svolgimento di funzioni direttive presso enti pubblici non regionali conferite senza formalità e senza criteri predeterminati, sarebbe manifestamente irrilevante, perché del tutto estranea alla pretesa sostanziale avanzata dal ricorrente nel giudizio a quo.
Considerato che la costituzione della parte privata è inammissibile, in quanto effettuata oltre il termine perentorio di venti giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza di rimessione sulla Gazzetta Ufficiale, fissato dagli artt. 25, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte;
che il rimettente lamenta - in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione - che, ai fini dell’attribuzione di punteggio nel concorso per titoli di cui all’art. 36 della legge regionale n. 60 del 1984, come interpretato dalla legge regionale n. 22 del 1985, le norme denunciate, mentre escludono la rilevanza delle funzioni a livello direttivo svolte nell’àmbito regionale, ove conferite anteriormente alla legge regionale n. 42 del 1979 (e, quindi, secondo quanto egli stesso ammette, in base a scelte ancora discrezionali e non vincolate a criteri obiettivi legislativamente predeterminati), invece attribuiscono rilevanza ad analoghe funzioni comunque svolte presso altri enti pubblici, a partire dal 15 dicembre 1973, indipendentemente dalle modalità di conferimento e dall’assetto organizzativo di tali enti;
che, dunque, il giudice a quo, nel chiedere la caducazione delle norme impeditive della valutazione delle funzioni a livello direttivo svolte nell’àmbito regionale anteriormente alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 42 del 1979, muove dall’apodittica premessa interpretativa, secondo cui sarebbero valutabili come titolo concorsuale le funzioni a livello direttivo comunque svolte presso enti pubblici non regionali, anche se conferite informalmente ed in base a scelte assolutamente discrezionali;
che tale premessa, non solo non è stata dimostrata dal rimettente - il quale non ha ottemperato all’obbligo di interpretare le norme denunciate in modo conforme a Costituzione e non ha neppure indicato alcuna disposizione che, a partire dal 15 dicembre 1973, consenta un siffatto conferimento di funzioni direttive presso enti non regionali -, ma appare in palese contrasto con i dati normativi, segnatamente con la legge regionale 27 gennaio 1998, n. 1 (non menzionata dal giudice a quo, benché pubblicata sin dal 30 gennaio 1998), il cui art. 4, comma 14, valorizza gli aspetti formali del conferimento di funzioni e dell’assetto organizzativo dell’ente non regionale, interpretando il punto C4 dell’art. 36, quarto comma, della legge qui in esame, nel senso di considerare valutabili soltanto: "a) le funzioni dirigenziali espletate, anche in posizione di comando, da personale inquadrato in qualifiche o livelli dirigenziali negli enti di provenienza; b) le funzioni formalmente attribuite di direzione o di responsabilità di strutture organizzative previste dagli ordinamenti degli enti di provenienza";
che, a stregua di un’interpretazione della denunciata normativa nei sensi appena indicati, appaiono prive di consistenza le censure di irragionevole disparità di trattamento e violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, poiché la limitazione temporale del periodo valutabile delle funzioni a livello direttivo svolte presso la regione (cioè solo quelle conferite in applicazione dei criteri formali introdotti dalla legge regionale n. 42 del 1979), vale a rendere omogenee le funzioni stesse con quelle, parimenti direttive, svolte (pur esse su basi formali e secondo criteri prefissati) presso enti non regionali anche prima di quel periodo, a partire dal 15 dicembre 1973;
che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Lombardia 10 gennaio 1995, n. 2 (Modifica dell’art. 36 della legge regionale 29 novembre 1984, n. 60 "Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale regionale" e conseguenti adempimenti), sollevata - in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione - dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Cesare RUPERTO, Redattore
Depositata in cancelleria il 28 marzo 2000