SENTENZA N. 284
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 60, secondo comma, del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335 (Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia), promosso con ordinanza emessa il 7 aprile 1998 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sul ricorso proposto da Crisci Antonio contro il Ministero dell’interno ed altro, iscritta al n. 841 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 28 aprile 1999 il Giudice relatore Massimo Vari.
Ritenuto in fatto
1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, con ordinanza emessa il 7 aprile 1998, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 35 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 60, secondo comma, del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335 (Ordinamento del personale della Polizia di Stato, che espleta funzioni di polizia), che esclude la riammissione in servizio del personale dispensato per infermità.
Premette il giudice a quo che, nel caso al suo esame, il ricorrente, ispettore della Polizia di Stato già dichiarato inidoneo permanentemente al servizio di istituto per infermità, aveva presentato, a seguito dell’intervenuto "decreto di dispensa dal servizio per fisica inabilità", istanza di riammissione, motivando con l'avvenuto recupero della piena integrità fisica all’esito di un intervento chirurgico. Istanza che, però, veniva respinta con il provvedimento oggetto di impugnazione.
2.- Il rimettente esclude, anzitutto, che la disposizione sospettata di incostituzionalità possa reputarsi automaticamente travolta dalla sentenza (n. 3 del 1994) con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 132, primo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, nella parte in cui non comprendeva, tra le fattispecie di cessazione del rapporto di impiego in ordine alle quali era possibile la riammissione in servizio, la dispensa dal servizio per motivi di salute.
Ciò, in quanto l'art. 60 del d.P.R. n. 335 del 1982, sebbene, nel primo comma, richiami l’art. 132 del d.P.R. n. 3 del 1957, reca, nel secondo comma, una espressa e specifica norma, la quale, nel ribadire "esplicitamente, ma anche autonomamente" l’impossibilità della riammissione in servizio del personale dispensato per infermità, denota l'intenzione del legislatore di differenziare, in considerazione del carattere di specialità, la disciplina per il personale della Polizia da quella applicabile in generale per gli impiegati civili dello Stato.
3.- Tanto precisato, il giudice a quo reputa la disposizione denunciata in contrasto con l’art. 3 della Costituzione "per le medesime considerazioni evidenziate nella decisione della Corte costituzionale n. 3 del 1994", prospettando, in particolare, "la possibile violazione del principio di uguaglianza" da parte di una norma che, "in radice, sulla base evidentemente di una presunzione assoluta di irreversibilità dello stato di infermità", esclude "la possibilità di riammissione di chi sia stato dispensato dal servizio per motivi di salute".
Secondo l'ordinanza, "l’irragionevolezza" di un siffatto divieto, a fronte della concreta possibilità di un recupero pieno ed incondizionato dell’idoneità al servizio, sussisterebbe anche a voler considerare "la specialità dell’ordinamento del Corpo di Polizia di Stato", come pure la circostanza che al relativo personale "il legislatore possa richiedere il possesso e la conservazione di requisiti di idoneità psico-fisica più rigorosi rispetto alla generalità degli impiegati civili dello Stato".
Viene, al tempo stesso, denunciato il contrasto della norma censurata, da un lato, con l’art. 35, primo comma, della Costituzione, sotto il profilo della "violazione della tutela del lavoro", che, per essere effettiva, deve farsi carico di reinserire nell’attività il soggetto che, già infermo, abbia recuperato pienamente la capacità lavorativa; dall’altro, con l’art. 97, primo comma, della Costituzione, per violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione.
4.- E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità o, comunque, per l’infondatezza della sollevata questione.
Quanto all’asserita disparità di trattamento, l'Avvocatura ne esclude la sussistenza alla luce del carattere di specialità dell’ordinamento del personale della Polizia di Stato, il quale richiederebbe, in ragione della particolare posizione funzionale e della delicatezza dei compiti da svolgere, "il possesso e la conservazione di requisiti di idoneità psico-fisica più stringenti rispetto alla generalità degli impiegati civili dello Stato".
E ciò a tacer del fatto che, anche per questi ultimi, non c’é l’assoluta garanzia di riacquistare il posto di lavoro, non solo perchè l’accoglimento dell’istanza presentata dal pubblico impiegato é comunque subordinata alla vacanza del posto in pianta organica (art. 132, ultimo comma, del d.P.R. n. 3 del 1957), ma, anche e soprattutto, perchè, nell’apprezzamento della sussistenza del pubblico interesse alla riammissione in servizio, la pubblica amministrazione dispone di un ampio potere discrezionale.
Per le stesse ragioni, la difesa erariale ritiene infondata anche la censura relativa al presunto contrasto con gli artt. 35 e 97 della Costituzione.
5.- Con memoria illustrativa in data 4 marzo 1999, l'Avvocatura, oltre a ribadire le argomentazioni svolte nell'atto di intervento, evidenzia, altresì, che "il personale della Polizia di Stato, in base ai dd.PP.RR. n. 339 del 1982 e n. 335 del 1982, se inidoneo per motivi di salute può comunque essere riutilizzato presso altre Amministrazioni dello Stato".
Considerato in diritto
1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna dubita della legittimità costituzionale dell'art. 60, secondo comma, del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335 (Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia), il quale esclude che possa essere riammesso in servizio il personale della Polizia di Stato dispensato per infermità.
