Sentenza n. 43/2000

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SENTENZA N. 43

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv. Massimo VARI 

- Dott. Riccardo CHIEPPA 

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY 

- Prof. Valerio ONIDA 

- Prof. Carlo MEZZANOTTE 

- Avv. Fernanda CONTRI 

- Prof. Guido NEPPI MODONA 

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof. Annibale MARINI 

- Dott. Franco BILE 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante: "Istituzione del servizio sanitario nazionale", e successive modificazioni e integrazioni, limitatamente a:

articolo 63, comma 2: "I cittadini che, secondo le leggi vigenti, non sono tenuti all'iscrizione ad un istituto mutualistico di natura pubblica sono assicurati presso il servizio sanitario nazionale nel limite delle prestazioni sanitarie erogate agli assicurati del disciolto INAM."; comma 3, limitatamente alle parole: "di cui al comma precedente", alle parole: "per l'assistenza di malattia," e alle parole ",valido anche per i familiari che si trovino nelle condizioni indicate nel precedente comma";

nonché del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante: "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421", così come sostituito dall'articolo 10 del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, limitatamente a:

articolo 9, comma 1, primo periodo, limitatamente alla parola: "integrativi" e alle parole: "aggiuntive rispetto a quelle" e, secondo periodo, limitatamente alla parola: "integrativi"; comma 2, limitatamente alla parola: "integrativo"; comma 3, limitatamente alla parola: "integrativi"; comma 4, limitatamente alla parola: "integrativi"; giudizio iscritto al n. 125 del registro referendum.

Viste l'ordinanza del 7- 13 dicembre 1999 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato conforme a legge la richiesta e la successiva ordinanza di correzione di errore materiale del 21 dicembre 1999;

udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 2000 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;

uditi l'avvocato Gianfranco Palermo per i presentatori Daniele Capezzone, Mariano Giustino e Michele De Lucia e gli avvocati Amos Andreoni e Vittorio Angiolini per la Federazione dei Verdi ed altri, per il Comitato per le libertà e i diritti sociali e per il Partito della Rifondazione comunista.

Ritenuto in fatto

1. - L’Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352, esaminata la richiesta di referendum popolare, presentata da quattordici elettori, concernente parti di alcuni articoli della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, verificata la regolarità della richiesta, ne ha dichiarato la legittimità con ordinanza del 7-13 dicembre 1999.

La richiesta di referendum, quale risulta anche dalla successiva ordinanza del 21 dicembre 1999 con la quale l’Ufficio centrale ha apportato una correzione materiale al quesito, ha per oggetto la seguente domanda: "Volete voi che sia abrogata la legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante: "Istituzione del servizio sanitario nazionale", e successive modificazioni e integrazioni, limitatamente a:

articolo 63, comma 2: "I cittadini che, secondo le leggi vigenti, non sono tenuti all’iscrizione ad un istituto mutualistico di natura pubblica sono assicurati presso il servizio sanitario nazionale nel limite delle prestazioni sanitarie erogate agli assicurati del disciolto INAM."; comma 3, limitatamente alle parole: "di cui al comma precedente", alle parole: "per l’assistenza di malattia," e alle parole: ",valido anche per i familiari che si trovino nelle condizioni indicate nel precedente comma";

nonché il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante: "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421", così come sostituito dall’articolo 10 del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, limitatamente a:

articolo 9, comma 1, primo periodo, limitatamente alla parola: "integrativi" e alle parole: "aggiuntive rispetto a quelle" e, secondo periodo, limitatamente alla parola: "integrativi"; comma 2, limitatamente alla parola: "integrativo"; comma 3, limitatamente alla parola: "integrativi"; comma 4, limitatamente alla parola: "integrativi"?".

