ORDINANZA N. 247
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 376, primo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 12 gennaio 1999 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Mario Magrini, iscritta al n. 195 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 1999.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 maggio 1999 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che con ordinanza del 12 gennaio 1999 il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 376, primo comma, cod. pen., nella parte in cui non prevede l’applicabilità della causa di non punibilità della ritrattazione al reato di favoreggiamento personale (art. 378 cod. pen.) che sia commesso mediante false o reticenti dichiarazioni rese, nel corso delle indagini preliminari, alla polizia giudiziaria operante su delega del pubblico ministero, a norma dell’art. 370, comma 1, cod. proc. pen.;
che il giudice rimettente, attraverso la disamina della giurisprudenza costituzionale (in particolare, sentenze nn. 228 del 1982 e 416 del 1996) nonchè dell’evoluzione legislativa in materia, e muovendo dalla premessa - desumibile dalla citata sentenza n. 416 del 1996 di questa Corte - della assimilazione sostanziale e processuale tra le dichiarazioni rese al pubblico ministero e quelle rese alla polizia giudiziaria operante su delega del primo, individua una irrazionale e non giustificata disparità di trattamento nel fatto che la causa di non punibilità della ritrattazione sia applicabile solo nell’ipotesi di false dichiarazioni rese al pubblico ministero, integranti il reato di cui all’art. 371-bis cod. pen., e non anche nell’ipotesi, rilevante nel giudizio a quo, di false dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero, integranti, per consolidata giurisprudenza, il reato di favoreggiamento personale;
che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che, argomentando nel senso della differente obiettività giuridica delle due fattispecie incriminatrici e reputando pertanto non censurabile di irragionevolezza la scelta discrezionale del legislatore, ha concluso per l’infondatezza della questione sollevata.
Considerato che il giudice rimettente chiede a questa Corte, attraverso il raffronto con la disciplina prevista per il reato di false informazioni al pubblico ministero (art. 371-bis cod. pen.), una pronuncia che estenda l’ambito di applicazione della ritrattazione (art. 376 cod. pen.) al reato di favoreggiamento personale (art. 378 dello stesso codice) che sia commesso attraverso false o reticenti dichiarazioni rese, nel corso delle indagini preliminari, alla polizia giudiziaria delegata al compimento dell’atto da parte del pubblico ministero, a norma dell’art. 370, comma 1, cod. proc. pen.;
che con la sentenza n. 101 del 1999, successiva all’ordinanza di rimessione, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 376, primo comma, cod. pen., proprio nella parte in cui non prevede la ritrattazione come causa di non punibilità per chi, richiesto dalla polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero a norma dell’art. 370 cod. proc. pen. di fornire informazioni ai fini delle indagini, abbia reso dichiarazioni false ovvero in tutto o in parte reticenti;
che pertanto, essendo stata la norma denunciata già dichiarata incostituzionale nel senso e nei termini prospettati dal rimettente, la questione in esame deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 376, primo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore
Depositata in cancelleria l’17 giugno 1999.