Ordinanza n. 27/2000

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ORDINANZA N. 27

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof.  Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof.  Francesco GUIZZI  

- Prof.  Cesare MIRABELLI   

- Prof.  Fernando SANTOSUOSSO  

- Avv.  Massimo VARI   

- Dott.  Cesare RUPERTO  

- Dott.  Riccardo CHIEPPA  

- Prof.  Valerio ONIDA   

- Prof.  Carlo MEZZANOTTE    "

- Avv.  Fernanda CONTRI   

- Prof.  Guido NEPPI MODONA  

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof. Annibale MARINI   

-  Dott. Franco BILE   

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 163, secondo comma, (recte: terzo comma), numero 2), e 164, secondo comma, del codice di procedura civile - nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla legge 26 novembre 1990, n. 353 - e dell'art. 359 stesso codice, promosso con ordinanza emessa il 2 ottobre 1998 dalla Corte d'appello di Firenze nel procedimento civile vertente tra Ministero delle finanze e Pazzini Palmira ed altre, iscritta al n. 852 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1998.

 Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 27 ottobre 1999 il Giudice relatore Fernanda Contri.

 Ritenuto che la Corte d’appello di Firenze, con ordinanza emessa il 2 ottobre 1998, ha sollevato, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 163, secondo comma (recte: terzo comma), numero 2), 164, secondo comma, nel testo anteriore alla riforma, e 359 del codice di procedura civile;

che, come precisa in fatto la Corte rimettente, il giudizio di impugnazione a quo è stato instaurato nei confronti della parte deceduta dopo l’udienza di discussione e nelle more della pubblicazione della sentenza di primo grado, con notifica all’appellato nel domicilio eletto per il giudizio presso lo studio del procuratore;

che nel corso del giudizio di appello si sono costituiti in cancelleria gli eredi dell’appellato, eccependo l’inammissibilità e, comunque, la nullità dell’appello, in quanto proposto nei confronti della parte deceduta, anziché nei confronti degli eredi di questa, ed in quanto notificato al domicilio eletto, anziché a quello reale degli eredi;

che la Corte rimettente, dichiarando di uniformarsi al consolidato orientamento della giurisprudenza ed in particolare alla pronuncia della Cassazione-sezioni unite del 19 dicembre 1996, n. 11394, esclude la possibilità che maturi il termine breve per l’impugnazione, allorché la sentenza sia notificata dal procuratore della parte deceduta, senza la specificazione che la notifica è eseguita ad istanza degli eredi e senza l’indicazione dei nominativi degli stessi, come si è verificato nella fattispecie;

che il giudice a quo, dopo aver precisato che nella fattispecie trovano applicazione gli artt. 163 e 164 del codice di procedura civile nel testo anteriore alla riforma, trattandosi di giudizio già pendente alla data del 30 aprile 1995, osserva che in forza di tali norme la eventuale rinnovazione della citazione d’appello, affetta da vizio attinente alla individuazione dei soggetti dell’impugnazione, non potrebbe far salvi gli effetti sostanziali e processuali della citazione medesima, in quanto la costituzione in giudizio degli eredi è idonea a sanare la nullità della citazione soltanto con effetto ex nunc;

che, nella specie, poiché gli eredi si sono costituiti in giudizio quando era già decorso il termine annuale per l’impugnazione, la predetta sanatoria, producendo effetto ex nunc, non potrebbe impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata;

che pertanto, ad avviso della Corte rimettente, le citate norme si porrebbero in contrasto con l’art. 24 della Costituzione, poiché non consentono rimedio all’errore incolpevole dell’appellante, che ha ritenuto ancora in vita l’appellato al momento della notifica dell’impugnazione, ed in quanto non prevedono che la costituzione in giudizio degli eredi determini la sanatoria ex tunc della citazione in appello;

che ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, concludendo per l’inammissibilità o comunque per l’infondatezza della questione.

Considerato che il giudice a quo prospetta l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 163, terzo comma, numero 2), 164, secondo comma, e 359 del codice di procedura civile, per violazione dell’art. 24 della Costituzione, richiamando e facendo proprie le argomentazioni esposte dalla Corte di cassazione-sezioni unite nella sentenza n. 11394 del 1996;

che con l’anzidetta pronuncia la Cassazione, nel riesaminare la questione relativa alle conseguenze del decesso di una parte sul giudizio di impugnazione, ha dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 164 cod. proc. civ. nel testo anteriore alla riforma, per la mancata previsione di un rimedio di restituzione in termini in materia ove sussistono ampi margini di possibile incolpevolezza dell’errore, senza poter promuovere il relativo giudizio di legittimità costituzionale per difetto di rilevanza nella fattispecie sottoposta al suo esame;

che la Corte d’appello rimettente, pur ponendo a sostegno della dedotta incostituzionalità della normativa processuale la mancata previsione di un rimedio restitutorio all’errore incolpevole dell’appellante, sollecita poi una pronuncia con la quale si dichiari l’illegittimità costituzionale del combinato disposto delle indicate norme processuali nella parte in cui non prevede che la costituzione in giudizio degli eredi determini la sanatoria ex tunc della citazione d’appello;

che dalla stessa diversità di soluzioni prospettate nella parte motiva ed in quella dispositiva dell’ordinanza di rimessione appare evidente come non sia possibile nella specie operare la reductio ad legitimitatem delle norme impugnate in termini univoci e costituzionalmente obbligati, essendo astrattamente configurabili più itinera - la cui scelta spetta al legislatore -, tutti ugualmente idonei a porre rimedio alla dedotta incostituzionalità;

che, per contro, è compito precipuo del giudice rimettente adottare un’interpretazione della norma che sia conforme a Costituzione e che, in quanto tale, impedisca il verificarsi dell’effetto lesivo dei diritti della parte incorsa in errore incolpevole;

che nell’ampia giurisprudenza formatasi in materia si rinvengono numerosi precedenti nei quali si è ritenuta pienamente valida l’impugnazione proposta nei confronti della parte non più esistente, allorché la controparte abbia senza colpa ignorato l’evento, ovvero nei quali si è fatto ricorso all’art. 291 cod. proc. civ.;

che, pertanto, anche sotto tale profilo, stante la presenza di più interpretazioni conformi a Costituzione, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 163, terzo comma, numero 2, 164, secondo comma, nel testo anteriore alla riforma, e 359 del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, dalla Corte d’appello di Firenze con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 gennaio 2000

Giuliano VASSALLI, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 4 febbraio 2000.