ORDINANZA N.67
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Francesco GUIZZI, Presidente
- Cesare MIRABELLI
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 2, della legge 7 febbraio 1990, n. 19 (Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale della pena e destituzione dei pubblici dipendenti), promosso con ordinanza emessa il 24 febbraio 1999 dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche sul ricorso proposto da Benedetti Torquato contro l’Amministrazione provinciale di Pesaro e Urbino e altra, iscritta al n. 242 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 1999.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 2000 il Giudice relatore Francesco Guizzi.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per le Marche ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 4 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 2, della legge 7 febbraio 1990, n. 19 (Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale della pena e destituzione dei pubblici dipendenti), nella parte in cui dispone che il procedimento disciplinare per la destituzione del pubblico dipendente a seguito di condanna penale debba concludersi entro il termine - che si assume perentorio e, quindi, non derogabile - di 90 giorni dal suo inizio;
che il termine in esame, ad avviso del Collegio, non consentirebbe all’amministrazione di porre in essere gli atti endoprocedimentali previsti dal testo unico degli impiegati civili dello Stato approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3;
che la scelta del legislatore di fissare un termine così ristretto sarebbe manifestamente illogica, impedendo un’adeguata valutazione dei fatti, di modo che sarebbero violati gli artt. 3 e 97 della Costituzione;
che l’amministrazione deve contemperare le proprie esigenze con la posizione dell’incolpato, tutelata quest’ultima - conclude il Tribunale rimettente - dall’art. 4 della Costituzione;
che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, nel senso della infondatezza e ancor prima della inammissibilità della questione.
Considerato che il dubbio di legittimità costituzionale verte sull’art. 9, comma 2, della legge 7 febbraio 1990, n. 19, nella parte in cui dispone che il procedimento disciplinare per la destituzione del pubblico dipendente a seguito di condanna penale debba concludersi entro il termine - che l’ordinanza assume perentorio - di 90 giorni dal suo inizio;
che identica questione é stata dichiarata non fondata, nei sensi di cui in motivazione, con la sentenza n. 197 del 1999, e non sono addotti motivi nuovi.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 2, della legge 7 febbraio 1990, n. 19 (Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale della pena e destituzione dei pubblici dipendenti), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4 e 97, della Costituzione, dal Tribunale amministrato regionale per le Marche con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, IL 21 febbraio 2000.
Francesco GUIZZI, Presidente e Redattore
Depositata in cancelleria il 2 marzo 2000.