Al fine di identificare l’oggetto del referendum, l’Ufficio centrale ha anche stabilito (in applicazione dell’art. 32, ultimo comma, della legge n. 352 del 1970, introdotto dall’art. 1 della legge 17 maggio 1995, n. 173) la seguente denominazione: "Servizio sanitario nazionale: Abolizione dell’obbligo di iscrizione al Servizio per l’assicurazione obbligatoria contro le malattie. Libertà di scegliere tra Servizio e assistenza privata".

2. - Avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 33, terzo comma, della legge n. 352 del 1970, i signori Daniele Capezzone, Michele De Lucia, Mariano Giustino, presentatori della richiesta di referendum, rappresentati e difesi dall’avv. Gianfranco Palermo, hanno depositato l’8 gennaio 2000 una memoria, per illustrare le ragioni a sostegno dell’ammissibilità del referendum.

I promotori ritengono che il quesito referendario non incida sull’esistenza e sull’organizzazione del Servizio sanitario nazionale né sulla garanzia costituzionale di tutela della salute e sulla erogazione delle prestazioni gratuite dovute agli indigenti. Il quesito non riguarderebbe, inoltre, né il sistema di finanziamento mediante lo strumento fiscale né la contribuzione solidaristica.

Ad avviso dei promotori, rimarrebbe inalterato l’obbligo di assicurazione contro le malattie (previsto dall'art. 63, primo comma, della legge n. 833 del 1978, non coinvolto nella richiesta di abrogazione), mentre verrebbe abrogata la norma che ne attribuisce l’esclusiva al Servizio sanitario nazionale, mediante l’automatica costituzione per legge di un rapporto assicurativo con tale Servizio. Questa esclusiva non sarebbe parte inscindibile del diritto alla tutela della salute, garantito dalla Costituzione (art. 32).

Ad avviso dei promotori, a seguito dell’eventuale abrogazione il principio di obbligatorietà del rapporto assicurativo troverebbe attuazione in un sistema pluralistico, nel quale, secondo princìpi di diritto comune, non potrebbero essere imposti contributi assicurativi a favore del Servizio sanitario nazionale, in mancanza di un rapporto di assicurazione con lo stesso. La generale previsione di un obbligo contributivo sarebbe da tener ferma nei limiti della funzione solidaristica, mentre tale obbligo risulterebbe privo di causa per il rapporto assicurativo facoltativo.

Sarebbe coerente con questa impostazione la richiesta abrogazione anche di alcune parole dell’art. 9 del decreto legislativo n. 502 del 1992 e del terzo comma dell’art. 63 della legge n. 833 del 1978.

3. - Il 10 gennaio 2000 hanno depositato separati "atti di intervento, memoria e contributo istruttorio" il Partito della Rifondazione comunista, in persona del segretario generale on. Fausto Bertinotti; la Federazione dei Verdi, in persona del responsabile nazionale del settore economia-lavoro sen. Natale Ripamonti, l’Associazione nazionale per la sinistra, in persona del presidente on. Sergio Garavini, e Alfiero Grandi, nella sua qualità di responsabile lavoro dei D.S.-Democratici di sinistra; il Comitato per le libertà e i diritti sociali, costituito in Milano in data 2 dicembre 1999, in persona del presidente Paolo Cagna Ninchi. Tutti sostengono, preliminarmente, la propria legittimazione ad intervenire nel procedimento ed a presentare una memoria e un contributo istruttorio, ed offrono argomenti a sostegno della inammissibilità del referendum.

Il 12 gennaio 2000 anche il Sindacato dirigenti medici e professionisti del Servizio sanitario nazionale- DIRSAN, in persona del segretario generale Giuseppe Di Pietro, ha depositato una memoria per esporre argomenti a sostegno dell’inammissibilità del referendum.

4. - In camera di consiglio è stato ascoltato, per i promotori, l’avvocato Gianfranco Palermo, il quale ha ribadito ed illustrato le argomentazioni a sostegno dell’ammissibilità del referendum.

