ORDINANZA N. 298
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 116, comma 13, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso con ordinanza emessa il 9 luglio 1998 dal Pretore di Siena, nel procedimento penale a carico di Gentili Francesco, iscritta al n. 667 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1999 il Giudice relatore Francesco Guizzi.
Ritenuto che nel corso del procedimento penale a carico d’un imputato del reato di cui all’art. 116, comma 13, del decreto legislativo del 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), perchè, essendo in possesso della sola autorizzazione provvisoria alla guida dei veicoli di categoria B, veniva colto mentre circolava con un motoveicolo di categoria A, unitamente a persona munita della patente di categoria superiore, il difensore eccepiva, innanzi al Pretore di Siena, l’illegittimità costituzionale del predetto articolo;
che il Pretore, convenendo sulla rilevanza e non manifesta infondatezza dell’eccezione, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del citato art. 116, comma 13, là dove, ai sensi del successivo art. 122, commi 7 e 8, punisce con la mera sanzione amministrativa colui che, avendo a fianco un istruttore munito di patente, circoli senza l’autorizzazione per l’esercitazione alla guida di uno di quei veicoli per i quali é richiesta la patente di categoria B, C o D, ma non é possibile utilizzare la patente di tipo A;
che, secondo il rimettente, alla luce della ratio decidendi posta a fondamento della sentenza n. 3 del 1997 di questa Corte (che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 116, comma 13, del codice della strada, nella parte in cui non prevede, in luogo della sanzione penale, quella amministrativa per colui che guidi, con patente di categoria B, C o D, un veicolo per il quale sia richiesto il permesso di categoria A), si dovrebbe pervenire a identico trattamento per coloro che, unitamente a persona munita di patente superiore, siano colti a circolare con motoveicoli per i quali occorre l’autorizzazione di categoria A;
che, al contrario, l’art. 122, commi 7 e 8, dello stesso codice, tratta come illeciti amministrativi soltanto le ipotesi di esercitazione alla guida diverse da quelle poste in essere da un aspirante al conseguimento della patente di categoria A;
che nella pronuncia testè indicata - conclude il rimettente - la Corte, in linea con la sentenza n. 246 del 1995, ha rilevato l’arbitrarietà del diverso trattamento normativo con riguardo, rispettivamente, alle ipotesi di guida irregolare di motoveicoli ascrivibili al permesso di categoria A, e di guida di autoveicoli per i quali é necessaria la patente di categoria B;
che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, concludendo per l’inammissibilità o, comunque, per la manifesta infondatezza;
che ad avviso dell’Avvocatura, la quale non ha ritenuto di motivare l’eccezione di inammissibilità, la questione sarebbe manifestamente infondata, poichè sarebbe particolarmente pericoloso e non equiparabile alle condotte disegnate dall’art. 122, commi 7 e 8, il comportamento di chi, pur provvisto della semplice autorizzazione provvisoria alla circolazione con veicoli di categoria B, si ponga alla guida di un motoveicolo senza avere nè la patente idonea nè quella di categoria superiore;
che nel caso dell’art 122, comma 7, il difetto del possesso della patente sarebbe in qualche misura compensato dalla presenza di un accompagnatore esperto;
che identica ratio potrebbe scorgersi anche nell’ipotesi del comma successivo, quando il guidatore non abbia il possesso dell’autorizzazione provvisoria;
che a garantire la non particolare pericolosità della condotta (censurata soltanto in sede amministrativa) é in entrambi i casi l’esperienza dell’accompagnatore con le sue attitudini psico-fisiche, richieste dall’art. 122, comma 1;
che, perciò, troverebbe giustificazione la disparità dei trattamenti sanzionatori stabiliti dal codice della strada; nè a diverso giudizio si potrebbe pervenire anche se un terzo munito di patente (di categoria superiore) sia presente sulla parte posteriore del sedile del motoveicolo, non potendo la posizione dell’accompagnatore, in tali veicoli, assicurare un intervento tempestivo a garanzia della pubblica incolumità;
che sarebbe arbitrario equiparare l’ipotesi della guida con patente di categoria superiore (presa in considerazione nella sentenza n. 3 del 1997) con quella della guida di persona munita di semplice autorizzazione provvisoria e, quindi, senza patente;
che la giurisprudenza costituzionale in tema di discrezionalità del legislatore nella quantificazione delle sanzioni conforterebbe ulteriormente la richiesta d’una declaratoria di manifesta infondatezza.
Considerato che viene all’esame della Corte la questione di legittimità costituzionale dell’art. 116, comma 13, del codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, perchè se ne assume il contrasto con l’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui, con riferimento all’art. 122, commi 7 e 8, dello stesso codice, punisce con la sanzione penale, anzichè con quella amministrativa, colui che si ponga alla guida di un motoveicolo di categoria A, anche se sulla parte posteriore di esso vi sia una persona, nella veste di accompagnatore, munita della patente di guida di categoria superiore;
che l’ordinanza indica come tertium comparationis la disciplina legislativa della guida dei veicoli con patente di tipo diverso da quello richiesto per la circolazione regolare;
che, com’é noto, prima della pronuncia della Corte, a fronte di un quadro di depenalizzazione della materia, pressochè completa, era residuata un’unica figura di reato;
che dopo il monito rivolto al legislatore, contenuto nella sentenza n. 246 del 1995, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 116, comma 13, del nuovo codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, nella parte de qua;
che il rimettente invoca questo complessivo regime giuridico di sanzioni amministrative, completato dalla citata decisione di questa Corte, ma con riguardo soltanto alla ipotesi della guida di un motoveicolo con "foglio rosa" non regolamentare, e non in riferimento a tutti gli altri illeciti di guida con un "foglio rosa" di tipo diverso da quello richiesto, del quale regime giuridico nulla é dato sapere nella prospettazione del giudice rimettente;
che un accoglimento della questione non eliminerebbe del tutto la disparità di trattamento fra le condotte di guida con "foglio rosa" non appropriato, potendo restare escluse dall’invocato effetto più favorevole le ipotesi di guida senza istruttore e con autorizzazione non appropriata;
che, inoltre, a nulla rileva il fatto che sulla parte posteriore del motoveicolo vi sia, nella veste di accompagnatore, una persona munita della patente (fra l’altro, di categoria superiore);
che tale circostanza può avere rilevanza nei casi di esercitazione alla guida su veicoli con più di due ruote (a condizione, tuttavia, di rispettare le prescrizioni enucleate dalla giurisprudenza della Corte di cassazione), e non ne ha per l’esercitazione su veicoli a due ruote che costituiscono, certamente, la principale figura di veicoli "nei quali non può prendere posto, oltre al conducente, altra persona in funzione di istruttore" (art. 122, comma 5, del codice della strada);
che, in tali casi, é previsto che le esercitazioni senza la persona in funzione di istruttore, avvengano "in luoghi poco frequentati" (art. 122, comma 5);
che, pertanto, vi é una strutturale diversità nella guida di siffatti veicoli rispetto a tutti gli altri, proprio con riferimento alla fase dell’esercitazione, la quale non consente il giudizio di comparazione e conduce alla declaratoria di manifesta infondatezza.
Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 116, comma 13, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Siena, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Francesco GUIZZI, Redattore
Depositata in cancelleria il 14 luglio 1999.