ORDINANZA N. 374
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 18 della legge della Regione Veneto 2 aprile 1996, n. 10 (Disciplina per l’assegnazione e la fissazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), promosso con ordinanza emessa il 28 gennaio 1998 dal Pretore di Padova nel procedimento civile vertente tra B.S. ed altri e l’Azienda Territoriale Edilizia Residenziale, iscritta al n. 186 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visto l’atto di costituzione di B.S. ed altri nonchè l’atto di intervento della Regione Veneto;
udito nell’udienza pubblica del 6 luglio 1999 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;
uditi l’avv.to Annamaria Alborghetti per B.S. ed altri e gli avv.ti Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la Regione Veneto.
Ritenuto che il Pretore di Padova, con ordinanza del 28 gennaio 1998, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge della Regione Veneto 2 aprile 1996, n. 10 (Disciplina per l’assegnazione e la fissazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), come modificato dalla legge regionale 16 maggio 1997, n. 14 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 2 aprile 1996, n. 10 "Disciplina per l’assegnazione e la fissazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica"), in riferimento agli artt. 3, 70, 115 e 117 della Costituzione;
che, secondo il giudice a quo, la norma impugnata disciplinerebbe il canone di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica in applicazione ed in conformità della delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) del 13 marzo 1995, stabilendo che detto canone, in determinati casi, può essere fissato in misura superiore a quello c.d. equo previsto dalla legge 27 luglio 1978, n. 392, anche se, peraltro, una successiva deliberazione del Cipe del 20 dicembre 1996 ha eliminato ogni riferimento alla possibilità di quantificare l’importo del canone di locazione in misura superiore a quello "equo";
che, ad avviso del rimettente, dovrebbe dubitarsi <<del potere di modificare mediante le deliberazioni del Cipe una situazione normativa statuita con legge ordinaria, con conseguente illegittimità della legge regionale che a tali delibere si é richiamata>>, anche perchè la Regione non é titolare di competenza legislativa nella materia in esame, con conseguente violazione degli artt. 70, 115 e 117 della Costituzione;
che, inoltre, secondo il rimettente, la norma denunziata, nella parte in cui prevede che il canone di locazione di detti alloggi, per la "area sociale", può essere fissato in misura superiore a quello "equo", violerebbe anche l’art. 3 della Costituzione, poichè, in riferimento a detta "area", non sussisterebbe l’esigenza di stabilire il canone in una misura tale da indurre gli occupanti a liberare gli immobili;
che nel giudizio é intervenuto il Presidente della Giunta della Regione Veneto, chiedendo, nell’atto di intervento e nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata, in quanto la norma regionale avrebbe dato corretta applicazione ai criteri fissati dal Cipe, i quali sarebbero a loro volta legittimi, anche alla luce delle modificazioni normative sopravvenute all’ordinanza di rimessione, che avrebbero confermato la competenza legislativa della Regione nella materia in esame e non consentirebbero di assumere le norme della legge n. 392 del 1978 quale valido tertium comparationis;
che nel giudizio si sono altresì costituiti i ricorrenti nel processo principale, i quali, nell’atto di costituzione e nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, hanno chiesto l’accoglimento della questione, contestando la competenza della regione nella materia in esame e sostenendo che le norme sopravvenute al provvedimento di rimessione conforterebbero il loro assunto.
Considerato che il Pretore di Padova dubita della legittimità costituzionale dell’art. 18 della legge della Regione Veneto n. 10 del 1996, come modificato dalla legge regionale n. 14 del 1997, in quanto la disposizione regionale si sarebbe conformata ai criteri di fissazione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica stabiliti dal Cipe i quali, a loro volta, sarebbero illegittimi in quanto violerebbero la disciplina stabilita in norme primarie, mentre la Regione sarebbe priva di competenza legislativa nella materia in esame;
che, successivamente alla proposizione delle questioni di legittimità costituzionale, l’art. 60, comma 1, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, ha stabilito che <<sono conferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni amministrative (…) e, in particolare, quelle relative: (…) e) alla fissazione dei criteri per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale destinati all’assistenza abitativa, nonchè alla determinazione dei relativi canoni>>;
che, inoltre, l’art. 4, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, nel disciplinare il canone di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ha confermato il conferimento delle funzioni alle regioni attuato con l’art. 60, comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1998, ed ha altresì espressamente stabilito che, in attesa di un apposito atto di indirizzo e coordinamento, <<gli attuali criteri di determinazione dei canoni restano validi fino all’adeguamento da parte delle regioni ai criteri stabiliti dal presente comma >>;
che l’art. 14 della legge n. 431 del 1998 ha altresì abrogato le norme della legge n. 392 del 1978, che disciplinano l’equo canone (comma 4);
che le norme sopravvenute all’ordinanza di rimessione hanno determinato un mutamento del precedente assetto della materia de qua e, quindi, del quadro complessivo nel quale si inscrivono i profili della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Pretore;
che pertanto la modificazione del contesto normativo di riferimento impone il riesame della perdurante rilevanza della questione di legittimità costituzionale da parte del giudice a quo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Pretore di Padova.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore
Depositata in cancelleria il 28 luglio 1999.