Ordinanza n. 318/99

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ORDINANZA N. 318

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio sull'ammissibilità del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sorto a seguito della delibera adottata dalla Camera dei deputati in data 23 settembre 1998 relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall'on. Vittorio Sgarbi nei confronti del dott. Luigi Esposito, promosso dal Tribunale di Roma, sezione VII penale, nei confronti della Camera dei deputati con ricorso depositato il 23 dicembre 1998 ed iscritto al n. 105 del registro ammissibilità conflitti.

Udito nella camera di consiglio del 14 aprile 1999 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto che, nel corso di un procedimento penale nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi per il reato di diffamazione aggravata in danno del dott. Luigi Esposito, il Tribunale di Roma ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione adottata il 23 settembre 1998 con la quale l'Assemblea, accogliendo la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, ha dichiarato che i fatti per i quali é in corso detto procedimento penale riguardano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione;

che il tribunale ricorrente rileva che il decreto con il quale in data 24 marzo 1997 il giudice dell'udienza preliminare ha disposto il giudizio trova esplicito fondamento nella valutazione della inapplicabilità nel caso di specie della disciplina di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione, poichè, come si legge nell'ordinanza in data 21 ottobre 1996 con la quale lo stesso giudice dell'udienza preliminare aveva trasmesso gli atti alla Camera dei deputati, "le espressioni usate dallo Sgarbi nei confronti del GIP Esposito non costituiscono espressioni di un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ma denotano piuttosto la volontà di offendere la reputazione di un magistrato, dichiarando che con i suoi folli provvedimenti calpesta il codice";

che le deduzioni del giudice dell'udienza preliminare sopra richiamate appaiono al Tribunale di Roma condivisibili "soprattutto in rapporto al rilievo concernente la travalicazione del limite della continenza delle manifestazioni verbali dell'on. Sgarbi, di tal che non risulta possibile individuare nel caso specifico un diretto collegamento delle espressioni stesse ad un intento divulgativo di una scelta o di un'attività politico-parlamentare";

che, conseguentemente, il Tribunale di Roma, preso atto della delibera della Camera dei deputati del 23 settembre 1998, con la quale é stata approvata la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere di dichiarare che i fatti processuali riguardano opinioni espresse dal deputato Sgarbi nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, conclude proponendo conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati.

Considerato che, pur non potendosi dubitare della legittimazione sia del Tribunale di Roma che della Camera dei deputati ad essere parti in un conflitto tra poteri dello Stato, non é tuttavia definita nel ricorso la materia del conflitto;

che infatti la fattispecie non viene affatto descritta: non si dice come, dove, quando e in quale occasione sarebbero state pronunciate dal deputato le espressioni diffamatorie che gli vengono attribuite e neppure é riferito il contenuto della deliberazione della Camera dei deputati che si assume lesiva delle attribuzioni del ricorrente;

che, di conseguenza, non appare chiara nel ricorso la prospettazione del tribunale in ordine ai limiti della garanzia accordata ai membri delle Camere in rapporto alle attribuzioni della Autorità giudiziaria, nè é espressa in maniera comprensibile la censura che si intende muovere nei confronti della deliberazione che ha dato origine al conflitto;

che, in assenza di più circostanziate allegazioni, non può essere sufficiente a sorreggere il ricorso il mero rilievo del travalicamento del limite della continenza ascrivibile al deputato;

che poichè fanno, in definitiva, difetto nell'atto introduttivo sia l'esposizione dei fatti, sia l'indicazione delle "ragioni del conflitto" (art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale), dovendosi intendere per tali, in questo caso, i motivi per i quali ad avviso del ricorrente le dichiarazioni del deputato non sarebbero riconducibili ad un'opinione espressa da un membro delle Camere nell'esercizio delle sue funzioni, il ricorso va dichiarato inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in cancelleria il 16 luglio 1999.