ORDINANZA N. 273
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1 e 3, della legge 6 marzo 1992, n. 216 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 gennaio 1992, n. 5, recante autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell'Arma dei carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all'esecuzione di giudicati, nonchè perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle altre Forze di polizia. Delega al Governo per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego delle Forze di polizia e del personale delle Forze armate, nonchè per il riordino delle relative carriere, attribuzioni e trattamenti economici) e degli artt. 1, 2, 3, 34 e 35 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 (Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate) promosso con ordinanza emessa il 3 luglio 1997 dal Tribunale amministrativo della Liguria sul ricorso proposto da Motta Cosimo Damiano ed altri contro la Croce Rossa Italiana ed altri, iscritta al n. 74 del registro ordinanze 1998 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 1998.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 28 aprile 1999 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.
Ritenuto che, nel corso di un giudizio promosso davanti al Tribunale amministrativo regionale della Liguria, alcuni sottufficiali della Croce Rossa Italiana (in appresso CRI) hanno impugnato l’ordinanza del commissario della CRI, con la quale si era provveduto all’adeguamento del trattamento economico dei dipendenti militari della stessa CRI a quello dei pari grado delle Forze armate (in appresso F.A.);
che i ricorrenti hanno chiesto, in specie, l’accertamento del rispettivo diritto ad ottenere la perfetta equiparazione giuridica ed economica al personale delle Forze armate con decorrenza 1° settembre 1995, previa eventuale rimessione della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1 e comma 3, della legge 6 marzo 1992, n. 216, nonchè degli artt. 1, 2, 3, 34 e 35 del d.lgs. 12 maggio 1995, n. 196, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate, per sospetta violazione dell’art. 3 della Costituzione;
che il tribunale adito, con ordinanza del 3 luglio 1997, depositata il 31 ottobre 1997, (R.O. n. 74 del 1998), ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle norme suindicate, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, nella parte in cui siffatte disposizioni, nel disciplinare il riordino del personale delle Forze armate, non riguardano anche il personale militare della Croce Rossa Italiana;
che, secondo il giudice a quo, la delega legislativa conferita dalla legge 29 aprile 1995, n. 130, aveva confermato i principi ed i criteri già stabiliti dal decreto-legge 7 gennaio 1992, n. 5, convertito con modificazioni, nella legge 6 marzo 1992, n. 216; con il compito di disciplinare i contenuti del rapporto di impiego delle Forze di polizia e del personale delle Forze armate, nonchè di riordinare le relative carriere, attribuzioni e trattamenti economici; in particolare, era prevista l’emanazione di decreti legislativi contenenti "le necessarie modificazioni agli ordinamenti del personale indicato nell’art. 2, comma 1 ... allo scopo di conseguire una disciplina omogenea" e la possibilità che "la sostanziale equiordinazione dei compiti e dei connessi trattamenti economici sia conseguita attraverso la revisione dei ruoli, gradi e qualifiche e, ove occorra, anche mediante la soppressione di qualifiche o gradi, ovvero mediante l’istituzione di nuovi ruoli, qualifiche o gradi".
