Ordinanza n. 411/99

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ORDINANZA N. 411

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI 

- Prof. Cesare MIRABELLI 

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv. Massimo VARI 

- Dott. Cesare RUPERTO 

- Dott. Riccardo CHIEPPA 

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY 

- Prof. Valerio ONIDA 

- Prof. Carlo MEZZANOTTE 

- Prof. Guido NEPPI MODONA 

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof. Annibale MARINI 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 4, della legge 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari), come modificato dall’art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), promossi con ordinanze emesse il 26 novembre 1997 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, l’11 marzo e il 12 febbraio 1998 dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ed il 3 dicembre 1998 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, rispettivamente iscritte ai nn. 479, 718 e 924 del registro ordinanze 1998 ed al n. 253 del registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 27 e 41, prima serie speciale, dell’anno 1998 e nn. 3 e 19, prima serie speciale, dell’anno 1999.

 Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 29 settembre 1999 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.

 Ritenuto che con quattro ordinanze di rimessione, di analogo tenore, i Tribunali amministrativi regionali del Lazio (r.o. n. 479 del 1998), per la Liguria (r.o. nn. 718 e 924 del 1998) e per la Sicilia (r.o. n. 253 del 1999) hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 4, della legge 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari), come modificato dall’art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), il quale ha attribuito al Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica il potere di determinare la limitazione degli accessi ai corsi universitari e, in particolare, ai corsi di diploma universitario di logopedista, di tecnico sanitario di laboratorio biomedico, di servizio sociale e di consulente del lavoro;

 che i giudici rimettenti ritengono la questione rilevante, anche nella fase cautelare, trattandosi di giudizi promossi da studenti non ammessi alla immatricolazione al primo anno dei corsi di diploma universitario richiamati, per i quali le università hanno stabilito un numero massimo di iscrizioni e l’amministrazione ha dettato il decreto ministeriale 21 luglio 1997, n. 245 (Regolamento recante norme in materia di accessi all’istruzione universitaria e di connesse attività di orientamento);

 che secondo alcune ordinanze di rimessione (r.o. nn. 479, 718 e 924 del 1998), in materia di accesso agli studi, anche universitari, sussisterebbe, in base agli artt. 33 e 34 della Costituzione, una riserva relativa di legge, come affermato da una consolidata giurisprudenza amministrativa, poiché l’art. 33, secondo comma, della Costituzione, stabilisce espressamente che “la Repubblica detta le norme generali sull’istruzione e istituisce scuole di ogni ordine e grado”, e l’art. 34, primo comma, sancisce che “la scuola è aperta a tutti”;

 che nelle ordinanze si osserva che la previsione costituzionale di una riserva relativa di legge in una determinata materia non preclude al legislatore ordinario di demandare ad altre fonti la disciplina della materia stessa, ma ciò è possibile, come precisato dalla giurisprudenza costituzionale, soltanto previa determinazione, da parte del legislatore medesimo, di una serie di precetti idonei a vincolare e indirizzare la normazione secondaria, o, comunque, previa individuazione delle linee essenziali della disciplina;

 che la disposizione censurata, al contrario, conferisce al Ministro il potere di determinare la limitazione degli accessi all’istruzione universitaria, senza alcuna fissazione dei principi generali della disciplina, attribuendo al Ministro stesso il compito di definire, con l’ausilio di altro organo della pubblica amministrazione, il Consiglio universitario nazionale, i criteri generali per la regolamentazione dell’accesso;

che la violazione del principio della riserva di legge comporterebbe in tal modo anche la violazione del principio della tutela del diritto allo studio, di cui agli artt. 33 e 34 della Costituzione;

che una delle ordinanze di rimessione (r.o. n. 253 del 1999) osserva che la sentenza n. 383 del 1998 della Corte costituzionale non avrebbe del tutto sgombrato il campo dai dubbi di costituzionalità, perché il potere attribuito al Ministro è stato in concreto esercitato anche per corsi di diploma universitario (nella specie, di consulente del lavoro) per i quali non sembrano rinvenibili nell’ordinamento idonee norme legislative a supporto del regolamento ministeriale adottato;

 che in tutti e tre i giudizi di fronte alla Corte costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’infondatezza della questione.

 Considerato che le ordinanze prospettano una stessa questione, concernente la medesima disposizione, e che pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti;

 che, successivamente alle ordinanze di rimessione, è sopravvenuta la legge 2 agosto 1999, n. 264 (Norme in materia di accessi ai corsi universitari) che disciplina (artt. 1 e 2) la programmazione a livello nazionale e di singole università degli accessi ai corsi di laurea e di diploma universitario che richiedono una limitazione nel numero degli studenti per esigenze formative, dettando (art. 3) principi e criteri ai quali le autorità amministrative devono attenersi per la determinazione del numero dei posti relativi ai medesimi corsi, e che in particolare (art. 5) dispone, con disciplina transitoria, la sanatoria delle posizioni degli studenti ammessi ai corsi negli anni accademici precedenti, o in virtù di ordinanze cautelari emesse dai giudici amministrativi o comunque dagli atenei;

 che, essendo così mutato il quadro normativo, delle nuove disposizioni deve essere valutata l’incidenza nei giudizi che hanno dato origine alla presente questione di costituzionalità;

 che, pertanto, gli atti devono essere restituiti ai giudici rimettenti per una nuova valutazione della rilevanza della questione medesima.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 riuniti i giudizi,

 ordina la restituzione degli atti ai Tribunali amministrativi regionali del Lazio, per la Liguria e per la Sicilia.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in cancelleria il 29 ottobre 1999.