ORDINANZA N. 371
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 53, secondo comma, del d.P.R. 14 febbraio 1964, n.237 (Leva e reclutamento obbligatorio nell’Esercito, nella Marina e nell’Aeronautica), promosso con ordinanza emessa il 28 gennaio 1998 dal Tribunale militare di Roma nel procedimento penale a carico di Massimiliano Del Vecchio, iscritta al n. 293 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visto l’atto di costituzione di Massimiliano Del Vecchio;
udito nell’udienza pubblica del 6 luglio 1999 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto che nel corso di un procedimento penale promosso per il reato di rifiuto di assolvere gli obblighi del servizio militare di leva adducendo motivi di coscienza (art. 8, secondo comma, della legge 15 dicembre 1972, n. 772), il Tribunale militare di Roma, con ordinanza emessa il 28 gennaio 1998, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 53, secondo comma, del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio nell’Esercito, nella Marina e nell’Aeronautica), sulla cui base era stata effettuata la iscrizione nelle liste di leva, la quale costituisce il presupposto degli obblighi per la cui inosservanza si procedeva penalmente: difatti l’imputato era stato in precedenza dichiarato inidoneo al servizio militare con provvedimento successivamente revocato, come consente la norma denunciata, la quale prevede che le decisioni di riforma, emesse dai Consigli di leva, sono revocabili per determinazione del Ministro per la difesa entro il termine di due anni, quando, in seguito a nuova visita, sia accertato che le cause che le motivarono non sussistono o siano cessate;
che, ad avviso del giudice rimettente, la possibilità di revocare le decisioni di riforma, prevista dalla norma denunciata, determinerebbe, in violazione del principio costituzionale di eguaglianza, una disparità di trattamento tra coloro per i quali é stato adottato analogo provvedimento di riforma, giacchè, non essendo obbligatoria la sottoposizione ad una successiva visita ed essendo facoltativa la revoca da parte del Ministro per la difesa, solo alcuni tra i riformati che versino in analoghe condizioni potrebbero essere successivamente chiamati a prestare servizio;
che, in subordine, la norma é ritenuta dal giudice rimettente in contrasto, ancora, con l’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che la revoca delle decisioni di riforma debba avvenire entro un anno dalla riforma oppure dal primo gennaio dell’anno in cui il giovane avrebbe dovuto essere chiamato alle armi se non fosse stato riformato, mentre un termine per essere chiamato ad assolvere gli obblighi del servizio militare di leva, in modo da dare certezza al cittadino in ordine ai tempi nei quali possono sussistere tali obblighi, sarebbe invece previsto dagli artt. 2, primo comma, e 3, primo comma, della legge 31 maggio 1975, n. 191 (Nuove norme per il servizio di leva);
che nel giudizio dinanzi alla Corte si é costituita la parte privata, chiedendo che la norma denunciata sia dichiarata costituzionalmente illegittima.
Considerato che, successivamente alla ordinanza che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, sono state emanate nuove norme in materia di obiezione di coscienza con la legge 8 luglio 1998, n. 230, che, all’art. 23, ha espressamente abrogato la intera legge 15 dicembre 1972, n. 772, nella quale era inserita la disposizione in forza della quale il giudice rimettente procede penalmente, pur se é stato nuovamente disciplinato il reato di rifiuto di prestare il servizio militare, la cui cognizione é stata attribuita alla competenza del giudice ordinario e non più a quella del giudice militare (art. 14);
che, sempre successivamente all’ordinanza di rimessione, é entrato in vigore il decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 504 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, serie generale, del 2 febbraio 1998), il quale, nell’ambito di una nuova disciplina in materia di ritardi, rinvii e dispense relativi al servizio di leva, ha abrogato (con l’art. 12) le disposizioni della legge n. 191 del 1975 che il Tribunale ha indicato quale termine di comparazione nel prospettare la questione di legittimità costituzionale proposta come subordinata;
che, quindi, é opportuno che il giudice rimettente possa valutare se, a seguito dei mutamenti intervenuti nella disciplina della materia, la questione sollevata sia, nel giudizio principale, tuttora rilevante nei termini in cui essa é stata proposta;
che, pertanto, gli atti vanno restituiti al giudice rimettente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale militare di Roma.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 28 luglio 1999.