Sono stati inoltre ascoltati gli avvocati Angiolini e Andreoni per la Federazione dei Verdi e gli altri che con essa hanno depositato una memoria, per il Partito della Rifondazione comunista e per il Comitato per le libertà e i diritti sociali.

Considerato in diritto

1. - La richiesta di referendum abrogativo, sulla cui ammissibilità la Corte è chiamata a pronunciarsi a seguito della ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum del 7 - 13 dicembre 1999, che ne ha dichiarato la legittimità, investe:

a) parte della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale): precisamente l’intero secondo comma dell’art. 63 (il quale dispone che i cittadini che, secondo le leggi vigenti, non sono tenuti all’iscrizione ad un istituto mutualistico di natura pubblica sono assicurati presso il Servizio sanitario nazionale nel limite delle prestazioni sanitarie erogate agli assicurati del disciolto INAM) ed alcune parole del terzo comma dello stesso articolo;

b) parte del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421): precisamente alcune parole o locuzioni dell’art. 9, relativo a forme integrative di assistenza sanitaria.

2. - Sciogliendo la riserva formulata nel consentire l’audizione in camera di consiglio, oltre che dei presentatori del referendum, anche degli altri soggetti interessati che hanno depositato nei termini una memoria, si deve preliminarmente ritenere che, in questo particolare procedimento, è in facoltà della Corte ¾ compatibilmente con la struttura, la funzione e la scansione temporale della procedura stabilita dal legislatore ¾ raccogliere ed ascoltare le osservazioni relative alla legittimità costituzionale della richiesta di referendum, anche se esse provengono da soggetti diversi da coloro ai quali l’art. 33 della legge 25 maggio 1970, n. 352 espressamente attribuisce il diritto di depositare memorie (v. sentenza n. 31 del 2000).

3. - Nella parte in cui investe l’art. 63 della legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale, l'attuale quesito referendario ripropone sostanzialmente una analoga richiesta di referendum in precedenza dichiarata inammissibile (sentenza n. 39 del 1997). Allora si proponeva la soppressione non dell’intero testo normativo recato dal secondo comma dell’art. 63 della legge n. 833 del 1978, ma solo di una parte di quest’ultima disposizione. La proposta di soppressione riguardava un insieme di locuzioni, sottratte le quali dall’art. 63, comma 2, della legge n. 833 del 1978, sarebbe risultato che i cittadini non sono tenuti all’iscrizione presso il Servizio sanitario nazionale. Al medesimo esito normativo, della non obbligatorietà della iscrizione al Servizio sanitario nazionale, si perverrebbe ora sopprimendo l’intero comma. In entrambi i casi l’effetto prefigurato dai promotori è il medesimo: rendere possibile l’adempimento dell’obbligo di assicurazione contro le malattie, che permarrebbe, mediante la scelta di una assicurazione privata in alternativa al Servizio sanitario nazionale, cui verrebbe sottratta la esclusiva titolarità del rapporto assicurativo.

Ma il contenuto obiettivo della proposta abrogazione non raggiunge questo esito, pur indicato nella denominazione della richiesta di referendum, e si manifesta anzi completamente infruttuoso.

La principale disposizione investita dalla proposta di abrogazione (art. 63, comma 2, della legge n. 833 del 1978), nello stabilire che i cittadini, i quali non erano tenuti (quando la legge è stata emanata) all’iscrizione ad un istituto mutualistico, venivano assicurati presso il Servizio sanitario nazionale nel limite delle prestazioni sanitarie erogate agli assicurati del disciolto INAM, stabiliva una regola diretta ad attuare la transizione dal sistema mutualistico, basato su un regime di assicurazione per categorie, ad un sistema di sicurezza sociale per tutta la popolazione, attuato mediante il Servizio sanitario nazionale, sin dall’origine costituito da funzioni, strutture e servizi diretti a garantire a tutti i cittadini i livelli di protezione stabiliti dal piano sanitario. Tale transizione è ormai compiuta. Non si è più, dunque, in presenza di un rapporto assicurativo, sia pure obbligatorio, né di prestazioni sanitarie dovute in ragione, se non in corrispettivo, di un contributo. Il sistema complessivo delineato dalla legge n. 833 del 1978, sul quale non incide il quesito referendario, è caratterizzato dalla universalità dell’assistenza, garantita dal Servizio sanitario nazionale a tutti i cittadini, il cui diritto deriva direttamente dalla legge, mentre l’iscrizione negli elenchi degli utenti (prevista dall’art. 19 della stessa legge) costituisce solo un adempimento amministrativo per l’organizzazione delle prestazioni (sentenza n. 39 del 1997).