che, in particolare, il Tribunale aveva osservato che i più elevati livelli retributivi invocati dai ricorrenti fossero collegati nel d.lgs. n. 196 del 1995 ai nuovi gradi del personale delle Forze armate, quali risultavano dal riordino dei ruoli; sicchè la questione sottoposta concernerebbe, principalmente, la mancata estensione di questi nuovi gradi al personale militare della CRI;
che la riforma attuata con il d.lgs. n. 196 del 1995 si tradurrebbe nella revisione di una parte della scala gerarchica delle Forze armate, mediante la soppressione degli originari gradi di sergente, sergente maggiore, maresciallo ordinario, maresciallo capo e maresciallo maggiore e l’istituzione in luogo di essi di tre nuovi livelli di sergente e di quattro livelli di maresciallo; inoltre l’inquadramento in queste qualifiche del personale militare in servizio avrebbe garantito il conseguimento di un nuovo grado, di una diversa aspettativa di carriera e di un diverso e più favorevole trattamento retributivo;
che il personale militare della CRI - sempre ad avviso del Tar - sarebbe rimasto estraneo alla riforma, pur avendo essa carattere generale e riguardando, nella serie dei decreti attuativi della delega conferita con la legge n. 216 del 1992, l’intero personale militare dello Stato e tutti i corpi ad esso equiparati; questa eccezione sarebbe priva di giustificazione, alla luce dello status che compete al personale militare della CRI;
che, inoltre, il Tar ha rilevato, in proposito, che il militare appartenente alla CRI: a) veste l’uniforme delle Forze armate con le relative mostrine del pari grado, tra l’altro eguali a quelle dei reparti sanitari; b) é soggetto al codice penale militare ed a tutte le norme della disciplina militare; c) giura fedeltà in presenza della bandiera e del comandante di corpo; d) dispone di proprie rappresentanze, così come tutti i militari; e) é sempre stato inquadrato secondo la medesima scala gerarchica dell’esercito sin dai decreti istitutivi emessi tra le due guerre mondiali; f) il suo trattamento economico é parificato a quello dell’Esercito, così come previsto dal r.d. 10 febbraio 1936, n. 484, art. 116; g) svolge mansioni sostanzialmente eguali a quelle dei militari appartenenti ai reparti sanitari delle varie armi;
che, sempre secondo il giudice a quo, difetterebbe quella diversità di situazioni che sola giustificherebbe la disparità di trattamento e sarebbe non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1 e comma 3, della legge 6 marzo 1992, n. 216, nonchè degli artt. 1, 2, 3, 34 e 35 del d.lgs. 12 maggio 1995, n. 196, per violazione dell’art. 3 della Costituzione; inoltre, il Tar ha ritenuto che la violazione potrebbe riguardare anche l’art. 97 della Costituzione, in quanto la mancata estensione della disciplina di riordino al personale militare della CRI comporterebbe "conseguenze negative per il funzionamento di un corpo amministrativo avente in buona sostanza le stesse funzioni di un altro con differente e più favorevole trattamento".
Considerato che l’ordinanza del giudice rimettente si basa su un presupposto non esatto cioé che il personale militare della Croce rossa italiana dovesse essere necessariamente compreso nella revisione del sistema ordinamentale e del trattamento economico del personale "delle Forze armate e degli altri corpi militari ed equiparati", laddove invece le due deleghe legislative contenute rispettivamente nell’art. 2 e nell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216 riguardano il personale delle Forze armate (ad esclusione dei dirigenti civili e militari e del personale di leva) ed il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e ad ordinamento militare;
che il personale militare della Croce rossa italiana non appartiene alle Forze armate o alle Forze di polizia dello Stato ed anzi non ha mai ricevuto una disciplina legislativa contestuale con quella del personale statale, appartenente alle Forze armate o alle Forze di polizia, essendo , tra l’altro, personale non dello Stato, ma di un ente, eretto a suo tempo in corpo morale come associazione italiana della Croce rossa (legge 21 maggio 1882, n. 768: "Provvedimenti relativi all’Associazione italiana della Croce rossa"; r. d. 7 febbraio 1884, n. 1243: "Erezione in corpo morale dell’Associazione italiana della Croce rossa"; r.d.l. 10 agosto 1928, n. 2034: "Provvedimenti necessari per assicurare il funzionamento della Croce rossa italiana");
che successivamente la CRI, qualificata come associazione (legge 13 ottobre 1962, n. 1496: "Modifiche all’ordinamento dell’Associazione italiana della Croce rossa"), é stata riconosciuta quale "ente privato di interesse pubblico" (d.P.R. 31 luglio 1980, n. 613, con riordinamento della Croce rossa italiana: art. 70 della legge n. 833 del 1978) ancorchè il mutamento sia stato ritenuto subordinato all’emanazione di nuovo statuto (Cassazione, sez. un. 17 marzo 1989, n. 1345) e successivamente modificata come "avente ad ogni effetto qualificazione e natura di ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico" (art. 7, comma 1, del d.l. 20 settembre 1995, n. 390, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 20 novembre 1995, n. 490);
