ORDINANZA N. 370
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10, lett. h), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), promosso con ordinanza emessa il 10 novembre 1997 dalla Commissione tributaria regionale di Milano sul ricorso proposto dall'Ufficio delle imposte dirette di Milano contro Andreani Alessandro, iscritta al n. 645 del registro delle ordinanze 1998 e pubblicata della Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1998.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 23 giugno 1999 il Giudice relatore Fernanda Contri;
Ritenuto che la Commissione tributaria regionale di Milano, con ordinanza del 10 novembre 1997, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, lettera h), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), nella parte in cui consente la deduzione dal reddito imponibile degli importi per assegni alimentari corrisposti alle persone indicate nell’art. 433 del codice civile, solo se essi risultino da provvedimenti dell’autorità giudiziaria, con esclusione di quelli prestati spontaneamente dal soggetto obbligato;
che la controversia davanti al giudice a quo concerne la deducibilità dal reddito imponibile delle rette pagate da un contribuente per il ricovero della madre - soggetto fiscalmente a suo carico - in una casa di riposo e qualificate dal medesimo contribuente come assegni alimentari;
che il rimettente, ritenuta l’applicabilità alla fattispecie della norma impugnata, osserva come essa, nella sua formulazione letterale, non ammetta una interpretazione estensiva, favorevole al contribuente;
che, secondo il giudice a quo, la scelta del legislatore di consentire la deduzione nei limiti anzidetti sarebbe irragionevole, trovando gli obblighi alimentari la loro causa direttamente nella legge, ed avendo il provvedimento dell’autorità giudiziaria valore di mero accertamento dell’obbligo, con la conseguenza di un trattamento deteriore per chi osserva spontaneamente il proprio obbligo rispetto a chi vi si sottopone solo a seguito dell’intervento del giudice;
che, ad avviso del giudice a quo, la disposizione impugnata viola il principio di eguaglianza stabilito dall’art. 3 della Costituzione, alla luce del quale deve essere inteso anche l’obbligo dei contribuenti di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, di cui all’art. 53 della Costituzione;
che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare inammissibile, o in subordine infondata, la questione sollevata dalla Commissione tributaria regionale di Milano;
che, ad avviso dell'Avvocatura, la fattispecie oggetto del giudizio davanti al giudice a quo trova la sua regolamentazione non nella norma impugnata ma nell’art. 15, numero 3), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, il quale disciplina le detrazioni di imposta per i contribuenti con carichi di famiglia, consentendo la detrazione di un importo fisso per ciascuna delle persone di cui all’art. 433 cod. civ. che convivano col contribuente, o che percepiscano assegni non risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria, con conseguente irrilevanza della questione nel giudizio in corso davanti al giudice tributario;
che, sempre secondo l'Avvocatura, la questione sarebbe comunque infondata, dal momento che gli assegni alimentari e le spese sostenute per il mantenimento dei familiari non sono, in assenza di provvedimento del giudice, fiscalmente irrilevanti, ma trovano riconoscimento nel regime delle detrazioni di imposta.
Considerato che la questione sottoposta all’esame della Corte risulta ammissibile, posto che nel giudizio a quo si controverte in ordine alla deduzione dal reddito imponibile, ai fini della imposta sul reddito delle persone fisiche, di oneri sostenuti dal contribuente per il mantenimento di una delle persone di cui all’art. 433 cod. civ.;
che, in generale, riguardo al sistema delle deduzioni dal reddito, la Corte ha avuto occasione di chiarire che "la detraibilità non é secondo Costituzione necessariamente generale ed illimitata, ma va concretata e commisurata dal legislatore ordinario secondo un criterio che concili le esigenze finanziarie dello Stato con quelle del cittadino" (sentenza n. 134 del 1982) e che "spetta al legislatore, secondo le sue valutazioni discrezionali, di individuare gli oneri deducibili considerando il necessario collegamento con la produzione del reddito, il nesso di proporzionalità con il gettito generale dei tributi, nonchè l’esigenza fondamentale di adottare le opportune cautele contro le evasioni di imposta" (sentenza n. 143 del 1982; v. anche le sentenze nn. 108 del 1983 e 239 del 1993 e le ordinanze nn. 948 del 1988 e 556 del 1987);
che la deduzione dal reddito imponibile degli assegni alimentari, limitata alla misura risultante da provvedimento dell’autorità giudiziaria, corrisponde ad una scelta del legislatore ispirata ad esigenze di certezza nella individuazione degli oneri detraibili, altrimenti lasciata alla volontà del contribuente o alla discrezionalità dell’amministrazione finanziaria;
che il sistema, all’art. 15, primo comma, numero 3), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, già prevede detrazioni di imposta per i familiari a carico del contribuente;
che pertanto la questione di legittimità costituzionale é manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, lettera h), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale di Milano con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 28 luglio 1999.