La non configurabilità, nel contesto del sistema legislativo, di un meccanismo assicurativo, il quale costituirebbe invece il presupposto dell’iniziativa referendaria, è ancor più accentuata dalla avvenuta abrogazione dei contributi per il Servizio sanitario nazionale, disposta contestualmente al finanziamento dello stesso Servizio mediante il gettito fiscale previsto dal decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che ha istituito l’imposta regionale sulle attività produttive (in particolare artt. 36, 38 e 39).

In definitiva l’eventuale soppressione del secondo comma dell’art. 63 della legge n. 833 del 1978 non conseguirebbe l’effetto abrogativo prefigurato, che si vorrebbe far consistere nella possibilità di uscire dal Servizio sanitario nazionale scegliendo una assicurazione privata. Mentre la soppressione di alcune parole del terzo comma dello stesso art. 63 prefigurerebbe la reintroduzione del contributo che, per i cittadini, è stato soppresso.

4. - Neppure la complementare richiesta di intervento soppressivo nel testo dell’art. 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 vale a conseguire l’effetto abrogativo prefigurato.

La eliminazione sia dell’aggettivo che qualifica come "integrativi" i fondi destinati a forme integrative di assistenza sanitaria, sia della locuzione che qualifica come "aggiuntive" le prestazioni da essi assicurate, non porta alla soppressione di parole di per sé espressive di un autonomo e proprio contenuto normativo e non determina la sottrazione di alcun contenuto normativo dalla disposizione nella quale tali parole sono inserite. Difatti, soppresse quelle parole, non muterebbe la configurazione della struttura e della funzione dei fondi sanitari integrativi, quali risultano dal contesto della disciplina normativa complessiva (si vedano, tra l’altro, l’art. 8-quater, comma 1, del decreto legislativo n. 502 del 1992 e l’art. 122 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112).

Ciò senza considerare che l’art. 9 del decreto legislativo n. 502 del 1992 è stato integralmente sostituito dall’art. 9 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419), che è entrato in vigore, anche se le sue disposizioni, relative ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, acquistano efficacia e, quindi, divengono operative con la nuova disciplina del loro trattamento fiscale.

5. - In conclusione per un verso la richiesta di referendum non è idonea ad incorporare il quesito referendario prefigurato dai proponenti e non consente all’elettore una scelta che consegua gli effetti annunciati, sicché manca la possibilità per gli elettori di esprimere un voto referendario consapevole dei suoi effetti normativi. Per altro verso, in assenza di un significativo contenuto abrogativo - non essendo tale la soppressione di disposizioni e di frammenti di disposizione cui non consegua alcun utile risultato, né tantomeno il risultato prefigurato dai promotori quale si desume, tra l’altro, dalla denominazione del referendum - si attribuirebbe al quesito referendario in esame una funzione esclusivamente propositiva, estranea all’istituto del referendum per la abrogazione totale o parziale di una legge, quale è previsto dall’art. 75 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione, nelle parti indicate in epigrafe, dell’art. 63, commi 2 e 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) e dell’art. 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421); richiesta dichiarata legittima, con ordinanza del 7- 13 dicembre 1999, dall’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 febbraio 2000.

Giuliano VASSALLI, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 7 febbraio 2000.