che il corpo militare della CRI, corpo speciale volontario, ausiliario delle Forze armate, ma non facente parte integrante delle stesse Forze armate ancorchè sottoposto alle norme del regolamento di disciplina militare ed a quelle sostanziali del codice penale militare ed obbligato al giuramento, ha mantenuto - in forza del disposto degli artt. 10 e 11 del d.P.R. n. 613 del 1980 - la sua precedente collocazione, nonostante la trasformazione della CRI, accompagnata con l’ulteriore previsione che é a carico dell’Associazione il compito di attendere, in via ordinaria, secondo le direttive e sotto la vigilanza del Ministro della difesa, alla preparazione del personale, dei materiali e delle strutture di pertinenza del Corpo al fine di assicurare costantemente l’efficienza dei relativi servizi, che sono sovvenzionati, sia per l’organizzazione sia per il funzionamento, dallo Stato;
che la natura del Corpo militare della Croce rossa é confermata dalla dipendenza dell’autorità di vertice del corpo direttamente dal presidente nazionale dell’Associazione, salvo che nei periodi di mobilitazione (art. 11 del d.P.R. n. 613 del 1980);
che non può portare ad una conclusione di appartenenza alle forze armate, con conseguente esigenza di contestuale determinazione dell’ordinamento e del trattamento economico del Corpo speciale e di ingiustificata lacuna legislativa nella omessa previsione del personale militare della CRI, il richiamo alla normativa di gerarchia dei gradi, con corrispondenza ai gradi dell’esercito (art. 2 del r.d. n. 484 del 1936), accompagnata dalla precisazione che é personale proprio della Croce Rossa arruolato in corpo speciale volontario (art. 1 del r.d. n. 484, cit.) e da una specifica e completa disciplina legislativa relativa al trattamento economico;
che, infatti, la specifica autonoma disciplina del trattamento economico di detto personale, fissato con disposizione avente valore di legge in quanto adottata ai sensi dell’art. 3, numero 1, della legge 31 gennaio 1926, n. 100, originalmente mediante apposite tabelle contenute negli artt. 117 (per gli ufficiali) e 155 (per i sottufficiali e truppa) del r.d. n. 484 citato, prevede (art. 116) la possibilità di successivi provvedimenti (come atti fondati sull’autonomia regolamentare dell’ente) diretti ad un adeguamento "in analogia a quanto venga praticato per i personali militari e delle amministrazioni statali", come forma di modifica in relazione alle varianti che successivamente venissero stabilite per l’esercito;
che l’adeguamento non é assolutamente automatico, in quanto solo in tempo di guerra é imposta una parificazione di trattamento economico con i pari grado dell’esercito - come sottolineato anche dalla giurisprudenza amministrativa - (art. 116, secondo comma, del r.d. n. 484 cit.), ma é rimesso a provvedimenti degli organi dell’ente, che devono tenere conto delle indicazioni normative e dei principi propri dell'azione amministrativa ed in ogni caso sono tenuti a ponderate valutazioni delle particolarità organizzative e funzionali del Corpo militare della CRI e delle disponibilità di bilancio, anche in relazione alle sovvenzioni statali, essendo la regola della copertura finanziaria della maggiore spesa, un principio cui sono tenuti tutti gli enti ed organismi pubblici;
che, sulla base delle anzidette affermazioni, deve escludersi in radice sia l’esistenza di una lacuna nelle norme denunciate in ordine alla omessa previsione del personale militare della CRI in quanto estraneo alle finalità e all’oggetto della normativa stessa, mentre il trattamento economico del personale anzidetto é disciplinato, in relazione a diversità di situazioni e natura del rapporto, da autonoma normativa, che prevede la possibilità di adeguamento attraverso l’esercizio del potere regolamentare dell’ente;
che quindi deve ritenersi la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale denunciata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1 e 3, della legge 6 marzo 1992, n. 216 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 gennaio 1992, n. 5, recante autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell'Arma dei carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all'esecuzione di giudicati, nonchè perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle altre Forze di polizia. Delega al Governo per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego delle Forze di polizia e del personale delle Forze armate, nonchè per il riordino delle relative carriere, attribuzioni e trattamenti economici) e degli artt. 1, 2, 3, 34 e 35 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 (Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate) sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria, con ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Riccardo CHIEPPA, Redattore
Depositata in cancelleria il 30 giugno 1999.