Ordinanza n. 208/99

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ORDINANZA N. 208

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5-bis, comma 4, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359, promosso con ordinanza emessa il 3 ottobre 1997 dalla Corte d'appello di Cagliari nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Perino Giulio e il Comune di Monteleone Rocca Doria, iscritta al n. 869 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visto l'atto di costituzione del Comune di Monteleone Rocca Doria, nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1999 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che, nel corso di un procedimento civile concernente la opposizione alla determinazione della indennità di occupazione e di esproprio, la Corte d’appello di Cagliari, con ordinanza emessa in data 3 ottobre 1997 (R.O. n. 869 del 1997), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art.5-bis, comma 4, della legge 8 agosto 1992, n. 359, recte: del d.l. 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge n. 359 del 1992;

che il Collegio rimettente, premesso che gli accertamenti tecnici hanno confermato la dedotta potenzialità estrattiva del terreno in questione, qualificato come "cava per l’estrazione di cantoni tufacei per l’edilizia", sospetta che la predetta norma, nella parte in cui equipara, ai fini della determinazione della indennità, ai terreni agricoli quelli che hanno un valore venale di gran lunga superiore ai primi per le loro intrinseche caratteristiche e naturale destinazione, violi gli artt. 3 e 42 della Costituzione, sottoponendo ad identico trattamento, senza alcuna ragionevole giustificazione, situazioni intrinsecamente differenti, e privando il proprietario espropriato, nelle ipotesi considerate, di un ristoro adeguato e congruo;

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per la infondatezza della questione, in quanto già decisa in tal senso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 261 del 1997;

che si é altresì costituita la parte privata del giudizio a quo, deducendo la irrilevanza della questione sollevata, in quanto la normativa applicabile nella specie sarebbe quella di cui alla legge 25 giugno 1865, n. 2359, trattandosi non di area edificabile, e neppure agricola, bensì di tratto di terreno, sia pure in zona agricola, nel quale il valore prevalente sarebbe caratterizzato dalla presenza di una cava.

Considerato preliminarmente che la eccezione dedotta dalla parte privata é priva di fondamento, in quanto la ordinanza di rimessione contiene una motivazione non implausibile sulla rilevanza della questione, incentrata, tra l’altro, sulla considerazione che il Collegio rimettente deve fare applicazione della norma denunciata, essendosi svolta la procedura espropriativa di cui si tratta secondo il modello procedimentale delineato dalla legge n. 865 del 1971;

che identica questione di legittimità costituzionale é già stata rimessa alla Corte, e dichiarata non fondata con la sentenza n. 261 del 1997;

che non sono stati addotti motivi nuovi e diversi che possano indurre la Corte a modificare il proprio orientamento.

Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 5-bis, comma 4, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione, dalla Corte d’appello di Cagliari con la ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 3 giugno 1999.