Il rimettente, nel reputare la disposizione in contrasto, "per le medesime considerazioni evidenziate nella decisione" di questa Corte n. 3 del 1994, con il principio di eguaglianza previsto dall'art. 3 della Costituzione, rileva come, pur a considerare la specialità dell'ordinamento del personale della Polizia di Stato, sia comunque irragionevole un divieto che, sul presupposto di una presunzione assoluta di irreversibilità dello stato di infermità, esclude in radice la possibilità di riassunzione in servizio. Ritiene, al tempo stesso, violato l’art. 35, primo comma, della Costituzione, dal momento che la tutela del lavoro, per essere effettiva, esigerebbe il reinserimento nell’attività lavorativa del soggetto che sia cessato dallo stato di malattia e che abbia recuperato piena capacità; come pure l’art. 97, primo comma, della Costituzione, per mancato rispetto dei criteri di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione.
2.- La questione é fondata.
L'art. 60 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335, nel richiamare, al primo comma, la disciplina contenuta nell'art. 132 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, in tema di riammissione in servizio degli impiegati civili dello Stato, espressamente prevede, al secondo comma, che "non può essere riammesso il personale dispensato dal servizio per infermità".
Questa Corte, con la sentenza n. 3 del 1994, portata dallo stesso rimettente a conforto del suo assunto, ha già dichiarato incostituzionale il primo comma del predetto art. 132, nella parte in cui non comprendeva, tra le fattispecie di cessazione del rapporto di impiego in ordine alle quali era possibile la riammissione in servizio, la dispensa per motivi di salute. Con detta pronunzia si é ritenuto che l’impedimento in radice della possibilità di riammissione in servizio, sulla base di una presunzione assoluta di irreversibilità dello stato di infermità, integrasse la violazione del principio di uguaglianza, a causa del deteriore trattamento cui andavano incontro i destinatari di una siffatta preclusione rispetto a coloro che, già cessati dal servizio per le altre causali contemplate dalla medesima norma, non risultavano privati di tale possibilità.
Alle stesse conclusioni occorre pervenire anche per la disposizione qui denunciata, senza che a ciò osti il suo carattere di specialità, che se porta ad escluderne, come giustamente avverte il giudice a quo, l'implicito travolgimento ad opera della precedente decisione, non vale ad impedirne la caducazione, per le medesime ragioni allora addotte.
La circostanza che la disciplina organizzativa del personale della Polizia di Stato esiga il rigoroso controllo del possesso e della conservazione dei necessari requisiti di idoneità psico- fisica, non solo ai fini dell’assunzione, ma anche della permanenza in servizio (art. 46 e seguenti della legge 1° aprile 1981, n. 121; d.P.R. 23 dicembre 1983, n. 904; d.P.R. 24 aprile 1983, n. 903), non può far ignorare che, anche in un siffatto contesto ordinamentale, l'interessato ben può recuperare nel tempo i predetti requisiti. Sicchè non può certo essere l’esigenza di un particolare rigore nella scelta del personale a giustificare il divieto assoluto di riammissione del dipendente, così come previsto dalla disposizione censurata, prescindendo da qualsivoglia esame di merito circa le attuali condizioni di salute dell'interessato.
3.- A sostegno delle conclusioni di infondatezza della questione, la difesa erariale rileva, da un lato, che il personale della Polizia di Stato, giudicato non idoneo per motivi di salute, può essere riutilizzato presso altre amministrazioni dello Stato, e, dall’altro, che l’eventuale possibilità di riassunzione non realizza un’assoluta garanzia del posto di lavoro, essendo la riassunzione stessa pur sempre subordinata, oltre che alla vacanza del posto, alla discrezionalità dell’amministrazione.
Quanto al primo argomento, é sufficiente osservare che la disciplina del passaggio ad altro impiego, segnatamente contenuta nel d.P.R. n. 339 del 1982, attiene a situazioni non identificabili con quella qui all’esame e comporta effetti non equivalenti a quelli cui si mira con la sollecitata pronunzia di incostituzionalità.
Non maggiore peso può attribuirsi, poi, al secondo argomento, il quale fa leva su principi che non solo non ostano alla caducazione della disposizione, ma appaiono anzi perfettamente compatibili con un siffatto esito. Al riguardo é sufficiente ricordare come proprio questa Corte, con notazioni da ritenere valide anche per il caso qui in esame, abbia avuto cura di precisare, nella precedente sentenza n. 3 del 1994, che, nel nuovo assetto normativo conseguente alla caducazione della disposizione censurata, l’accoglimento dell’istanza del pubblico impiegato resta comunque subordinato non solo al rigoroso accertamento dei requisiti oggettivi e soggettivi previsti dalla legge, ma anche all’apprezzamento della sussistenza del pubblico interesse alla riammissione stessa, per il quale la pubblica amministrazione dispone di un ampio potere discrezionale. Tuttavia altro é prevedere, sia pure nei termini ora precisati, la possibilità di reinserimento nel posto di lavoro, altro é, invece, porre una preclusione in radice ispirata ad un automatismo che, fondandosi su un’assoluta presunzione di irreversibilità dello stato di infermità, appare manifestamente privo di ragionevolezza, tanto più alla luce delle odierne cognizioni della scienza medica.
4.- A seguito dell'acclarata contrarietà della disposizione denunciata all'art. 3 della Costituzione nei termini anzidetti, la stessa va dichiarata incostituzionale con l'effetto di ricondurre la fattispecie oggetto del giudizio a quo nella disciplina di cui al primo comma dell'art. 60 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335. Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura prospettati dal rimettente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 60, secondo comma, del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335 (Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 giugno 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 5 luglio 1999.